RIVISTA ITALIANA DIFESA
Spese militari: l’Italia deve trovare tra i 20 e i 30 miliardi di euro in più l’anno. O si cambia il Patto o si fa debito comune europeo 01/04/2025 | Pietro Batacchi

Facendo i conti della serva: la cifra è più o meno quella. L’Italia deve trovare tra i 20 e i 30 miliardi di euro in più l’anno per la Difesa. Il sigillo formale arriverà dal prossimo vertice NATO dell’Aja, quando la percentuale della spesa per la Difesa sul PIL verrà alzata dal 2% ad almeno il 3%.

In pratica, per l’Italia si tratta di raddoppiare, o quasi, l’attuale bilancio della Difesa (comprensivo dei fondi del MIMIT, ecc.). Dove andare a trovare questi soldi, senza evidentemente dover sacrificare le prestazioni sanitarie (peraltro già scadenti grazie al nefasto portato della Sanità regionale…) e sociali?

E qui entra in gioco ReArm Europe e come questo, a nostro avviso, dovrebbe essere rivisto. I prestiti di SAFE (Security Action for Europe) sono ottimi: sono garantiti dal bilancio UE, hanno una “grazia” di 10 anni ed un termine massimo di restituzione di 45 anni. Il problema è che ti garantiscono poco più di un miliardo di euro l’anno.

Poi ci sono i finanziamenti della BEI (Banca Europea degli Investimenti), importanti, ma nel complesso poca cosa, e il capitale privato. Su questo potrebbe far da traino la stessa BEI ed un ruolo molto importante – ne abbiamo parlato su www.rid.it anche in questi giorni – potrebbero averlo i fondi di venture capital. Soldi che garantirebbero soprattutto un potenziamento della filiera aerospazio e difesa nel suo complesso, supportando startup e PMI.

È chiaro, però, che la gran parte dei fondi dovrebbe arrivare grazie alla clausola di salvaguardia prevista da ReArm Europe, ovvero dal finanziamento delle spese in deficit. Il problema è che la finestra di applicazione della clausola è di 4 anni. È estendibile, certo, ma al momento non lo sappiamo e non è detto che venga poi effettivamente estesa. Una follia, sotto più punti di vista.

Il primo è che gli investimenti nel settore militare hanno costituzionalmente un ciclo lungo, quanto meno ventennale. Per cui pensare ad una “tamtum quadriennale” è veramente privo di senso.

Il secondo: i Paesi ad alto debito come l’Italia rischiano tra 4 anni di dover di nuovo fare i conti con i parametri ed i vincoli del Patto di Stabilità, e con il cappio delle procedure d'infrazione.

Per cui, messo così, ReArm Europe è solo una cortina fumogena per occultare il riarmo della Germania – che si può permettere di finanziare il deficit con il debito – e la riconversione di una parte significativa della sua industria civile a quella militare.

Dunque, che fare?

Le risposte sono semplicemente 3:

1. Rendere strutturale la clausola di salvaguardia, allineandola quanto meno alla durata media dei grandi programmi di acquisizione militare;

2. Rivedere il Patto di Stabilità, che nell’impianto non ha più ragion d’essere alla luce del nuovo scenario geostrategico e geoeconomico;

3. Finanziare l’extra deficit non con debito nazionale, ma con debito europeo.

Se ReArm Europe non viene accompagnato da una di queste 3 integrazioni, per l’Italia rischia di essere un boomerang molto, molto pericoloso.

(In foto: il Ministro dell'Economia e delle Finanze del Governo italiano, Giancarlo Giorgetti)

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