RIVISTA ITALIANA DIFESA
Airbus, atto secondo 13/03/2014 | Michael Mason

Se qualcuno pensava che Tom Enders, il CEO di EADS, avrebbe pagato le conseguenze del fallito merger di EADS con BAE Systems, che lui aveva propugnato con forza, ha dovuto ricredersi. Enders ha recuperato il colpo ed ha lanciato il gruppo aerospaziale e della difesa europeo in una direzione opposta, abbandonando il sogno, espresso nel piano strategico 2020 creato dal suo predecessore, Louis Gallois, di rendere EADS molto simile a Boeing, aumentando progressivamente la presenza nel settore difesa e spazio per evitare la troppa dipendenza dalle vicende di Airbus e del mercato degli aerei commerciali. Enders, invece, in team con il validissimo Direttore delle strategie (e non solo) Morwan Lahoud, ha accettato che Airbus sia confermato fulcro e pilastro di EADS. E lo ha fatto in modo anche simbolicamente clamoroso, rinominando EADS come Airbus e imponendo il rebranding anche alle altre unità operative del gruppo: Eurocopter è diventata Airbus Helicopter mentre a Cassidian (aeronautica militare e elettronica per la difesa) e alla società spaziale Astrium è andata ancora peggio: sono sparite, fondendosi per dare vita ad Airbus Defence and Space, nel quale andrà anche a confluire Airbus Military (aerei da trasporto militare) nonché la quota EADS nel colosso missilistico MBDA. Il rebranding non solo risulterà costoso, ma comporterà anche qualche difficoltà alle unità operative. Ad esempio per chi compra un elicottero, Eurocopter è un nome ben noto, Airbus è qualcuno che fa un diverso mestiere. Lo stesso si può dire per Astrium, mentre Cassidian non si era ancora imposta nel mercato e tra i clienti con una vera identità.  Enders aveva già varato una serie di riorganizzazioni e razionalizzazioni interne, ad esempio con lo spostamento del Quartier Generale a Tolosa (sede di Airbus) e con la riduzione di personale e rimodulazione della presenza industriale territoriale. Ora parte il secondo round, che riguarda soprattutto il settore difesa e spazio, che già aveva subito una serie di tagli e la sostituzione del suo capo Steven Zoller (con un regolamento di conti e vecchie ruggini inter-tedesco), con Bernhard Gerwert. Il quale si trova a dover smaltire 6.000 eccedenze: una parte di questi esuberi, circa 1.500, saranno gestiti riassegnando il personale a Airbus ed Airbus Helicopters, per altre 1.300 unità si ricorrerà al esodo volontario ed al mancato rinnovo di contratti di lavoro a tempo determinato, ma gli altri sono tagli “veri” ed i negoziati con i sindacati non si annunciano semplici. Tra l’altro Enders vuole tagliare altre 500 unità alle funzioni di staff delle 2 divisioni, dopo una prima riduzione di quelle corporate di gruppo - proprio mentre sta potenziando il dominio di Airbus corporate a discapito dell’autonomia delle unità operative. In genere accade il contrario. Non sorprende quindi che i ministri tedeschi e francesi abbiano già sparato cannonate, sostenendo che è inammissibile che un gruppo di successo come Airbus si metta a licenziare nel bel mezzo di una grave crisi economica. Ma Enders non sembra disposto ad “ammorbidirsi” (insomma, all’inizio pare volesse tagliare 8.000 posti di lavoro, ovvero il 20% del personale di difesa e spazio) del resto che aspettarsi da un ex paracadutista che ha eletto a suo mantra l’evoluzione di EADS in corporate normale non soggetta alle interferenze dei governi? Questo anche per dare maggior ritorno agli azionisti (che sono poi gli stessi governi, in buona misura). Dunque non solo taglio dei dipendenti, ma anche un’altra serie di chiusure di siti industriali e nuova missione e accorpamenti per quelli sopravvissuti. Riduzioni di personale e perimetro industriale saranno distribuiti in Francia, Germania, Gran Bretagna e Spagna.

Possiamo dire che i contestatori abbiano totalmente torto? No. Airbus non avrà una “funzione sociale” come avviene per tante aziende di stato, ma certo ha conti più che positivi, con un portafoglio ordini di oltre 640 miliardi di euro ed un margine operativo che gli analisti prevedono per il 2013 al 7-8%, dopo aver scontato gli extra costi di alcuni programmi, come l’A350, con ricavi 2012 per 56,2 miliardi di euro e che andrà certamente ancora meglio nel bilancio 2013. Le cose non andavano male e non richiedevano chissà quali interventi. Inoltre, dopo il completamento del programma di riduzione dei costi Power 8, che ha fruttato al gruppo minori costi per 2,5 miliardi di euro, non è che si possano compiere miracoli. La fusione delle 2 unità porterà in tutto 300 milioni di euro di nuovi risparmi: 150 milioni all’anno. Tanti soldi, si, ma non così tanti. In realtà Enders vuole dare una “lezione” ulteriore ai Governi: il messaggio è chiaro. Mi avete stoppato la fusione con BAE Systems, che avrebbe risolto molti problemi, ora non ho alternativa ai tagli a fronte della riduzione dei budget della difesa nei miei mercati domestici, in Francia e Germania. Non solo. Enders ha anche detto di aver preso atto che il tanto ricercato accesso al mercato della difesa statunitense non potrà essere realizzato, a fronte del sempre più forte protezionismo ed alla riduzione della spesa militare del Pentagono. I Governi ovviamente non gradiscono questo tipo di trattamento, ma per ora nessuno ha chiesto la testa di Enders. Anzi, la Francia, che è alle prese con seri problemi di bilancio, ha appena deciso di vendere pacchetti azionari di EADS/Airbus pari a circa l’1% del capitale, ottenendo 450 milioni di euro anche grazie alla crescita astronomica delle azioni di EADS grazie alla cura Enders. E così Enders ottiene una nuova riduzione del peso dei governi nell’azionariato, peraltro già sancito dalla nuova governance, che viene applicata alla lettera. Non solo, Enders ha appena offerto alla Polonia di diventare azionista della nuova Airbus. Non è in contraddizione con la sua filosofia. Se entra la Polonia, si diluiscono ancora le quote di Francia e Germania e, considerando anche la presenza spagnola, diventa sempre più difficile per i Governi trovare accordi forti. Tra parentesi, la mossa in Polonia, se andrà in porto, cambierà ancora, in favore di Airbus, gli equilibri industriali-politici in Europa. Airbus rappresenta Francia, Germania, Spagna ed in parte UK. Aggiungeteci anche la Polonia e tirate le somme. In una Europa che finisce per contare di più per via delle difficoltà delle nazioni Airbus cerca di diventare ancora più forte a Bruxelles.

Ma al di là di queste dinamiche azienda-azionisti governi (per inciso, Enders ha pienamente ragione a voler puntare sul modello della public company stile BAE Systems, dovrebbe essere quello il modello di riferimento) vale la pena spendere qualche parola sulla “visione” che Enders ha del futuro del settore aerospazio e difesa. Secondo documenti interni aziendali pubblicati da alcuni organi di stampa, Airbus Defence and Space andrà a soffrire, da qui al 2018, una flessione del 30% dei ricavi, mentre il rapporto book to bill, ovvero il volume di nuovi ordini rispetto al fatturato, scenderà a 0,8, il che vuol dire che la società finirà per “mangiarsi” progressivamente il portafoglio ordini. Portafoglio che soffrirà anche per via della progressiva riduzione delle attività di Eurofighter-Typhoon, anche ammettendo che giungano nuove commesse estere per il cacciabombardiere europeo. Questa però è un’analisi a breve termine. Airbus sembra considerare questa tendenza come strutturale, di lungo periodo. Sia pure con distinguo: lo conferma ad esempio il gossip circolato a proposito di MBDA, la società missilistica europea, e dell’eventuale interesse di Airbus a rilevare la quota del 25% oggi detenuta da Finmeccanica. Comunque quella sul business difesa è la vera scommessa di Enders: se Airbus si focalizza sugli aerei commerciali probabilmente continuerà a prosperare, purché rimanga prudente nell’“aggredire” il backlog e continui ad investire in nuove tecnologie e prodotti (nuovo 150 posti). Ma con la consapevolezza che prima o poi il duopolio sarà contestato da nuovi attori in Cina, poi India, magari Russia, Giappone, Brasile che entreranno nel settore degli aerei a corridoio singolo, poi in quello dei wide bodies. Qualcuno fallirà, qualcuno avrà successo. E sempre che non ci sia una qualche nuova crisi economica globale o conflitto a rallentare o bloccare la crescita dell’aviazione commerciale. Ma si è davvero certi che tra 10-15 anni non ci sarà un nuovo boom di difesa e/o spazio? Questa è la grande scommessa. Airbus che si concentra sul civile non potrà poi rapidamente approfittare di una ripresa della spesa per la difesa. Certo è che l’esito della scommessa di Airbus lo scopriremo solo… tra un paio di lustri.

 

 


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