Si è risolta in un sostanziale nulla di fatto, o quasi, la conferenza sulla Libia di Parigi voluta dal Presidente francese Macron nel bel mezzo della grave crisi politico-istituzionale italiana. L'appuntamento, infatti, si è concluso con una dichiarazione, nella quale si chiedono elezioni il 10 dicembre e la riunificazione a Tripoli delle istituzioni libiche, che però non è stata sottoscritta formalmente. Si tratta, dunque, di un impegno vago, così come molto vaghe sono anche le conseguenze minacciate verso chi dovesse ostacolare il processo elettorale. In realtà, la conferenza è stata minata già in apertura dall'aperto boicottaggio sottoscritto da 13 milizie libiche, tra cui quelle molto potenti dei "consigli" di Misurata e Sabratha. Peggio, tra i firmatari del comunicato (dietro il quale non è da escludere la "manina" dell'intelligence italiana...ma trattasi di mera congettura...) di boicottaggio c'era anche il "consiglio" di Zintan, città berbera dell'ovest tradizionalmente alleata di Haftar, ma che negli ultimi mesi si è distanziata dal Generale per riavvicinarsi agli storici nemici di Misurata. Un handicap che ha segnato non poco la conferenza, annacquandone di molto i risultati, e che più di ogni altra cosa ha dimostrato ancora una volta chi è il vero padrone della Libia: la milizia ed il potere locale – a base tribal-criminale – di cui è espressione.