RIVISTA ITALIANA DIFESA
Parigi: logistica e intelligence 17/11/2015 | Andrea Mottola

A 72 ore dagli attentati che hanno colpito Parigi, iniziano ad emergere alcuni dettagli interessanti riguardanti la provenienza degli esecutori, i loro spostamenti e l’equipaggiamento utilizzato durante i raid. Riguardo al primo aspetto, la pista belga è sicuramente quella più “calda”, come del resto è dimostrato dalle incursioni e dagli arresti – tra cui probabilmente i 2 artificieri delle stragi - effettuati negli ultimi 2 giorni dalla Polizia federale nel quartiere Molenbeek-Saint Jean, non lontano dal centro di Bruxelles. I raid della Polizia Federale sono stati effettuati contro 4 abitazioni (tra cui quella del ricercato Salah Abdeslam, l'8° uomo del commando) appartenenti ad individui legati in qualche modo ai fatti di Parigi, alcuni dei quali già noti all’intelligence belga, come Abdelhamid Abaaoud (la mente di un fallito attentato previsto in Belgio lo scorso gennaio ed il “facilitatore” dell'ormai famosa cellula di Verviers). Già, l’intelligence…Gli attentati del 13 novembre hanno evidenziato la pressoché totale inesistenza di coordinamento tra le agenzie di sicurezza europee. Il SGRS (Service Général du Renseignement et de la Sécurité) belga, infatti, non avrebbe condiviso importanti informazioni con i colleghi francesi del DGSI (General Directorate for Internal Security - Direction générale de la sécurité intérieure) riguardanti gli spostamenti di individui ad esso noti. Certo, anche la scarsa prontezza dimostrata dagli stessi servizi francesi, non è stata da meno. Al DCRI era noto almeno uno degli autori della strage (Ismael Mostefai, schedato dal 2010); inoltre, all’inizio di novembre il DGSI sarebbe stato allertato dal servizio segreto saudita riguardo ad un imminente attentato sul suolo francese, avvertimento, peraltro, confermato 2 giorni prima degli attacchi da un dispaccio dei servizi iracheni. Altro elemento da evidenziare è l’utilizzo, da parte degli attentatori, di particolari armi ed equipaggiamenti. Tutti i 7 kamikaze indossavano giubbetti contenenti ordigni esplosivi a base di TATP (perossido di acetone), un agente chimico utilizzato anche negli attentati di Londra del 2005. La complessità degli attacchi avvenuti in 6 luoghi diversi della capitale francese, implica un livello di coordinamento estremamente elevato, così come l’utilizzo di fucili d’assalto AK-47 e la preparazione di corpetti esplosivi con il TATP, un agente fortemente instabile, presuppongono una grossa competenza che deriva, quasi certamente, da una preparazione di tipo militare. A ciò si aggiunga il fondamentale ruolo giocato da una rete di supporto logistico e di contatti strutturata e da un’attività di pianificazione dettagliata, dietro alla quale esiste, con ogni probabilità, un gruppo formato da almeno 25/30 individui (esecutori compresi). Quest’ultimo elemento, di fatto, sembrerebbe trovare conferma proprio nell’utilizzo del perossido di acetone come detonatore. Il TATP, infatti, è un esplosivo che non viene utilizzato in campo militare perché ritenuto estremamente pericoloso, data la sua già citata instabilità (superiore a quella della nitroglicerina, per rendere l’idea), e con una potenza di detonazione superiore dell’80% a quella del tritolo; inoltre, risulta di difficile sintetizzazione, nonostante la relativa semplicità dei materiali utilizzati per la sua preparazione, a meno di non disporre di un’adeguata struttura (laboratorio). E’ estremamente probabile, quindi, che dietro gli attentatori esista un network di cellule terroristiche, con annesse filiere logistiche e di approvvigionamento che superano i rifugi sicuri presenti nelle banlieu francesi, spesso fuori dal controllo dei servizi di sicurezza parigini, arrivando fino al vicino Belgio, passando per le correnti migratorie provenienti da Siria/Iraq, Libia e soprattutto dai Balcani, di cui si parla sempre troppo poco, pur rappresentando il vero e proprio “ventre molle” per il traffico di armi verso i paesi europei.


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