RIVISTA ITALIANA DIFESA
Nave Aretusa alla scoperta... 17/11/2015 | Claudio Caporale - agg. Claudia Spreafico

Nave Aretusa, unità idrografica costiera della Marina Militare, lo scorso 2 novembre ha proseguito l’investigazione del relitto sommerso a nord di Vieste, già iniziata dal cacciamine Viareggio.

Il relitto, assimilabile per forma e dimensioni al cacciatorpediniere Turbine della Regia Marina, è parte della memoria storica del nostro Paese ed è uno straordinario simbolo del valor militare italiano dimostrato durante il primo conflitto mondiale.

Quella del Turbine rappresenta una delle pagine più belle di eroismo della Marina Militare: il cacciatorpediniere Turbine della Regia Marina (classe Nembo, 1902) era infatti stato affondato da unità navali austriache durante il primo conflitto mondiale, nella notte tra il 23 e il 24 maggio del 1915, mentre si opponeva, sotto il comando del capitano di corvetta Luigi Bianchi, al cannoneggiamento della città di Barletta, proteggendo i suoi abitanti.Colpita gravemente a poppa, con atto eroico del suo equipaggio, s’inabissò con ancora il tricolore spiegato, lasciando a pelo d’acqua solo pochi superstiti. Fu la nostra prima perdita navale nella Grande Guerra.

Ne Il Giornale d’Italia, Virginio Gayda(1) scrisse:

“All’apertura delle ostilità, 24.5.1915, il cacciatorpediniere si trovava in crociera nel Basso Adriatico. Attaccato da un incrociatore e quattro cacciatorpediniere nemiche accettò da solo la battaglia, combattendo quattro intere ore dalle 3.10 alle 7.00. Ma ben presto si evidenziò la sua inferiorità dinanzi alle cinque unità nemiche di tipo più moderno e di maggiore tonnellaggio. Colpita in più parti vitali, la nave italiana rimaneva immobilizzata continuando a difendersi con il cannone. Esaurite le munizioni, con quasi metà dell’equipaggio morto o ferito, il Comandante, anch’egli ferito, ordinò che si aprissero i kingstons e si affrettasse l’affondamento, e così la piccola nave italiana combatté e morì”.

Il suo relitto, paragonabile quindi a un sacrario e coperto da una colonna di oltre 100 metri d’acqua, è uno dei simboli del sacrificio dei marinai che 100 anni fa hanno servito la patria in Adriatico.

L’attività di ricerca di questa storica e simbolica nave si inquadra nel progetto “La grande guerra attraverso la ricerca dei relitti”, un accordo di collaborazione tra la Marina Militare e il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo (MIBACT), nato con lo scopo di ricordare e valorizzare le operazioni navali nelle acque italiane durante la Grande Guerra, partendo da un'approfondita ricerca negli archivi storici della Marina Militare.

Nave Aretusa, dopo un primo calcolo della velocità di propagazione dell’onda acustica nella colonna d’acqua nei pressi del relitto, ha effettuato la survey grazie all’utilizzo del multibeam, un ecoscandaglio multifascio di ultima generazione.Grazie all’elevata accuratezza dei sistemi di posizionamento e della strumentazione è stato possibile ottenere le immagini che mostrano la nave adagiata sul fondo.

______________________(1) Virginio Gayda (Roma, 12 agosto 1885 – Roma, 14 marzo 1944): giornalista e saggista italiano, direttore dei quotidiani Il Messaggero e Il Giornale d'Italia.


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