Subito dopo gli attentati di gennaio, la Francia aveva rafforzato il suo impegno contro il Califfato schierando anche la portaerei CHARLES DE GAULLE. Oggi, tra le possibili motivazioni dei nuovi e più devastanti attacchi subiti da Parigi, ci sarebbe anche una rappresaglia per gli attacchi condotti in Siria e per il nuovo rischieramento dell’ammiraglia della flotta francese, questa volta nel Levante del Mediterraneo, per colpire l’ISIS ancor più duramente. Tra gennaio e marzo infatti la DE GAULLE si era limitata a rafforzare gli assetti dell’Armèe de l’Air presenti dall’estate 2014 nello scacchiere del Golfo Persico, da cui colpire l’espandersi del Califfato in Iraq. Da ottobre però i reparti aerei francesi di base negli Emirati Arabi Uniti e in Giordania, rispettivamente alimentati con (non a caso, essendo in gara per il nuovo caccia multiruolo degli emiri) con 6 RAFALE e 6 MIRAGE 2000D/N, più assetti logistici, hanno iniziato a colpire – sebbene almeno sinora saltuariamente – anche in Siria. In un anno, si calcola che i jet di Parigi abbiano centrato più di 460 obbiettivi, nel corso di circa 1.300 sortite. Il rischieramento della DE GAULLE e della sua Task Force 473 al largo delle coste siriane, annunciato il 7 novembre dallo stesso Hollande, comporta un aumento della pressione aerea su quel fronte, poiché da sola la portaerei è in grado di operare con 12 RAFALE-M e 9 SUPER ETENDARD, che a dispetto dell’età (questa potrebbe essere la loro ultima missione, visto che la radiazione è prevista nel 2016) sono ancora dei validi aerei d’attacco al suolo. Senza contare che la DE GAULLE imbarca un paio di aerei radar E-2C HAWKEYE, assetti preziosi in uno spazio aereo sempre più affollato, dopo l’intervento russo, e visto anche il ripetersi di raid israeliani sino a Damasco, come accaduto 3 giorni fa. Resta da vedere, se dopo il massacro parigino, a scendere in campo accanto ad Aeronautica e Marina saranno anche reparti di terra francesi: i concomitanti impegni africani (primo tra tutti quello in Mali) e lo stato di emergenza e la blindatura delle frontiere e della capitale decretati da Hollande non lasciano molti “scarponi” liberi da schierare magari in Iraq, al di là di qualche team di forze speciali.