RIVISTA ITALIANA DIFESA
La Francia contro ISIS 14/11/2015 | Giuliano Da Frè

Subito dopo gli attentati di gennaio, la Francia aveva rafforzato il suo impegno contro il Califfato schierando anche la portaerei CHARLES DE GAULLE. Oggi, tra le possibili motivazioni dei nuovi e più devastanti attacchi subiti da Parigi, ci sarebbe anche una rappresaglia per gli attacchi condotti in Siria e per il nuovo rischieramento dell’ammiraglia della flotta francese, questa volta nel Levante del Mediterraneo, per colpire l’ISIS ancor più duramente. Tra gennaio e marzo infatti la DE GAULLE si era limitata a rafforzare gli assetti dell’Armèe de l’Air presenti dall’estate 2014 nello scacchiere del Golfo Persico, da cui colpire l’espandersi del Califfato in Iraq. Da ottobre però i reparti aerei francesi di base negli Emirati Arabi Uniti e in Giordania, rispettivamente alimentati con (non a caso, essendo in gara per il nuovo caccia multiruolo degli emiri) con 6 RAFALE e 6 MIRAGE 2000D/N, più assetti logistici, hanno iniziato a colpire – sebbene almeno sinora saltuariamente – anche in Siria. In un anno, si calcola che i jet di Parigi abbiano centrato più di 460 obbiettivi, nel corso di circa 1.300 sortite. Il rischieramento della DE GAULLE e della sua Task Force 473 al largo delle coste siriane, annunciato il 7 novembre dallo stesso Hollande, comporta un aumento della pressione aerea su quel fronte, poiché da sola la portaerei è in grado di operare con 12 RAFALE-M e 9 SUPER ETENDARD, che a dispetto dell’età (questa potrebbe essere la loro ultima missione, visto che la radiazione è prevista nel 2016) sono ancora dei validi aerei d’attacco al suolo. Senza contare che la DE GAULLE imbarca un paio di aerei radar E-2C HAWKEYE, assetti preziosi in uno spazio aereo sempre più affollato, dopo l’intervento russo, e visto anche il ripetersi di raid israeliani sino a Damasco, come accaduto 3 giorni fa. Resta da vedere, se dopo il massacro parigino, a scendere in campo accanto ad Aeronautica e Marina saranno anche reparti di terra francesi: i concomitanti impegni africani (primo tra tutti quello in Mali) e lo stato di emergenza e la blindatura delle frontiere e della capitale decretati da Hollande non lasciano molti “scarponi” liberi da schierare magari in Iraq, al di là di qualche team di forze speciali.

 


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