RIVISTA ITALIANA DIFESA
Economia della sicurezza e politiche industriali: il nuovo paradigma 01/12/2025 | Pietro Batacchi

La crescita della competizione globale e il ritorno sulla scena della forza come regolatore ed equilibratore dei rapporti internazionali sono ormai un fatto acclarato, che ha profonde implicazioni sui rapporti economici e commerciali tra Stati.

La logica economica che ha accompagnato il trentennio legato alla cosiddetta globalizzazione - basata sul ritorno immediato in termini di profitto, sulla delocalizzazione produttiva e sull’efficienza economica, sulla deregulation fiscale e sulla massima libertà negli interscambi commerciali - sta cedendo progressivamente il passo ad una logica economica maggiormente legata alla sicurezza. Sicurezza da intendersi come sicurezza delle forniture e degli approvvigionamenti, e come sicurezza degli asset sovrani, legati principalmente alle grandi verticali tecnologiche abilitanti: digitale, AI, supercalcolo, quantum, ecc.

In sostanza si sta affermando un nuovo paradigma, chiaramente visibile in un imponente ritorno delle politiche pubbliche come motore di sviluppo e potenza nazionale. I primi a testimoniarlo sono gli Stati Uniti - un tempo culla del free trade e della deregulation - che con il Chips and Science Act e l’Inflation Reduction Act (IRA) del 2022 hanno inaugurato la più ampia stagione di intervento statale nell’economia dalla fine della Guerra Fredda, mobilitando centinaia di miliardi di dollari per ricostruire le filiere strategiche, rilocalizzare capacità produttive e sostenere con sussidi diretti i settori ritenuti sensibili: semiconduttori, energie pulite, batterie, ecc.

L’IRA, una vera bomba atomica contro l’industria automotive europea, comprende un mega investimento da 369 miliardi di dollari nella transizione energetica, con un’articolata architettura di sussidi, crediti d’imposta, incentivi e prestiti. Ad oggi, si calcola che grazie a questo provvedimento dell’Amministrazione Biden, siano già stati mobilitati oltre 100 miliardi di dollari di investimenti privati.

Il Chips and Scienze Act alloca, invece, 52 miliardi di dollari in 5 anni - 39 miliardi di incentivi e 13 miliardi in ricerca e sviluppo - per riportare la produzione di chip negli USA, potenziando gli impianti e le linee esistenti, e aprendone di nuovi. L’obiettivo di Washington è arrivare a controllare l’intera catena del valore: dalla progettazione, accentrata oggi nelle grandi big americane del settore (NVIDIA, AMD, Intel, ecc.), alla produzione, attualmente controllata da Taiwan (TSMC) e Corea del Sud (Samsung).

Un’altra direttrice strategica è la recente acquisizione di partecipazioni, in alcuni casi fino al controllo, in aziende legate alle filiere dei chip e delle Materie Prime Critiche.

L'analisi completa è disponibile online nell'ultimo numero di Risk&Strategy WEEKLY (39/25). Per leggerla, clicca qui

Seguiteci sui nostri canali TelegramFacebookXYouTube e Instagram.

 

Condividi su:  
News Forze Armate
COMUNICATI STAMPA AZIENDE