Quando parliamo di nuovi mezzi corazzati da combattimento, come nel caso dell’A2CS e del PANTHER-IT per l’Esercito Italiano, un tema molto importante riguarda la protezione. A2CS e PANTHER-IT promettono di essere mezzi tecnologicamente all’avanguardia, innovativi e connessi all’interno della cosiddetta bolla tattica.
È necessario, però, che i mezzi e la stessa bolla siano protetti adeguatamente, rispetto ad un profilo di minaccia che negli ultimi anni è completamente cambiato. Se, per anni, la minaccia più concreta per un IFV o un MBT era l’IED o l’attacco a bruciapelo con RPG o missile controcarro, oggi a questa si è aggiunta la minaccia dei droni e dello sniping artillery (assistito/guidato sempre dai droni).
Come dimostrato ampiamente dall’attuale Guerra in Ucraina, il drone ha cambiato radicalmente lo spazio della battaglia e la manovra: qualsiasi movimento a terra, specie di complessi meccanizzati, viene immediatamente rilevato e ingaggiato da una miriade di droni - mini, subtattici e tattici - tanto che diventa estremamente complicato, e oneroso, impostare il classico combattimento a contatto.
Dunque, l’architettura di una piattaforma terrestre va radicalmente ripensata, mentre la protezione diventa la risultante di protezione fisica (blindature), protezione cinetica (mitragliere e munizionamento antidrone), situational awarness (intesa come capacità di rilevare la minaccia per primi) e protezione elettronica (soft-kill, il vero valore aggiunto per la protezione di un carro/mezzo da combattimento). Per cui, se parliamo di A2CS e PANTHER-IT, questi nuovi mezzi dovranno avere delle torrette progettate per ospitare:
- Un’arma con alzo e munizionamento necessari al contrasto di droni classe 1 e 2;
- Sensori passivi, leggi IR, in grado di detettare la minaccia senza esporre contemporaneamente il mezzo alla rilevazione avversaria (modalità radarless);
- Sensori RF (Radio Frequency), capaci di rilevare e identificare i protocolli di comunicazione RF dei droni per estrapolare da questi le informazioni essenziali al loro contrasto;
- Un jammer/antenna, capace di trasmettere segnali RF di disturbo verso i droni intercettati.
La componente hard kill e quella soft kill dovrebbero operare nel contrasto alla minaccia in maniera sinergica, sotto la direzione del BMS (Battle Management System), assicurando pure la difesa “on the move” del complesso tattico, o meglio, della coppia tattica, secondo un’ottica distribuita.
Allo stesso tempo, è necessario proteggere la bolla tattica, ovvero quella rete dentro la quale le piattaforme/nodi (manned, unmanned e optionally manned) sono chiamate/i ad operare nello spazio della battaglia in maniera cooperativa, dialogando e scambiandosi informazioni. Dunque, la bolla tattica va resa resiliente da un punto di vista cibernetico ed elettromagnetico per prevenire che qualcuno dall’esterno possa violarla per carpire informazioni o per introdurre informazioni false/inquinate.
È chiaro che questi 2 requisiti legati alla protezione, dei singoli mezzi e della bolla tattica, vanno affrontati sin dalla fase di progettazione e design, altrimenti c’è il rischio che i mezzi, pur tecnologicamente avanzati, non siano pienamente adeguati ad operare su un campo di battaglia sempre più complesso e multidimensionale.
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