L’ATP 3-20.15 “Tank Platoon”
A luglio 2025, l’US Army ha pubblicato il documento “ATP 3-20.15 Tank Platoon”. ATP sta per Army Techniques Publication, e il documento in questione, destinato a fornire la dottrina tattica per l’impiego dei plotoni di carri armati M-1 ABRAMS nelle Armored Brigade Combat Teams (ABCT), è stato preparato dal Department of Tactics, Training, and Doctrine dell'US Army Maneuver Center of Excellence.
Esso dovrebbe rappresentare l’evoluzione dottrinale dell’arma corazzata americana, e si riteneva che avrebbe fatto tesoro dei 3 anni e mezzo di Guerra in Ucraina che hanno preceduto la sua emanazione, in quanto conflitto che ha completamente riscritto ogni paradigma del “warfare” moderno. Invece, è rapidamente diventato oggetto di feroci, o quantomeno sarcastiche, ondate di critiche globali, derisione sui social media, e analisi devastanti da parte di esperti di difesa, veterani, analisti militari e persino soldati in servizio attivo. Il documento è stato difatti percepito come profondamente inadeguato, espressione di una mentalità dottrinale cristallizzata su approcci operativi al loro definitivo tramonto.
Un manuale dottrinale destinato a fare storia per i motivi sbagliati?
A prima vista, l’innovazione degli UAV (dei quali, nel documento in questione, ci si focalizza soprattutto su quelli riconducibili alla categoria 1 cioè quadricotteri DJI tipo MAVIC o PHANTOM a rilascio di munizionamento, per intenderci), non viene presa sottogamba. Essi vengono menzionati ben 98 volte sulle 432 pagine che compongono il manuale (lo chiameremo così per comodità). Inoltre, per la prima volta nella storia delle serie dottrinali americane sui carri armati, un’intera sezione (la X del capitolo 5) viene loro dedicata, ed è costituita da paragrafi che riportano promettenti titoli quali “Counter-Unmanned Aircraft System Planning”, o “Active Defense”, o “Passive Defense”.
Senonché, a ben vedere (o, meglio, a ben leggere il tutto), anziché presentare un “framework” concettual-dottrinale integrato, tecnologicamente avanzato e basato sulle lezioni apprese dal campo di battaglia ucraino, il manuale propone, per formazioni corazzate che vogliano sopravvivere all’impatto operativo con gli UAV, o droni che dir si voglia, soluzioni che molti hanno definito come da “Guerra Fredda [condita] con il problema dei droni”, o dall’“approccio semplicistico e retrò”. I punti che maggiormente hanno suscitato perplessità, sarcasmo e derisione sono stati molti, ma concentriamoci, per ora, su quelli senz’altro rientranti nella “top 3”.
Innanzitutto, vi è la raccomandazione, con tanto di illustrazioni, di ingaggiare quadricotteri tramite o l’impiego di tutte le mitragliatrici di bordo (quindi sia quella coassiale che quelle posizionate sul cielo della torretta) o l’impiego del cannone da 120 mm con munizionamento M-1028 CANISTER, costituito da proietti contenenti oltre 1.000 elementi spezzati in tungsteno (rilasciati con effetti su un raggio di circa 500 m). Tralasciando la questione costo-efficacia, relativa all’utilizzo di proietti dal costo variabile fra gli 8.000 e i 15.000 $ per abbattere droni che costano fra i 500 e 1.500 $, vi è chi ha stimato tassi di successo inferiori al 5% di detto munizionamento contro bersagli aerei piccoli, veloci, e dai profili di volo agili e imprevedibili; questo, anche in condizioni ideali, che sono quelle su cui sembra basarsi una figura del manuale americano già diventata famosa, dalla quale si vorrebbe evincere l’idoneità del fuoco concentrico di carri armati contro droni ad ala fissa che vi sorvolino davanti in volo livellato orizzontale, come anche nei confronti di quadricotteri che vi si dirigano contro seguendo quote favorevolissime per l’alzo dei pezzi (corrispondente a +20° sia per il cannone da 120 mm che per la mitragliatrice coassiale da 7,62 mm), la velocità di rotazione della torretta, l’aggancio al bersaglio dei sistemi di puntamento, ecc. Come ha causticamente chiosato un noto blogger canadese: “le ridicole istruzioni di sparare munizioni canister contro un FPV in rapido movimento potrebbero essere state emanate soltanto da un generale”, anche se, ad onor del vero, lo stesso manuale in questione ammette come risulti molto difficile sconfiggere UAV tramite armi a fuoco diretto. La raccomandazione “incriminata”, dunque, è da intendersi, implicitamente, come estrema forma di autodifesa.
L’articolo completo è pubblicato su RID 12/25, disponibile online in edicola.
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