RIVISTA ITALIANA DIFESA
Analisi sul rapimento dei 4 italiani in Libia 20/07/2015 | Andrea Mottola

Quattro italiani sono stati rapiti in Libia nei pressi del villaggio di Tawela mentre erano diretti verso il compound dell'Eni nella zona di Mellitah, a circa 60 chilometri ad ovest di Tripoli. E' difficile dopo poche ore stabilire chi possano essere i responsabili del rapimento, ma da una prima analisi si può dire prima di tutto che, sebbene non si tratti del primo rapimento che avviene in quella zona, è molto improbabile che i nostri connazionali siano finiti nelle mani di Daesh. E’ vero che a pochi chilometri esiste il campo d’addestramento di Sabratha, uno dei campi utilizzati dalle milizie islamiche libiche e da gruppi jihadisti di altri paesi (come il franchise tunisino di Ansar al-Sharia, o la stessa ISIS). Tuttavia, quell’area fino a poche settimane fa è stata teatro di violenti scontri tra gruppi appartenenti al governo di Tobruk ed al Generale Haftar, come Jaish al-Qabail, una delle tante componenti delle milizie di al-Zintan e indicata da alcune fonti come responsabile del rapimento, e tra membri riconducibili alle milizie islamiche vicine al “governo” di Tripoli, il cui obiettivo potrebbe essere quello di far pressione sul Governo italiano per il ruolo svolto nei colloqui di pace sulla crisi libica e sul mai celato supporto che, almeno inizialmente, Roma ha fornito al governo al-Thani. Tuttavia, esiste anche un’altra ipotesi concreta che non può essere ancora esclusa, e cioè che il sequestro sia stato effettuato per fini puramente estorsivi da un piccolo gruppo di criminali comuni, uno dei pochi a non rientrare nei ranghi delle milizie islamiche. Il rapimento di Marco Vallisi, avvenuto nella stessa zona, potrebbe avvalorare tale ipotesi. E nulla toglie che, se così fosse, ISIS potrebbe essere uno dei potenziali soggetti a cui il gruppo potrebbe rivolgersi per la loro vendita.


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