RIVISTA ITALIANA DIFESA
ISIL gioca la carta della guerra navale 17/07/2015 | Giuliano Da Frè

Hanno cercato di spacciarla per una fregata. Ma anche se a essere colpita da un missile anticarro lanciato da un commando della filiale egiziana dell’ISIL Ansar Beit al-Maqdis è stato solo un guardacoste del Cairo, probabilmente classe TIMSAH (imbarcazioni di sorveglianza lunghe 30 metri, da 106 tonnellate), l’evento fa suonare un campanello d’allarme in molti Ammiragliati occidentali. A partire, da quello con sede a Palazzo Marina, a Roma. L’impiego artigianale di armi antinave, o la riconfigurazione in senso “navale” di sistemi terrestri più o meno sofisticati non è certo una novità, e anche tra Forze Armate simmetriche e regolari: basti pensare alla campagna delle Falkland del 1982, quando un pugno di Royal Marines inglesi sorpresi nella South Georgia dall’invasione argentina si difesero strenuamente sommergendo la corvetta GUERRICO con colpi di mitragliatrice pesante e di lanciarazzi controcarro da 84 mm CARL GUSTAV, danneggiandola, mentre più tardi gli argentini inquadrarono nelle difese costiere anche una batteria di missili da corciera EXOCET smontata da un cacciatorpediniere ai lavori e associandola “artigianalmente” a un radar dell’Esercito, colpendo poi in pieno il caccia di Sua Maestà GLAMORGAN, con gravi danni e 14 vittime. Più di recente, il 14 luglio 2006, durante la seconda guerra libanese, la sofisticata corvetta israeliana HANIT fu centrata, anche in questo caso con vittime e danni, da un missile antinave C-802 lanciato da un’improvvisata batteria costiera degli Hezbollah, seppur con l’assistenza di esperti iraniani, da anni impegnati nella Littoral Warfare anche asimmetrica. E il 3 agosto 2011, infine, mentre incrociava al largo della Libia devastata dalla rivolta contro Gheddafi, fu la nostra fregata BERSAGLIERE a essere presa di mira, senza successo, forse da un razzo campale d’impiego terrestre tipo GRAD, o da un ordigno terra/aria modificato; senza contare che dallo scorso novembre si sarebbero registrati almeno altri 2 attacchi contro vedette egiziane al largo del Sinai, con vittime, sebbene portati a termine solo con armi automatiche. Proprio la Marina Italiana è stata tuttavia in questi giorni di nuovo nel mirino (fortunatamente virtuale) dell’ISIL, quando l’Interpol ha rilanciato un allarme che da mesi appare e scompare con frequenza carsica, e già anticipato su questo Portale a metà febbraio. Il nuovo allarme riguardava infatti un possibile attacco kamikaze con finti barconi di immigranti, imbottiti di esplosivo, o semplicemente con un attentatore suicida mischiato tra i disperati che già ISIL, e altre organizzazioni criminali meno politicizzate, sfruttano senza scrupoli per rimpinguare le proprie casse. Un attacco che secondo le fonti d’intelligence avrebbe già visto conclusa la fase di pianificazione e preparazione, con tanto di simulazione, e da attuare entro venerdì 17 luglio, data di chiusura del Ramadan: oggi, quindi. L’azione appena rivendicata da ISIL al largo della costa mediterranea del Sinai, accende quindi i riflettori su 2 questioni. Primo, un attacco dimostrativo a scopo propagandistico (visto che nella retorica islamista affondare una vedetta disarmata occidentale, magari impegnata a soccorrere gente disperata, equivarrebbe come minimo a vendicare la sconfitta di Lepanto) potrebbe benissimo essere portato a termine anche con un’arma anticarro, che alla testata, quasi letale per una nave come la TIMSAH egiziana - lasciata in fiamme e semi-affondata con vittime a bordo (solo feriti, secondo il Cairo, anche se le prime notizie parlano di naufraghi ustionati gettatisi in mare) - associa una gittata sufficiente a superare le prudenti regole di ingaggio delle unità italiane e europee, incentrate su vari controlli prima di accostare i barconi dei migranti. Secondo, un intervento in Libia, con crociere di sorveglianza/deterrenza al limite delle acque territoriali, porterà inevitabilmente le navi della coalizione entro la portata di sistemi d’arma più o meno sofisticati. E non è detto che quelli più artigianali siano i meno pericolosi, in uno scenario particolare come la Littoral Warfare.


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