RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’attacco russo alla futura fabbrica di Baykar vicino Kiev 11/09/2025 | Igor Markic

Nella notte tra il 27 e il 28 agosto 2025 2 missili balistici ISKANDER-M (sembra… non è stato ancora del tutto confermato) hanno colpito l’impianto che la turca Baykar stava ultimando a Brovary, periferia nordest di Kiev, per produrre in Ucraina i droni da ricognizione armata BAYRAKTAR TB-2.

L’attacco avrebbe aperto un grosso cratere nell’area officine, incendiato alcuni capannoni e compromesso irreparabilmente buona parte delle linee di assemblaggio già installate. Secondo fonti ucraine, si tratta del 4° raid mirato contro la stessa area in 6 mesi, segno dell’alto valore che Mosca attribuisce alla futura capacità ucraina di costruire autonomamente droni MALE (Medium-Altitude Long-Endurance). Le autorità locali avrebbero evacuato lavoratori e ingegneri turchi presenti sul posto; nessuna vittima tra il personale, ma i Vigili del Fuoco hanno impiegato 6 ore per domare l’incendio.

La costruzione del sito è cominciata nel 2019 con la creazione della controllata ucraina LLC AVIA Kyiv, ed è stata accelerata dall’accordo di cooperazione aerospaziale firmato da Ankara e Kiev nel febbraio 2022 e da un incentivo fiscale ucraino valido fino al 2035. Baykar aveva annunciato un investimento complessivo di 95,5 milioni di dollari per la fabbrica che, una volta entrata in esercizio, previsto inizialmente per l’agosto del 2025, avrebbe dovuto impiegare 500 tecnici specializzati e produrre fino a 120 droni l’anno, coprendo, si dice, circa il 40% del fabbisogno annuale delle Forze Armate ucraine in termini di piattaforme MALE. L’attacco avrebbe reso ora remota l’ipotesi di avviare la produzione a pieno ritmo prima della seconda metà del 2026.

Per l’Ucraina la perdita è duplice: industriale e simbolica. Benché i dati siano tutt’altro che certi, fra numeri sia pre- che post-febbraio 2022, Kiev avrebbe ricevuto almeno attorno a una settantina di BAYRAKTAR TB-2 tra forniture ufficiali turche e donazioni dirette da parte della BAYKAR (o qualche acquisto attraverso sottoscrizioni pubbliche o donazioni estere); almeno 26 sono stati documentati come persi da Oryx, ma il numero totale è sicuramente maggiore, visto a noi risulta come solamente una decina sia ancora saltuariamente impiegata in missioni ISR. A inizio settembre, in realtà, sembra che i TB-2 siano tornati ad effettuare missioni di strike contro le forze russe lungo le coste dell’Oblast di Kherson (Tendrivska Spit e Zaliznyi Port); questo è stato possibile grazie ai ripetuti attacchi ucraini contro le difese aeree russe in Crimea e nell’Oblast di Kherson, che hanno creato dei “buchi” nell’ombrello antiaereo russo nell’area.

Dopo i primi successi nelle fasi inziali della Guerra, i TB-2 hanno perso via via efficacia offensiva dopo lo schieramento in grandi quantità di sistemi PANTIR-S1, BUK-M3 e TOR-M2 russi a ridosso delle linee del fronte e di possibili obiettivi pregiati; tuttavia, restano preziosi per la loro autonomia di 27 ore e la capacità di volare a 7.300 m, parametri tuttora fuori portata rispetto a molti altri UAV in servizio presso gli Ucraini. Una produzione interna avrebbe tagliato i tempi di consegna da 3-4 mesi per gli esemplari importati a poche settimane, e ridotto fortemente il costo unitario per ciascun TB-2. Ora il Ministero della Difesa ucraino dovrà continuare a dipendere dagli stock turchi, già sotto pressione per le richieste di Azerbaijan, Pakistan, Kenya e molti altri clienti.

Dal punto di vista geopolitico, il raid è letto da alcuni analisti come un segnale di escalation: colpire un asset industriale turco su suolo ucraino mira a dimostrare come Mosca possa intaccare gli interessi di Ankara senza sfiorare il territorio della NATO. Significativa, in tal senso, è stata la lunga telefonata che il Presidente ucraino Zelensky avrebbe avuto il giorno successivo all’attacco con il corrispettivo turco Erdogan. Qualcuno ha anche sottolineato come la Russia stia evidenziando maggiorate capacità di intelligence: satelliti e droni ISR avrebbero identificato il momento in cui l’impianto, in procinto di iniziare la produzione vera e propria, era oramai giunto ad ospitare il massimo delle attrezzature, amplificando il danno.

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