RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il programma nucleare e iraniano e le sanzioni 14/07/2015 | Pietro Batacchi

Ad oggi il programma nucleare iraniano si basa su un'infrastruttura estesa e piuttosto sviluppata comprendente diversi siti e impianti e capace di sostenere tutto il ciclo dell'uranio, e del plutonio, necessario alla produzione di ordigni nucleari. Si parte con le miniere, tutte nel deserto dell'Iran centrale, da cui si estrae minerale molto ricco di uranio che, lavorato, diventa ossido di uranio giallo (yellowcake): si tratta delle miniere di Saghand, Narigan, Zurigan (tutte vicine alla città di Yazd) e Ardakan, più a sud, tra Yazd e Bushehr. Poi ci sono gli impianti di conversione. Il principale è quello di Isfahan, circa 260 chilometri a ovest di Yazd e occupante una superficie di 15.000 mq. La centrale è sede dallo Isfahan Technology Center, un centro di ricerca nucleare che gestisce 4 piccoli reattori di ricerca, tutti forniti dalla Cina. Vi si trasforma lo yellowcake in esafluoruro di uranio, il materiale che, iniettato nelle centrifughe montate nell’impianto di Natanz, produce uranio arricchito.

Un altro impianto di conversione, più piccolo, è quello di Ardakan, la seconda città per grandezza nella provincia di Yazd, che è entrato in funzione nel 2009. Si passo poi all'arricchimento dell'uranio con i isiti di Natanz e Qom (Fordow). Natanz è un impianto sotterraneo attivo da anni dove sono ospitate circa 25.000 centrifughe di diversi tipi per la produzione di uranio arricchito su larga scala. E' qui che nel 2006 è inziato l'arricchimento dell'uranio oltre la soglia del 3,5% ed è qui che si è dato il via all’arricchimento al 20 %. Quest'ultima è considerata una soglia critica perché averla raggiunta significa il superamento di oltre la metà degli ostacoli tecnici per la produzione di materiale fissile weapons grade (al 90%), ovvero di uranio arricchito al livello necessario per la produzione di un ordigno atomico. Ufficialmente, l'Iran ha sempre affermato che l'uranio arricchito al 20% era necessariosemplicemente per la produzione di isotopi per scopo medico nel Reattore di Ricerca di Teheran. Tutta la struttura di Natanz si sviluppa su 2 livelli. In superficie si trovano i 6 edifici che ospitano l'impianto pilota per l'arricchimento, impiegato per l'assemblaggio, la manutenzione e il test delle centrifughe. Poi ci sono i 2 vasti locali sotterranei, di 23.000 mq e 32.000 mq rispettivamente, capaci di alloggiare fino a 50.000 centrifughe e collocati a una profondità stimata tra gli 8 e i 23 metri sotto l’ulteriore protezione di diversi strati di cemento armato. L’impianto di Qom, la cui esistenza è stata rivelata dal regime solo nel settembre 2009, è invece situato all'interno di una montagna ed è in grado di ospitare fino a 3.000 centrifghe. Le centrali sono 2: quella di Busher e quella, molto più sensibile, di Arak. L'impianto di Busher ospita un reattore ad acqua leggera da 1000 MW, alimentato da uranio leggermente arricchito al 3,5%, per la produzione di energia elettrica. Il sito, la cui realizzazione fu avviata negli anni settanta, è stato completato nel 2010 con l'assistenza russa che ha materialmente fornito il reattore VVER-1000. secondo gli accordi stretti tra Teheran e Mosca, una volta esauste, le barre di combustibile dovrebbero essere riconsegnate alla Russia. Qualora ciò non avvenisse queste potrebbero essere riprocessate in Iran per estrarne plutonio, ma oltre al fatto che per il momento l'Iran non dispone di un impianto industriale di riprocessamento, le barre impiegate in reattori ad acqua leggera, come quello di Bushehr, non sarebbero comunque adeguate per l'estrazione di plutonio di qualità sufficiente a realizzare un ordigno nucleare affidabile. Come si diceva molto più critico è l'impianto di Arak. Si tratta di una centrale nucleare ad acqua pesante da 40 MW alimentata da uranio naturale e che copre una superficiecomplessiva di 17.000 mq. Se riprocessate, le barre di combustibile esausto della centrale garantirebbero al produzione di un quantitativo di plutonio sufficiente per la realizzazione di 1-2 ordigni atomici l'anno. Rispetto all'uranio, il plutonio essendo molto più stabile, garantisce la produzione di ordigni più piccoli e quindi capaci di essere caricati su testate di missili o bombe trasportabili da caccia. Infine, va citato il complesso militare di Parchin, 30 km a sudest di Teheran, dove sono stati condotti esperimenti e test con esplosivi ad alto potenziale per la detonazione di ordigni nucleari. In particolare su questi 2 ultimi siti, l'Iran ha mantenuto sempre un'assoluta mancanza di trasparenza nei confronti dell'AIEA.

 

 

L'arsenale balistico

Dopo le prime sperimentazioni congiunte con Israele di missili balistici e da crociera ai tempi dello Scià, l’Iran si trovò coinvolto nella guerra con l’Iraq, durante la quale subì numerosi attacchi ad opera di similari sistemi d’arma, con limitatissima possibilità di rappresaglia. L’Iran cercò di dotarsi a sua volta di tali armamenti, ma l’isolamento “equidistante” sia nei confronti degli USA che dell’URSS spinsero il Paese a contatti con la Siria e la Libia, che si risolsero nella cessione di una trentina di SCUD-B (probabilmente i missili furono ceduti dalla sola Libia, mentre l’addestramento degli operatori venne curato da entrambi i Paesi). Grazie alla Corea del Nord si riuscì ad acquisire altri quantitativi di SCUD-B (denominati intanto SHAHAB-1), con accordi che prevedevano anche forme di cooperazione per la messa a punto di impianti di produzione locale di questo sistema d’arma. Essi tuttavia, a differenza di quanto riportato in numerosi rapporti, non sarebbero mai entrati pienamente in funzione. All’inizio degli anni ’90 la Corea del Nord cominciò a fornire alcuni quantitativi di HWASONG 6 (denominato SHAHAB-2). Di questo originario arsenale (una parte degli SCUD venne impiegata durante la guerra contro l’Iraq) al momento dovrebbe rimanere una dozzina di complessi di lancio per SCUD-B con circa 200 missili, e circa una sessantina di HWASONG 6 (per circa 5 complessi di lancio). Ad essi dovrebbero aggiungersi circa 250 FROG-7. Ma è da anni che l’arsenale iraniano sta indirizzandosi in misura sempre maggiore verso prodotti nazionali. Innanzitutto vanno ricordati i sistemi della serie MUSHAK (circa 500 esemplari in servizio), dei quali si conoscono almeno le versioni MUSHAK-120 e MUSHAK-200, noti anche con una gran quantità di differenti denominazioni (rispettivamente: Iran-130 o NAZEAT 10; e ZELZAL). Si tratta di sistemi non guidati a propellente solido (debitori dell’esperienza che l’Iran ha accumulato con i razzi OGHAB e SHAHIN-II dei tempi della guerra con l’Iraq), dei quali il primo è dotato di una gittata di 130 km per 500 kg di payload, e il secondo di una gittata di 200 km. Se per il MUSHAK-200 si parla di una forte influenza da parte del FROG-7, d’altra parte ne viene indicata una variante guidata, nota come FATEH-110, della quale non si conosce alcun altro dettaglio, se non che per il momento ammonterebbero a circa 10 gli esemplari in servizio, tutti probabilmente destinati a scopi sperimentali. La distribuzione delle superfici di controllo aerodinamico sul corpo di questo missile rileverebbe potenzialità di manovrabilità non indifferenti per un SSM, ma non si è riusciti ancora a comprendere il tipo di sistema di guida di cui esso si avvale.

Vi è poi lo SHAHAB-3, particolarmente “attenzionato” dagli analisti occidentali sin dalla sua comparsa, perché derivato dal nordcoreano NODONG. Si tratta di un sistema a propellente liquido, dotato di capacità di payload fra i 500 e i 650 kg, e di gittata fra i 1.550 e i 1.620 km. Il CEP sarebbe di 30 m. Dello SHAHAB ne sono stati prodotte anche varianti con testate dotate di una migliore ergonomia e di sistemi di guida più performanti. Tuttavia, il missile più temibile nell'arsenale iraniano è il SEJIL, noto anche come ASHURA. Si tratta di un missile bi-stadio a propellente solido – il propellente solido consente tempi di allerta e messa in opera molto più rapidi del propellente liquido – accreditato di un raggio di azione di 2.000 km. L'ordigno dovrebbe già essere oeprativo in alcuni esemplari.

 

 

Il regime di sanzioni contro l'Iran

Nel corso degli ultimi anni, la gravità delle accuse contro l’Iran e la reticenza di Teheran nel fornire spiegazioni alla Comunità Internazionale, hanno portato il Consiglio di Sicurezza dell’ONU a varare 4 regimi di sanzioni contro il programma nucleare:

Dicembre 2006 – UNSCR 1737: sancisce il divieto di vendita o trasferimento di qualsiasi materiale relativo al programma nucleare inclusi la componentistica e l’equipaggiamento che potrebbe avere applicazioni militari (materiale dual use). Inoltre la risoluzione esorta a congelare i beni di individui e società considerati legati al programma nucleare e in particolare all’attività di arricchimento.

Marzo 2007 – UNSCR 1747: colpisce anche il programma balistico, la banca Sepah, e congela i beni di persone fisiche e società (riconducibili ai Pasdaran) connesse al programma nucleare. Proibisce l’importazione e l’esportazione di armi da e per l’Iran.

Marzo 2008 – UNSCR 1803: prevede un inasprimento dell’embargo commerciale che comprende ora la tecnologia dual use (prodotti che hanno impiego sia civile sia militare), un più severo regime di ispezioni delle merci in entrata e in uscita dal Paese, il congelamento dei conti appartenenti ad alcune banche e società iraniane ed il divieto di rilascio di visti d’entrata al personale impiegato nel programma nucleare. La 1803 inoltre estende la lista di persone connesse al programma da monitorare (congelamento dei beni e interdizione dai voli internazionali).

Giugno 2010 – UNSCR 1929: aggiunge altri individui ed alcune “entità” alla blacklist. La maggior parte delle società colpite da sanzioni sono connesse alla Difesa e ai Pasdaran, mentre le altre sono legate direttamente a IRISL (Islamic Republic of Iran Shipping Line), la Marina mercantile del Paese, già saldamente in mano ai Pasdaran. La risoluzione introduce un nuovo meccanismo per le ispezioni dei cargo da e per l’Iran alla ricerca di materiali illeciti e fa appello a tutte le nazioni per l’abbordaggio di navi sospette dirette nel Paese. Inoltre, più dei precedenti regimi sanzionatori, la 1929 mira ad impedire l’approvvigionamento di componenti per il programma balistico, mentre vi sono clausole specifiche nel testo della risoluzione che si riferiscono al settore militare e proibiscono la vendita di armi pesanti (elicotteri d’assalto e missili). Il quarto regime di sanzioni contro l’Iran restringe altresì la libertà finanziaria del regime andando a colpire, mediante l’interdizione all’espatrio ed il congelamento dei beni, individui, società e istituti di credito che la Comunità internazionale ritiene fondamentali per i programmi nucleare e balistico.

 


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