
Dopo 2 mesi di crescenti tensioni, nelle ultime ore la nuova crisi di confine tra Thailandia e Cambogia - già ai ferri corti nel 2008-2011 per controversie frontaliere irrisolte - è sfociata in un conflitto dai risvolti sempre più drammatici.
L’escalation è stata innescata da un incidente verificatosi nei giorni scorsi, quando alcuni militari thailandesi sono rimasti gravemente feriti dall’esplosione di mine antiuomo, vietate dalla Convenzione di Ottawa del 1997. Secondo le autorità di Bangkok, gli ordigni sarebbero stati posizionati da forze cambogiane; di parere opposto il Governo di Phnom Penh, che attribuisce la responsabilità alle forze thailandesi. L’episodio ha fatto precipitare la situazione, già resa tesa dal richiamo reciproco degli Ambasciatori dei 2 Paesi, culminando in una rapida e pericolosa spirale di scontri armati e accuse incrociate.
Dal 24 luglio, dal dialogo diplomatico si è infatti passati alle armi e all'uso della forza: lanciarazzi BM-21 cambogiani hanno sparato un centinaio di ordigni, colpendo postazioni militari, ma anche una stazione di servizio nella Provincia di Sisaket, causando complessivamente 12 morti (tutti civili, accusa la Thailandia) e decine di feriti. Bangkok ha replicato lanciando un raid con 6 caccia F-16, rivendicando la distruzione di 2 centri di comando avversari. Ambo le parti si rinfacciano di aver impiegato per prime armi pesanti, mai negando però di averle usate.
Una miscela esplosiva, in una crisi scoppiata dopo quasi 15 anni relativamente "tranquilli". Nel 2008, infatti, una controversia in corso dal 1962 sull’area monumentale dei templi di Preah Vihear (risalenti al Regno Khmer dell’XI Secolo) era sfociata in un conflitto armato a bassa intensità durato 3 anni, risolto nel 2013 da una sentenza della Corte Internazionale di Giustizia (ICJ), che confermava la sovranità cambogiana sull’area contesa, ad eccezione di un breve tratto collinare.
I rapporti tra Bangkok e Phnom Penh sono tornati a un livello di normalità, pur senza mai raggiungere uno stato di vera distensione. Tuttavia, tale equilibrio - precario - è saltato il 28 maggio scorso, quando, nell’area contesa di Preah Vihear, si è verificato un breve ma intenso scontro a fuoco tra pattuglie dei 2 Paesi. L’episodio ha innescato una nuova spirale di tensione che ha portato a ulteriori confronti, sia armati – con la Marina Thailandese che ha dichiarato di aver abbattuto 4 UAV cambogiani – sia di scontro diretto tra militari, in alcuni casi persino coinvolgendo civili e turisti presenti nell’area del cosiddetto “Triangolo di Smeraldo” (diverse altre zone lungo gli 820 km di confine tracciato dai francesi in epoca coloniale risultano, infatti, contese).
Inoltre, il tentativo della Premier thailandese Paetongtarn Shinawatra (figlia di un controverso leader politico rovesciato nel 2006 a seguito di un golpe militare) volto a mediare un accordo con Hun Sen, ex Primo Ministro cambogiano - Presidente del Senato e dominus, da ormai 40 anni, del Paese - è stato contestato come troppo “accomodante” verso il nemico. I militari non hanno mai amato gli Shinawatra, e la giovane Premier è stata sospesa il mese scorso dalla Corte Costituzionale, come accaduto già nel 2014 alla zia Yingluck Shinawatra, poi allontanata da un nuovo golpe. Una crisi politica che potrebbe far sfuggire di mano lo scontro con la Cambogia: nel frattempo sono stati evacuati alcuni villaggi di frontiera, dove stanno affluendo truppe di ambo le parti, mentre la Cina tenta una mediazione.
(foto: un F-16 in forza con la Royal Thai Air Force)
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