RIVISTA ITALIANA DIFESA
ISIL: attacco dal mare? 09/07/2015 | Pietro Batacchi e Giuliano Da Frè

Qualche giorno fa l'Interpol ha diramato un allerta su possibili attacchi da parte di ISISL condotti con barchini suicidi contro le navi italiane ed europee a largo delle coste libiche. In realtà, come ricorderanno i nostri lettori più affezionati, noi parlammo di tale minaccia già a febbraio con un articolo che uscì su queste stesse colonne. Ebbene, probabilmente il nostro non era semplice allarmismo, anche perchè quella dei barchini suicidi è una tecnica da tempo in uso presso i gruppi irregolari e/o terroristici. Inventata dalle Tigri Tamil in Sri Lanka, consolidata dai Pasdaran iraniani durante la Guerra con l'Iraq, e poi spostata anche da Al Qaeda – che nell'ottobre 2000 la mise in pratica con successo contro il cacciatorpediniere dell'US Navy USS COLE alla fonda nel porto di Aden - adesso potrebbe essere impiegata dalla stessa ISIL nelle acque tra Libia e Italia. In realtà lo scenario di una possibile "guerriglia navale" potrebbe essere molto più ampio e variegato.&nbspImpossessatisi di alcuni porti e di imbarcazioni di vario genere, e con la possibilità di sfruttare l’esperienza accumulata dagli scafisti da anni impegnati sulle rotte migratorie, ISIL potrebbe ripetere tra Golfo della Sirte e Canale di Sicilia lo scenario che da 10 anni domina la regione marittima compresa tra la Somalia e Aden. Veloci natanti potrebbero infatti attaccare pescherecci, imbarcazioni da crociera, piccoli mercantili, ma anche vedette impegnate in missioni di soccorso, in questo caso più per catturare prigionieri da esibire con tuta arancione e coltello alla gola (e per i quali chiedere lucrosi riscatti) che merci. Inoltre il miscuglio tra mancanza di scrupoli e fanatismo potrebbe trasformare qualche barcone di ignari clandestini in una trappola esplosiva innescata nel momento in cui l’imbarcazione viene abbordata dai team di ispezione, o avvicinata dal guardacoste di turno, con conseguenze devastanti per uomini e mezzi. Anche in questo caso, nulla di nuovo: già nel 1880 la Marina peruviana, impegnata contro il Cile, dopo aver perso il grosso della sua flotta affondò un paio di navi nemiche impiegando barche mandate alla deriva con una trappola esplosiva, che si innescava al momento del recupero. E' chiaro, poi, che più le operazioni navali si avvicinano alla costa, i cosiddetti scenari "marroni", più aumenta il rischio di attacchi con imbarcazioni suicide che potrebbero mescolarsi con facilità alla normale attività marittima. Un altro possibile scenario navale, oggettivamente meno probabile (soprattutto nella cattiva stagione) è legato al “modello Mumbai”. Nel novembre 2008 un commando qaedista seminò per 4 giorni il panico nella grande città indiana, provocando più di 160 vittime. Il gruppo, ben addestrato ed equipaggiato, si era infiltrato via mare, prima catturando un peschereccio, per poi sbarcare con un gommone a motore; da notare che lo scorso 31 dicembre la Marina Indiana ha intercettato e affondato un peschereccio sospetto al largo del Gujarat, saltato in aria subito dopo essere stato colpito, probabilmente perché carico di esplosivo. Una tattica che ben si presterebbe a ispirare eventuali raid contro Lampedusa, o se questa fosse troppo sorvegliata (e i terroristi disponessero di una nave-madre tanto apparentemente innocua, quanto adeguata a lunghe traversate), o sulle coste siciliane; anche se si tratta di scenari cui le forze navali NATO si preparano dal dopo 11 settembre, ad esempio con l'Operazione ACTIVE ENDEAVOUR, dotando anche le stesse navi di appositi sistemi di difesa ravvicinata anti-barchino, la minaccia non può essere sottovalutata. Anzi.


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