RIVISTA ITALIANA DIFESA
La Pearl Harbor russa e il deterrente convenzionale messo alla berlina: come risponderà Putin? 05/06/2025 | Pietro Batacchi

A qualche giorno di distanza dallo spettacolare attacco ucraino del 1° giugno contro l’Aviazione Strategica russa, conviene a questo punto provare a farsi delle domande, per capire quella che potrebbe essere la risposta della Russia, che ancora non c’è stata (e che potrebbe anche non esserci).

Innanzitutto, cosa è accaduto veramente? Gli Ucraini hanno distrutto/danneggiato 9 bombardieri strategici Tu-95 (potrebbero essere qualcuno in più), azzoppando una delle 3 gambe della cosiddetta triade nucleare (le altre 2 sono, ricordiamolo, gli ICBM e gli SLBM). Se si considera, infatti, che i Tu-95 operativi sono 30-35, anche se quelli distrutti/danneggiati fossero tutti aerei non operativi (e non lo sono visto che qualcuno come si vede dai video era equipaggiato con missili Kh-101), l’impatto su una flotta già molto usurata dopo 3 anni di guerra sarebbe molto rilevante. C’è, dunque, un danno severo ad una componente strategica, su cui si fonda tanto una parte del deterrente nucleare quanto il grosso del deterrente convenzionale russo.

A ciò aggiungiamo l’impatto a livello di percezione, con il deterrente e il potere dissuasivo russo messo un’altra volta alla berlina dagli Ucraini, dopo gli innumerevoli attacchi ad infrastrutture strategiche e/o operative rilevanti per l’alimentazione dello sforzo bellico in Ucraina. Dunque, se la Russia non risponde, che ne sarebbe della sua credibilità, già abbondantemente messa in discussione da 3 anni di “fatica” sul terreno in Ucraina? Anche perché la non risposta, evidentemente, incentiverebbe ulteriori azioni ucraine di eguale impatto. Se Mosca risponde, invece, quali potrebbero essere le opzioni possibili?

La grande questione sta esattamente qui ed è proprio qui che si cela tutto il potenziale per un’escalation imprevedibile. La Russia ha poche o punte opzioni convenzionali (gli Ucraini lo sanno e per questo hanno colpito durissimo). Droni e missili vengono già abbondantemente impiegati; anzi, tale capacità si è pure ridotta dopo il colpo inferto alla flotta di vettori Tu-95 e Tu-22. Il RUBEZH/ORESHNIK, l’IRBM “convenzionale” lanciato l’anno scorso contro Dnipro, l’abbiamo già visto. Certo, i Russi potrebbero lanciarne sempre una decina assieme, contro più obbiettivi militari, ma ci sono 10 ORESHNIK operativi in inventario (posto anche che non si può rimanere senza…)? Chi lo sa. Oppure si potrebbe fare un attacco in grande stile con ORESHINK, KINZHAL, ISKANDER, Kh-101 e droni, mettendo nel mirino per la prima volta anche obiettivi legati al più alto livello strategico dell’Ucraina. Ma anche qui: quali sono i numeri veri? E se ci sono, i Russi oggi hanno la capacità di osservazione, mappatura, targeting e pianificazione per fare un attacco così complesso, “all’americana” o “all’israeliana”? I margini sono, dunque, molto stretti.

Ecco allora che la mente corre, purtroppo, alle opzioni non convenzionali. La dottrina russa prevede chiaramente una risposta nucleare qualora un attacco di qualunque natura, anche convenzionale, interessi “elementi di infrastrutture statali o militari di importanza critica della Federazione Russa, la cui disabilitazione comprometterebbe le capacità di risposta delle forze nucleari”. L’attacco del 1° giugno è stato disabilitante rispetto all’Aviazione Strategica? La leadership russa probabilmente sta valutando in questo momento proprio la severità del danno, così come le conseguenze, assolutamente imprevedibili, che avrebbe anche il solo uso limitato e dimostrativo di un ordigno atomico a basso potenziale. Per cui, l’opzione nucleare reca in sé un potenziale auto-dissuasivo, proprio per le conseguenze incalcolabili che innescherebbe. L’altra opzione non convenzionale sarebbe l'assassinio di Budanov, la cui moglie, ricordiamolo, è già stata avvelenata nel 2023, o del vero uomo forte dell’Ucraina, quell’Andrei Yermak, Capo dell’Ufficio Presidenziale e uomo legato, si sussurra, a doppi filo agli Inglesi. Anche queste sarebbero comunque opzioni molto, ma molto, complicate. Di certo, le telefonate di ieri di Putin a Trump e al Papa non sono benauguranti.

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