RIVISTA ITALIANA DIFESA
European Sky Shield Initiative: una rivoluzione? 27/01/2025 | Massimo Annati

Con la fine della Guerra Fredda gli Eserciti occidentali hanno drasticamente modificato la propria struttura, la dottrina d’impiego e i programmi di acquisizione. Trent'anni di quelle che sono state chiamate “operazioni di pace”, “operazioni di stabilizzazione”, o al più di “Counter-Insurgency”, hanno portato a pensare che, tra le altre cose, le forze dell’Occidente avrebbero goduto della totale superiorità aerea.

L’eventuale minaccia aerea e missilistica nemica sarebbe stata letteralmente spazzata via dagli strike alleati ancor prima di avere i famosi “boots on the ground”, lasciando alle truppe di terra il compito di ripulire eventuali sacche di resistenza e di ripristinare l’ordine.

Se si analizzano le difese antiaeree/antimissile dei Paesi NATO, si può agevolmente vedere che le brigate dispongono di una copertura antiaerea davvero esigua: generalmente una sola batteria di missili leggeri MANPADS all’interno del Battaglione/Gruppo di artiglieria, da distribuire per una (esile) protezione delle varie pedine di manovra. Capacità qualitativamente maggiori, ma nel complesso quantitativamente molto scarse, si trovano all’interno di unità dedicate, come ad esempio il Comando Artiglieria Contraerei dell’Esercito Italiano.

Da parte russa e cinese, invece, la struttura della difesa aerea è molto più robusta, in linea con la tradizione sovietica che presumeva di dover operare in un ambiente dove la NATO avrebbe goduto della superiorità aerea.

L’articolo completo è pubblicato su RID 2/25, disponibile in edicola e in formato digitale sfogliabile online.

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