Il punto interrogativo è d’obbligo. Difatti, al recente annuncio di una donazione olandese all’Ucraina del cacciamine MAKKUM (classe ALKMAAR), al termine di un quarantennale servizio, è assai dubbio che seguirà una consegna concreta, o, perlomeno, un concreto schieramento lì dove servirebbe.
Spieghiamoci meglio.
Non è la prima volta che l’Olanda dona all’Ucraina una nave di questo tipo, dal momento che, già a marzo 2024, era stata annunciata una similare iniziativa con il cacciamine VLAARDINGEN, appartenente alla stessa classe. La classe ALKMAAR deriva dalla famosa classe TRIPARTITE, che, negli anni ‘80, vide la realizzazione di diversi esemplari per l’Olanda la Francia e il Belgio. E, sempre nel marzo 2024, pure Bruxelles aveva annunciato la donazione di una propria unità (il NARCIS) riconducibile a detta classe. Inoltre, nel gennaio del 2024, il Regno Unito ha “affittato” 2 similari unità (classe SANDOWN) alla quasi inesistente Marina di Kiev.
Lo scopo di tutte queste iniziative focalizzate sulla lotta alle mine è di consentire a Kiev la bonifica delle mine navali russe (e anche ucraine) che ancora minacciano i tratti del Mar Nero percorsi dalle navi che trasportano i beni ucraini, soprattutto il grano. A seguito del sostanziale ritiro della Flotta russa del Mar Nero nel lontano porto di Novorossijsk, tali mine costituiscono il principale problema per suddette navi; problema non certo teorico, dal momento che si sono avuti vari episodi di danneggiamento delle navi impegnate nell’essenziale esportazione del grano ucraino a seguito di sfortunati impatti con mine vaganti.
Ebbene, nessuno dei menzionati cacciamine è mai giunto a destinazione, dal momento che la Turchia non ne ha consentito l’ingresso in Mar Nero. Ai sensi della famosa Convenzione di Montreux del 1936, infatti, Ankara ha la facoltà di decidere se consentire il passaggio di navi militari attraverso lo Stretto del Bosforo. Essendo le navi britanniche (che erano attese con particolare ansia, perché dotate di un sistema sonar tuttora molto avanzato, nonché di robot subacquei a controllo remoto) “in leasing” agli Ucraini, la posizione turca ha sottolineato come esse ancora appartengano a un Paese non rivierasco e non in guerra. Nulla è stato ufficialmente detto circa la unità olandesi e belghe, queste sì cedute pienamente all’Ucraina, ma visto che ancora giacciono nelle loro ex-Patrie, è probabile che si sia fatto intendere come nessun permesso di passaggio verrà loro accordato. Inoltre, aspetto interessante, La Convenzione di Montreux stabilisce che, qualora sussista uno stato di guerra fra Paesi rivieraschi del Mar Nero non coinvolgente la Turchia, le uniche navi da guerra alle quali è consentito il passaggio sono quelle relative a flotte che le hanno registrate in uno dei porti del Mar Nero. È per questo che le navi da carico russe trasportanti materiale militare tuttora vi operano in relativa libertà.
Qual è dunque il futuro dello sminamento marittimo sul Mar Nero? Probabilmente è destinato a diventare un “affare” principalmente turco, letteralmente parlando. Innanzitutto, Ankara ha sottoscritto un accordo, assieme a Bulgaria e Romania, per la lotta alle mine su detto mare. È assai probabile che la Turchia giocherà un ruolo preminente in tal senso, data la possenza della sua Marina rispetto a quelle degli altri 2 partners. In secondo luogo, la Turchia ha già venduto 2 corvette all’Ucraina (classe ADA, e ribattezzate HETMAN IVAN VYHOVSKYI e HETMAN IVAN MAZEPA), e si vocifera (notizia non confermata) di colloqui per unità cacciamine, sempre di fabbricazione turca. Vedremo come finirà per i cacciamine, mentre le corvette (ordinate nel 2020 con un contratto da circa 400 milioni di dollari) risultano già costruite e impegnate in prove di navigazione e tenuta del mare.
Dal momento che il contratto per le corvette prevedeva l’opzione per altri 2 esemplari, è molto probabile che ai 2 HETMAN verrà alla fine consentito di transitare attraverso il Bosforo. Se sarà cosi, l’Ucraina potrebbe essere tentata, dunque, a vedere i cantieri turchi come gli unici dai quali poter ordinare (perché, a differenza di Olanda, Belgio e Regno Unito, Ankara non dona nulla) nuove unità navali per il futuro della sua flotta.
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