RIVISTA ITALIANA DIFESA
Sea Denial asimmetrico 23/12/2024 | Massimo Annati

La Marina Cinese, meglio nota con la sigla PLA(N), è molto cresciuta in capacità e ora è teoricamente in grado di schierare 3 Carrier Battle Group, oltre a una considerevole flotta di caccia, fregate, sottomarini e navi da sbarco di caratteristiche moderne, tali da non aver nulla da invidiare rispetto a quelli delle Marine NATO.

Ovviamente la superiorità navale statunitense resta ancora nettissima, almeno sulla carta. Quest’ultima precisazione è fondamentale quando si considera che l’US Navy deve operare su tutti i mari del mondo, e non solo nel Pacifico Occidentale. Tuttavia, nessuno si aspetta di assistere, neppure in un qualche tempo futuro indeterminato, a una battaglia navale decisiva come quella di Midway, che segnò l’inizio della riscossa statunitense durante la 2a GM.

La capacità offensiva e difensiva nel teatro di operazioni del Pacifico Occidentale, in particolar modo del Mar Cinese Meridionale, comprende però non soltanto la componente di superficie e subacquea. Quando una nave o un aereo operano in prossimità della costa, infatti, devono tener conto anche dei sistemi antinave e antiaerei basati a terra, che estendono la loro capacità anche sulle acque prospicienti. Bisogna infatti ricordare che il termine “in prossimità della costa” è profondamente cambiato, sia grazie alla crescente capacità di sorveglianza (specialmente dallo Spazio, ma non solo) e di comando e controllo, sia naturalmente per la sempre maggior gittata, precisione e letalità dei sistemi d’arma inseriti in una “kill-chain” altamente informatizzata.

Tradizionalmente, i Paesi che temono un attacco dal mare, e ritengono di non essere in grado di affrontare uno scontro aeronavale, hanno optato per quella che è stata chiamata prima “difesa costiera” e, successivamente capacità A2/AD (Anti Access/Area Denial), ovvero la creazione di vere e proprie “bolle” che rendono difficile e pericoloso l’avvicinamento e minacciano le forze rischierate presso basi avanzate. Per contro, questa situazione ha portato gli Stati Uniti e i loro alleati a cercare una maggior integrazione dei domini operativi (terra, mare, aria, spazio e cyber), per migliorare le capacità expeditionary, non potendo più fare totale affidamento come in passato sulla presenza di basi avanzate nei pressi del possibile teatro d’impiego. A loro volta, le basi, i centri di comando e le strutture logistiche che si trovano nel raggio d’azione di missili da crociera o missili balistici (WEZ, Weapon Employment Zone), sono fortemente a rischio e quindi devono essere protette da sistemi di difesa antiaerei/antimissili (costosi e spesso non disponibili nei numeri che sarebbero necessari), o rischiano di non poter sostenere le attività previste.

La missione iniziale delle forze di difesa costiera era quella, come dice la parola stessa, di proteggere le aree costiere dalla minaccia di operazioni anfibie, o comunque di attacco dal mare (bombardamento controcosta, strike aerei lanciati da portaerei), e più in generale di impedire al nemico di condurre operazioni nelle acque costiere/litoranee; ad esempio, per proteggere i propri campi minati difensivi da operazioni di sminamento, oppure per evitare il minamento offensivo delle rotte d’accesso ai propri porti e basi navali, o per contrastare le forze antisommergibili avversarie in modo da mantenere la libertà di operazioni, e così via.

Possiamo pensare a uno sviluppo in 3 momenti distinti. Inizialmente la semplice difesa, con mine e artiglierie, che poteva dar luogo ai tradizionali “duelli di artiglieria” tra le bocche da fuoco delle navi e quelle delle difese costiere. In un secondo tempo, grazie alla presenza di batterie di missili antinave con gittata di oltre 150 km - quindi analoga a quella dei missili dual-purpose (antinave e controcosta) delle navi, e con portata ben maggiore rispetto alle artiglierie navali - la difesa costiera si è “evoluta” arrivando in alcune situazioni topografiche, a poter svolgere una vera missione di Sea Denial (ad esempio nel Mar Baltico, o nel Golfo Persico), impedendo la libertà di movimento delle navi da guerra e di quelle mercantili. Infine, con la disponibilità di armi con una gittata ancora maggiore, e un adeguato sistema di sorveglianza e targeting, si è arrivati alla svolta A2/AD.

L’articolo completo è pubblicato su RID 01/25, disponibile online e in edicola.

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