RIVISTA ITALIANA DIFESA
Il Bilancio della Difesa 2025: la comfort zone prima di Trump? 23/12/2024 | Pietro Batacchi

Il Bilancio della Difesa 2025 contiene sicuramente delle indicazioni positive. Questo vale soprattutto per le spese di ammodernamento dello strumento militare, che proseguono la loro costante crescita e che godono dei benefici effetti del “fondo relativo all'attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”.

Tuttavia, si tratta di un incremento non certo disruptive, in linea con la crescita degli ultimi 2-3 anni, e che non è sufficiente a raggiungere il “vecchio” obiettivo del 2% del PIL. Diciamo “vecchio” perché con l’arrivo alla Casa Bianca di Trump tale soglia potrebbe essere rivista al rialzo, fino al 2,5%, con conseguenze rilevanti sugli alleati più lenti e riluttanti. Insomma, la Casa Bianca potrebbe metterci ancora più alla frusta sull’onda degli eventi internazionali, e della nuova stagione da Guerra Fredda che si sta profilando all’orizzonte.

L’Italia fa fatica. Lo sappiamo: un po' per i vincoli rappresentati dall’enorme debito pubblico e dalla necessità di contenere le spese, un po' per certi riflessi condizionati e residuati ideologici, è difficile andare a trovare i soldi per quel salto che si dovrebbe fare. Lo abbiamo visto anche dall’ultimo DPP, e da quello prima; francamente è difficile leggere nelle schede di programma (alcune fatte veramente con i piedi!) e nella pianificazione una logica realmente disruptive, in linea con scenari altamente destabilizzanti e sempre più pericolosi, e un qualcosa che ci faccia dire: è vero, siamo in guerra, anche se noi direttamente non combattiamo.

Dunque? Dunque, si rischia. Non nell’immediato, magari, ma nel medio-lungo periodo sì. Pensare che finita l’Ucraina, sempre che nel 2025 finisca tutto, e non è affatto scontato, si torni alla stabilizzazione e alle operazioni di pace, è pura miopia strategica. Il mondo sarà comunque peggiore. Perché sempre più piccolo e assetato (di risorse). Ecco, allora che non ci sono alternative a investire nella Difesa. Un investimento che ha un ritorno non solo in termini di sicurezza, ma anche in termini di resilienza e competitività industriale, e di presidio delle verticali tecnologiche: insomma, un investimento sul futuro e per il futuro. Andiamo a recuperare, allora, un miliardo e mezzo l’anno efficientando il più possibile la burocrazia pubblica – la Difesa da questo punto di vista è un esempio, a differenza di altri Dicasteri – vendiamo immobili, usiamo i fondi della BEI (Banca Europa degli Investimenti), spingiamo alla morte per fare debito pubblico europeo (non si sa perché l’Europa può battere moneta, imporre parametri fiscali, ecc., ma non può emettere debito pubblico). Insomma, occorre da questo punto di vista uno sforzo senza precedenti. Uno sforzo che, come emerge anche da questo bilancio della Difesa, non c’è e non sembra neppure all’orizzonte.

Insomma, l’Italia ha capito che la vacanza strategica è finita, ma continua a muoversi in una comfort zone, una sorta di terra di mezzo, dove comunque è più prudente restare, un po' per non scontentare nessuno, un po' per mancanza di maturità e volontà di guardare in faccia la drammatica realtà che ci circonda. Ma andiamo a vedere quanto e come spenderà la Difesa quest’anno.

L’articolo completo è pubblicato su RID 01/25, disponibile online e in edicola.

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