Azienda oggi controllata dal colosso GE Aerospace, che resta al 100% italiana ed europea nell’anima, Avio Aero si trova di fronte a sfide epocali.
Da una parte, i grandi shock geopolitici, combinati con il lascito della pandemia da COVID 19, dall’altra, i grandi programmi come il GCAP e la nuova stagione del caccia Eurofighter TYPHOON, senza dimenticare il programma per il motore CATALYST. Insomma, l’occasione ci sembrava propizia per un “salto” a Rivalta di Torino, sede dell’headquarter dell’azienda, per 2 chiacchiere con l’AD, l’Ing. Riccardo Procacci, con il quale abbiamo fatto il punto sullo stato attuale e le prospettive di Avio Aero, un vero e proprio gioiellino dell’aerospazio.
- Quali sono le prospettive industriali di Avio Aero, alla luce della la nascita di GE Aerospace e la successiva quotazione in Borsa della stessa GE Aerospace?
Oggi Avio Aero è un player globale e direi fondamentale nel campo dell’industria aerospaziale. Siamo presenti in tantissimi programmi civili, l’80% degli aerei commerciali vola con parti di nostra progettazione e produzione, siamo trasversali, basti pensare alla nostra partnership con Pratt & Withey, e abbiamo pure un business rilevante in grandi iniziative militari europee: dall’Eurofighter TYPHOON, al GCAP, passando per l’EURODRONE. Un risultato straordinario figlio della nostra storia e di investimenti che ci siamo pagati da soli. Certo, per venire più nello specifico alla sua domanda, il fatto di appartenere ad un colosso come GE Aerospace ci dà maggiori garanzie e rende le nostre spalle più larghe; allo stesso tempo, però, oggi dobbiamo per così dire essere ancor più bravi considerando che la nostra incidenza sui risultati della capogruppo è aumentata in maniera sostanziale. Avio Aero ha ricavi per 1,7 miliardi di euro, a fronte di ricavi di GE Aerospace di circa 30 miliardi, e, dunque, un’incidenza e una rilevanza in termini percentuali maggiore, laddove, prima dello spinoff, GE aveva ricavi per molto più del doppio e i numeri di Avio Aero erano così più “diluiti”.
- Ecco, ci spieghi bene cosa significa tutto questo?
Significa che Avio Aero influenza direttamente i risultati dell’azienda, con tutto ciò che ne consegue in termini gestionali e organizzativi. Vede, oggi come Avio Aero dobbiamo essere capaci di fare delle previsioni in termini di profitti e fatturato molto accurate, al punto che a volte fare di più può essere un problema tanto quanto fare di meno, rispetto alla previsione. Ma questa necessità di accuratezza si lega strettamente alle nostre capacità di saper gestire in maniera rigorosa le operazioni, ovvero di saper attentamente controllare l’output e la qualità del processo dei nostri stabilimenti e dei nostri fornitori.
- A proposito di supply chain, dal suo osservatorio privilegiato vede ancora l’onda lunga legata ai grandi shock degli ultimi anni?
Quello che è accaduto – dal COVID, alla Guerra in Ucraina, senza dimenticare la permanente tensione in Asia-Pacifico – ha avuto un impatto notevole sulla catena globale di fornitura – forgiata nei primi anni ‘2000 sul “sogno” della globalizzazione perfetta - ed ha obbligato ad introdurre tutta una serie di correttivi ormai ampiamente noti: accorciamento, regionalizzazione, diversificazione, ecc. C’è da dire, però, che anche l’industria aerospaziale ci ha messo del suo, se è vero, come è vero, che nel pieno della pandemia negli Stati Uniti sono stati licenziati il 23% degli addetti, con una perdita rilevante in termini di capacità e skills; una perdita di “soft capacity”, ovvero di personale, che richiede poi tempo per essere riassorbita. Ciò ha non solo creato un problema con i nostri fornitori americani ma anche con i piccoli fornitori italiani che, molto spesso, per resistere alle difficoltà finanziarie, non avevano altra scelta se non ridurre gli organici, con la conseguente “fatica” nel riallineamento.
- Come avete risposto?
Prima di tutto vorrei ricordare con orgoglio che, invece, Avio Aero come azienda europea e italiana, grazie allo strumento della cassa integrazione attivato per rispondere alla pandemia da COVID-19, ha potuto evitare di ricorrere ai licenziamenti. Non abbiamo, dunque, avuto perdite di “soft capacity”e ciò ha permesso successivamente di raccogliere i frutti e di non subire shock. È chiaro che abbiamo anche le spalle larghe e una grande disponibilità di cassa, e così siamo stati ancor più vicini ai nostri fornitori, mettendoli in condizioni di lavorare e dando loro certezze e prospettive, visibilità sul futuro, e prendendo impegni che permettessero di pianificare gli investimenti.
- Veniamo ai programmi e partiamo ovviamente dal GCAP. A che punto siamo per ciò che concerne la componente propulsiva?
È una sfida e un programma molto complesso, anche perché c’è una componente di apprendimento culturale non banale. Detto questo, siamo molto avanti, non c’è dubbio: il modo in cui operiamo assieme ai nostri partner di Rolls Royce e IHI è stato in principio definito, così come l'architettura generale del sistema propulsivo e, grosso modo, anche il workshare, che riconosce competenze specifiche e non vede nessuna delle aziende prevalere sulle altre. Gli scopi di fornitura, pertanto, stanno convergendo sulla prevista, ed equa, ripartizione delle attività con un’ampia soddisfazione per Avio Aero.
- Ci può dare qualche dettaglio in più sul workshare...?
Al momento i dettagli sono coperti da segretezza, ma posso dire che la nostra quota di workshare industriale verrà raggiunta senza un’eccessiva frammentazione della fornitura, ovvero senza fare uno “spezzatino” che dopo sarebbe molto difficile da gestire.
- Veniamo all'EJ-200, che sta beneficiando della “seconda giovinezza” dell’Eurofighter TYPHOON con i recenti nuovi e ordini e quelli che potrebbero arrivare anche a breve. C’è in prospettiva un upgrade, tenendo conto anche della Long Term Evolution strategyy del caccia?
Al momento non c’è un requisito per la modifica dell’EJ-200; un motore che si sta dimostrando al top in quanto a prestazioni e affidabilità. C’è però la prospettiva concreta della produzione di centinaia di nuovi esemplari, in relazione ai recenti ordini del caccia ai quali lei faceva riferimento. Una grande sfida per vincere la quale stiamo già rivedendo la catena dei fornitori e cercando di capire come potenziarla. Una supply chain che fino a poco tempo fa pensavamo andasse ad esaurirsi e che invece adesso ci troviamo a dover migliorare e rafforzare. Stiamo, dunque, lavorando ad un piano di espansione; il che è una bellissima notizia da un punto di vista industriale.
L'intervista integrale a Riccardo Procacci è pubblicata su RID 12/24 disponibile online e in edicola.
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