RIVISTA ITALIANA DIFESA
Iraq: missili contro i tank-bomba 09/06/2015 | Giuliano Da Frè

Aver dipinto i miliziani dell’ISIL (il “califfato nero” sorto a cavallo della frontiera siro-irachena tracciata dalla Grande Guerra) come dei fanatici assassini, rischia di distrarre l’attenzione da un inquietante dato di fatto. Nelle fila di Al-Bagdadi, infatti, si è creato uno dei più vivaci amalgama militari dai tempi della Rivoluzione francese. Ai veterani della “vecchia guardia” sunnita del rais iracheno Saddam Hussein, gente che si era fatta 4 guerre in 20 anni, per poi infischiarsene del “missione compiuta” di Bush Junior del 2003, si sono infatti mescolati ex professionisti siriani passati alla lotta contro Assad (ed eredi delle esperienze militari accumulate combattendo contro Israele), e guerriglieri reduci da cento fronti di guerra jihadista, dall’Algeria all’Afghanistan. Fanatici fin che si vuole, e sicuramente lo sono: ma anche esperti dei mille trucchi delle guerre simmetriche e asimmetriche: volendo fare un paragone storico, viene in mente Arminio, che spazzò via i romani dalla Germania sterminando 3 legioni a Teutoburgo dopo aver militato con esse in Pannonia, e ben conoscendone pregi e difetti. Con questo retroterra, l’ultimo coniglio tattico ad essere uscito dal turbante dei califfi, sono gli attacchi lanciati contro postazioni difensive tradizionali (trincee e terrapieni di sacchi di sabbia conditi di nidi di mitragliatrici, induriti da tank e APC e sorretti da batterie d’artiglieria più arretrate) preceduti da veicoli corazzati, cingolati o ruotati, imbottiti di esplosivo e trasformati in mezzi-bomba ad altissimo potenziale d’urto, cinetico e deflagrante. L’idea coniuga vecchie tattiche (come diversivo e sfondamento) e metodologie sperimentate – il veicolo bomba suicida – impiegando però i nuovi mezzi “simmetrici” di cui ISIL dispone, perché strappati alla Siria, o per gentile concessione del “fu” Esercito regolare iracheno. Materiale spesso “made in USA”, anche se tra i mezzi-suicidi privilegiati dagli strateghi del Califfato ci sono i vecchi BMP ex sovietici, di difficile mantenimento anche per forze più regolari; ma si parla anche di HUMVEE e carri T-55 trasformati in bombe semoventi (una tattica di cui RID parla da anni ma che, evidentemente, finora era passata inosservata...).

Per ovviare alla nuova minaccia, che è già costata alle forze governative irachene e siriane diverse località strategiche, ultime Ramadi e Palmira, il Pentagono ha annunciato l’invio di 1.000 sistemi controcarro leggeri Saab Bofors Dynamics AT-4, cifra poi raddoppiata pochi giorni dopo, con un comunicato che confermava anche la partenza del primo lotto di esemplari. Il sistema d’arma prescelto è infatti il lanciarazzi leggero monouso (giusto per evitare di vederselo rivoltare contro) sviluppato dalla svedese Saab negli anni ’80, e adottato dallo US Army nel 1987 come Lightweight Multipurpose Weapon M136. Leggero, a un tempo sofisticato e di facile impiego, l’AT-4 può contare su diversi tipi di munizione e avanzati sistemi di puntamento, sia per l’impiego contro bunker e in ambito urbano, sia con proiettili HEAT e HP accreditati di una capacità di penetrazione di 400-600 mm: letale tanto per i BMP che per i tank più vecchi. Sempre che gli uomini del Califfo nero non trasformino in carri-suicidi gli ABRAMS catturati, il modello tattico in cui gli AT-4 dovrebbero integrarsi sono piccole squadre di lanciatori/osservatori, con un nucleo di fanti di copertura, destinate a dare la caccia ai mezzi-suicidi dell’ISIL in avvicinamento alle postazioni difensive, che verrebbero poi coperte da reparti dotati di altre armi anticarro più pesanti e meno mobili o sofisticate: non va infatti dimenticato che in questi mesi le forze regolari e le milizie governative irachene e curde hanno ricevuto vari sistemi d’arma, da vecchi cannoni senza rinculo e RPG di diversa provenienza, ai surplus di TOW e MILAN ex NATO.

 


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