
Nella notte tra il 16 e il 17 di ottobre, gli Stati Uniti hanno condotto una serie di attacchi di precisione contro 5 depositi sotterranei di armi degli Houthi nello Yemen occidentale. Questi depositi contenevano missili, componentistica e munizioni utilizzati da Ansarallah per interdire il traffico marittimo nel Mar Rosso meridionale, nello Stretto di Bab-el-Mandeb e nel Golfo di Aden.
Nel comunicato del CENTCOM rilasciato nella notte si legge che, oltre a unità navali dell’US Navy, nel corso dell’attacco sono stati impiegati anche alcuni B-2 SPIRIT, i bombardieri strategici stealth dell’USAF. Incrociando diverse informazioni, e stando alle dichiarazioni ufficiali di Washington, l’ultima volta che i B-2 erano stati utilizzati risale al gennaio del 2017, quando l’USAF bombardò un campo di addestramento dell’ISIS collocato nei pressi della città costiera di Sirte, in Libia. In quest’occasione, erano stati impiegati 2 bombardieri del 509o Stormo Bombardieri dell’USAF (509th Bomb Wing).
Per ciò che concerne l’attacco della notte scorsa, non si hanno, al momento, informazioni precise relative al numero di velivoli utilizzati (nel comunicato si parla di “bombers”, al plurale), al tipo di armi impiegate, né è possibile affermare con certezza da quale base siano partiti i bombardieri. Per ora, si è appreso che la missione dovrebbe essere stata effettuata da B-2 appartenenti al 13o Bomb Squadron del 509o Bomb Wing, di stanza presso la Base USAF di Whiteman nel Missouri.
Il Segretario alla Difesa USA, Lloyd Austin, ha dichiarato che gli obiettivi dell’attacco – come si accennava – sono stati 5 depositi di armi sotterranei “induriti” e ha sottolineato la capacità degli Stati Uniti di “raggiungere qualsiasi obiettivo, quando necessario, sempre e ovunque” e che quello che è avvenuto stanotte è una “dimostrazione unica dell’abilità delle forze statunitensi di colpire le strutture che i nostri avversari cercano di tenere fuori dalla nostra portata, a prescindere da quanto siano profondamente sepolte nel sottosuolo, o fortificate”. Implicitamente, Austin si riferisce alla capacità dei B-2 SPIRIT di impiegare le MOP (Massive Ordnance Penetrator) GBU-57, ossia delle bombe bunker buster capaci di penetrare, secondo diverse stime tecniche, anche più di 100 piedi (30 m) nel terreno prima di esplodere. Non si conosce esattamente il numero di GBU-57 di cui dispongono gli USA; secondo alcune informazioni, si tratterebbe di una ventina di ordigni.
Indipendentemente dall’armamento effettivamente utilizzato – alcune fonti suggeriscono l'impiego di bombe Mk-84 da 2.000 libbre (907 kg) equipaggiate con kit JDAM, sebbene al momento non sia possibile confermarlo – è evidente che un attacco contro un avversario come gli Houthi, dotato di una difesa contraerea sostanzialmente rudimentale (in grado però di abbattere diversi UAV MQ-9 americani, almeno 6 dall’inizio delle ostilità), non giustifica l'uso di mezzi caratterizzati da un costo operativo ingente (su un Report del GAO, il United States Government Accountability Office, pubblicato nel novembre del 2022, si legge che il costo per un’ora di volo del B-2 ammonta a circa 150.000 dollari). Un'operazione di questo genere sembra, piuttosto, mirata a inviare un messaggio chiaro a un destinatario ben preciso, l’Iran, proprio in un contesto in cui c’è grande attesa per la rappresaglia israeliana all’attacco effettuato dalla Repubblica Islamica lo scorso 1o di ottobre, nell’ambito della quale gli Stati Uniti si sono detti pronti a fornire il supporto necessario all’alleato. In questo contesto, l’impiego dei B-2 – e del relativo armamento – potrebbe essere essenziale contro i siti di comando e controllo iraniani, nonché contro i depositi di stoccaggio di missili (come i missili balistici utilizzati nell’attacco di 2 settimane fa), situati in profondità nel sottosuolo iraniano, tra le montagne. Ma, soprattutto, ordigni come le GBU-57 sarebbero efficaci contro le infrastrutture sotterranee riconducibili al programma nucleare (come quelle di Fordow, Isfahan e Natanz, solo per citarne alcune). Tuttavia, relativamente a questo punto, l’amministrazione Biden ha più volte dichiarato di non ritenere che il programma nucleare di Teheran debba essere colpito.
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