A circa di 24 ore dall’attacco di Teheran contro Israele si può procedere ad una prima valutazione delle modalità e dello svolgimento del raid, in base agli elementi finora emersi.
Sistemi impiegati
L’attacco è partito da 9 diversi siti missilistici situati nelle aree di Tehran, Isfahan, Tabriz, Shiraz, Khorramabad, Arak, Najafabad, Karaj e Kermanshah ed è stato effettuato in 2 ondate che hanno incluso un numero variabile tra i 180 e i 200 missili balistici a raggio medio/intermedio DEZFUL, EMAD, QADR-2F/H, KHEYBAR-SHEKAN-1/2 e FATTAH, sebbene l’esatta identificazione tra KS-2 e FATTAH-1 sia estremamente ardua, tenuto conto della quasi identica struttura e della condivisione del booster. I siti di lancio e i numeri sono identici o quasi al raid dello scorso aprile. Anche in questo caso, la stragrande maggioranza dei vettori utilizzati era costituita da sistemi “vecchi” che si avvicinavano alla fine della loro vita operativa, come gli EMAD o i QADR-1 che rappresentano, fondamentalmente, SHAHAB-3 prodotti tra la fine degli anni 90 e i primi 2000, e aggiornati con sistema di guida migliorati e nuovi veicoli di rientro. Rispetto all’attacco di aprile, tuttavia, ieri c’è stato un maggior utilizzo di sistemi di ultima generazione e maggiormente “pregiati”, quali i QADR-2F/H (foto), dotati di nuove MaRV (veicoli di rientro basate che trasportano testate multiple indipendenti capaci di modificare il proprio percorso in quota, ognuna equipaggiata con nuovo sistema di guida per la fase terminale), KHEIBAR-SHEKAN e dell’ipersonico FATTAH, seppur affiancati da alcune decine di EMAD e QADR-1 che, in questo caso, sono stati fondamentalmente impiegati come esche per saturare le difese israeliane.
Gli obbiettivi
Esattamente come lo scorso aprile, gli obiettivi iraniani erano di natura militare o infrastrutturale. Relativamente a quest’ultimo punto, almeno un paio di missili/testate hanno colpito una piattaforma gasifera nel Mediterraneo, al largo di Ashkelon. Per quanto concerne le infrastrutture militari, sono state certamente colpite le 2 basi aeree di Tel Nof - che ospita 2 squadroni di caccia F-15C/D BAZ, un reparto elicotteristico su CH-53 e un’unità manutentiva - e di Nevatim, sede di 3 squadroni di cacciabombardieri F-35I ADIR, di altrettanti squadroni di aerocisterne/velivoli da trasporto KC-707 e C-130 e di un reparto di velivoli G550. Secondo fonti ufficiali delle IDF, nessun aereo è stato danneggiato nell'attacco - anche perché probabilmente il grosso dei velivoli era stato fatto decollare preventivamente, o rischierato su basi secondarie - né lo sono stati depositi di munizioni o infrastrutture critiche. Tutti gli impatti dei missili nelle basi aeree israeliane sono stati definiti come "inefficaci", il che significa che non è stato causato alcun danno alle operazioni dell’Aeronautica, effettivamente proseguite anche oggi. Per quanto ciò sia vero, tuttavia, va detto che è prassi israeliana consolidata quella di minimizzare i danni subiti in occasione di attacchi nemici. Di fatto, dall’analisi dei video si registrano chiaramente 15 e 12 impatti, rispettivamente tra Nevatim e Tel Nof, con annesse esplosioni secondarie. Per cui è molto probabile che alcune aree delle suddette basi (piazzole di parcheggio, hangar, vie di rullaggio, aree manutentive, uffici) siano state colpite, così come alcuni sistemi di difesa aerea (radar e/o lanciatori) in altre aree del Paese ebraico. Inoltre, almeno 2 missili sono caduti a pochi metri da alcuni degli edifici utilizzati dal Mossad - e in particolare del quartier generale Ramat Hasharon, sede dall’Unità 8200 SIGINT - situati nella zona di Gillot (periferia di Tel Aviv), ma anche nei pressi di rischieramenti di mezzi israeliani al confine con il Libano e sulla Striscia di Gaza.
La difesa israeliana
Dai video che girano in rete, appare evidente che molti dei missili iraniani non siano stati intercettati dalle difese israeliane e alleate. Ciò, tuttavia, non implica necessariamente che ognuno di questi ordigni abbia colpito un obiettivo sensibile. Trattandosi di un attacco di saturazione, gli israeliani hanno selezionato, grazie all’elaborazione delle traiettorie effettuata dai sistemi di tracciamento della propria rete antibalistica HOMA (che include sensori degli ARROW 2/3 e della DAVID’S SLING), o della rete di sorveglianza statunitense (vedi sistema spaziale a infrarossi SBIRS progettato per il monitoraggio di missili balistici, o i 2 radar TPY-2 rischierati in Israele e Turchia), quali missili abbattere (quelli diretti su obiettivi ad alto valore strategico) e quali lasciar “passare”, anche a costo di sacrificare fabbriche, fattorie e persino alcune infrastrutture energetiche o centri semi-abitati.
Rispetto al suddetto totale di 180/200 missili, al netto dei 15/20 vettori distrutti in fase di lancio o finiti fuori rotta (Giordania, Siria e nello stesso Iran), circa 170 hanno raggiunto Israele che afferma di averne abbattuti il 75/80%, cifra che dovrebbe includere anche gli intercetti effettuati dagli alleati. Questi ultimi, in particolare, sono rappresentati dagli USA, con 2 dei 3 cacciatorpediniere classe ARLEIGH BURKE – COLE e BULKELEY – posizionati in Mediterraneo Orientale che hanno lanciato 12 missili SM-3, le batterie americane e giordane di sistemi PATRIOT PAC-2/3 (quelle giordane attivate solo per i missili entrati o diretti verso lo spazio aereo nazionale). Se si prendono per buone tali cifre, vuol dire che tra i 35 e i 40 missili iraniani non sono stati intercettati e, anche tenendo presente quanto detto sulla porzione di vettori diretti su zone ritenute “sacrificabili”, almeno la metà dovrebbe aver raggiunto gli obiettivi menzionati.
Quale risposta?
Come annunciato da Netanyahu, la risposta israeliana ci sarà e sarà dura e a stretto giro. La risposta più probabile dovrebbe consistere nell’eliminazione dei siti missilistici fissi e mobili (questi ultimi con adeguata IMINT) da cui sono partiti gli attacchi, o quantomeno del loro danneggiamento considerando che in alcuni casi si tratta di postazioni sotterranee, di sistemi di difesa aerea (radar, anche di allerta precoce, e lanciatori) e di infrastrutture energetiche, mentre sono improbabili azioni volte a disabilitare/degradare le capacità nucleari iraniane in via di sviluppo presso i siti di Fordow, Isfahan e Natanz, a meno di non voler portare lo scontro ad un livello drammaticamente superiore. Forse proprio in vista di un’incursione aero missilistica, nella notte tra 30 settembre e 1° ottobre, l’Aeronautica israeliana ha eseguito una serie di attacchi contro 4 postazioni radar e missilistiche situate in Siria orientale (Izra e Sanamayn, situate ad est di Daraa e, ad ovest di Suwayda, Thaalah e Tell Kharouf).
L’articolo completo sarà pubblicato su Risk&Strategy WEEKLY 33/24 in uscita venerdì 4 ottobre.