Con la pubblicazione dell’attesissima Review indipendente sulle necessità della Marina Australiana, si è chiusa una fase di incertezza e di infinite speculazioni politiche e giornalistiche. Ora sappiamo quali sono i piani ufficiali e negli ultimi mesi si sono mossi alcuni passi importanti per diversi programmi chiave. Alla Marina è stato riconosciuto un ruolo primario, sostenuto da un’importante iniezione di nuovi fondi, che però non hanno evitato alcuni tagli.
La Defence Strategic Review (DSR) del 2023 aveva già identificato il ruolo chiave della Marina; inevitabilmente, vista la geografia australiana e la dipendenza della sua economia dalle linee di comunicazione marittime. La Review aveva quindi identificato la necessità di “potenziare la letalità” della flotta di superficie a sostegno della futura, determinante, componente subacquea di SSN da costruire in ambito AUKUS.
A seguito della DSR è stata quindi avviata la famigerata Review indipendente sul futuro della Marina, un procedimento affidato al Vice Ammiraglio in ritiro William Hilarides, non un australiano ma un ex ufficiale dell’US Navy.
Hilarides è stato affiancato dall’ex-Segretario del Dipartimento australiano delle Finanze, Rosemary Huxtable, e dall’ex-Comandante della Flotta, Vice Ammiraglio Stuard Mayer.
Compito principale di questo team è stato definire un piano per creare una 2-tier fleet che consentisse, nei limiti imposti dalle possibilità di spesa australiane, una flotta più grande e “più letale”.
Per mesi, fonti di stampa e commentatori più o meno qualificati ci hanno raccontato che il parametro chiave di questo aumento di letalità fosse un incremento del numero di celle di lancio verticali per missili, generando tante fantasie su “corvettoni” stracarichi di VLS.
Ora, finalmente, possiamo liberarci di equivoci e pettegolezzi e fare il punto sulla reale situazione della Royal Australian Navy (RAN) e dei suoi piani. Alla Marina andranno 11,1 miliardi di dollari australiani (circa 6,7 miliardi di euro) in più lungo il corso del decennio e questi nuovi fondi, insieme ad altro denaro recuperato modificando progetti esistenti, dovranno consentire prima di tutto l’acquisto di 11 fregate “general purpose” (Tier 2), leggere e relativamente economiche, per realizzare l’espansione numerica della flotta.
I sacrifici da affrontare, nonostante l’iniezione di fondi, sono significativi: le fregate Tier 1 classe HUNTER saranno 6 e non 9; il programma per il rinnovo della componente contromisure mine è stato cancellato; la flotta di superficie subirà una contrazione a breve termine per effetto della cancellazione dei piani per un’ulteriore estensione della vita operativa delle fregate classe ANZAC. Inoltre, è stato anche cancellato il progetto SEA 2200 che avrebbe dovuto portare all’acquisizione di 2 Joint Logistic Ships da 16.500 t. Queste 2 unità logistiche, che avrebbero combinato capacità da rifornitore e Ro-Ro per il trasporto di materiale durante le operazioni anfibie, avrebbero fra l’altro assicurato un successore all’attuale LSD (Landing Ship Dock) HMAS CHOULES, ex RFA LARGS BAY britannica (comprata di seconda mano dopo i tagli alla Difesa di Londra nel 2010-11).
Le fregate Tier 2 non porteranno ad un incremento dei VLS, specie se per “VLS” pensiamo a pozzi occupati da missili da difesa aerea di grandi capacità e/o missili da attacco contro-costa. Le Tier 2 avranno 16 celle e missili aria-aria solo a corto raggio, per cui da questo punto di vista non è un gran guadagno. Conteggiando tutte e 11 le navi come un unicum, sì, tecnicamente il numero di celle aumenta (176 a fronte di 96 sulle 3 HUNTER cancellate), ma non è un confronto realistico.
Per un reale aumento della letalità si guarda piuttosto a 6 navi-arsenale con poco o nessun equipaggio a bordo, che facciano da “riserva munizioni” per HOBART e HUNTER, armate con missili ad alte prestazioni con targeting e cueing svolto principalmente dalle unità Tier 1 che le accompagneranno.
L'articolo completo, con tutti i dettagli, è pubblicato su RID 10/24 disponibile online e in edicola.
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