Negli attuali scenari navali è necessario predisporsi sempre più ad operare in maniera distribuita. Questo ormai è un assunto, lo sappiamo, determinato da un profilo di minaccia decisamente elevato, vuoi per le capacità acquisite da alcune potenze statali, vuoi per la diffusione orizzontale di talune tecnologie presso attori non statuali/irregolari.
Raggruppare tutte le uova in un solo paniere, o pochi panieri, è troppo rischioso: basti vedere le “sberle” che la Flotta russa del Mar Nero ha preso da barchini kamikaze e missili ucraini. Certo, questo è un caso limite, ma è un dato di fatto che il proliferare di taluni sistemi e capacità costituisca ormai un pericolo per navi grandi e, diciamo, convenzionali. Ragion per cui meglio diradare i dispositivi e distribuire le capacità su poche navi “tradizionali” e su una molteplicità di navi che possiamo ritenere “non convenzionali”.
L’US Navy da tempo sta sperimentando una flotta di imbarcazioni non pilotate, o a bassissimo pilotaggio – con un budget complessivo per l’anno fiscale 2025 di quasi 250 milioni di dollari – ma anche la nostra Marina Militare dovrebbe seriamente iniziare a muoversi nella stessa direzione. Non per imitare l’US Navy, ma perché è lo scenario che ti porta a ciò: il Mediterraneo ha ormai un pendolo della minaccia che oscilla dall’ibrido al convenzionale puro, e la stessa partecipazione a missioni nell’Asia-Pacifico – che anche per il futuro deve essere considerata una costante della nostra politica estera e difesa – non può essere fatta solo con il classico gruppo portaerei.
Occorre adattarsi e rimodularsi di conseguenza. Unità non pilotate, o a bassissimo pilotaggio, da 400-2.000 t costituirebbero anche per la MM un complemento e un de-moltiplicatiore ideali per le unità di prima linea; complemento su cui andare a collocare capacità di diverso tipo. Per esempio, capacità missilistica - antiaerea, antinave o land attack - ma anche capacità di sorveglianza e acquisizione obbiettivi (ISTAR) o di guerra elettronica. Una fregata classica, per esempio, potrebbe rimanere fuori dalla portata del “firing complex” dell’avversario, coordinando, però, un paio, o più, unità unmanned e delegando a queste lo svolgimento di una missione, o di un pezzo di missione. Ma le unità non pilotate potrebbe essere comandate in remoto anche da basi discrete o hotspot all’estero.
Nella nostra flotta non convenzionale ideale rientrano anche i mercantili, intesi in questo caso come unità di opportunità per le operazioni delle forze speciali e della fanteria di Marina, ma anche per le operazioni con droni. Un mercantile può essere in breve tempo riconfigurato in modalità Ro-Ro con container equipaggiati con stazioni di controllo dei droni, lanciatori per droni e loitering muntions, equipaggiamento per il jamming, e così via. Una nave d’opportunità, appunto, ideale per muoversi nelle “grey zone” . A nostro avviso la Marina dovrebbe veramente considerare delle opzioni non convenzionali come queste individuando e realizzando dei test bed per l’addestramento e una valutazione operativa, e sviluppando poi un CONOPS (Concept Of Operations).
Ovviamente si tratta di idee, ma viviamo un momento storico che necessita di idee, meglio se non ortodosse.
Ulteriori dettagli sui prossimi numeri di RID.
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