Dopo la strage di bambini nel Golan druso occupato da Israele, causata da un razzo pesante di Hezbollah, lo Stato ebraico sta valutando il da farsi.
Il Premier Netanyahu ha parlato di risposta dura lasciando presagire più scenari, tra i quali anche una possibile invasione del Libano meridionale. In ogni caso, già negli ultimi 2 giorni l’Aeronautica Israeliana ha intensificato gli attacchi contro obbiettivi di Hezbollah in tutto il Libano: sono stati colpiti depositi, strutture di diverso tipo e obbiettivi ad alto valore, ovvero strike mirati contro comandanti del gruppo. Un’opzione potrebbe essere, dunque, quella di una campagna aerea ad alta intensità e di lunga durata contro l'infrastruttura militare e logistica di Hezbollah in tutto il Paese, Beirut sud compresa, e nelle aree di confine (Siria). Ricordiamo che finora i 2 contendenti si sono affrontati entro il perimetro di un conflitto a bassa intensità, evitando di superare determinate soglie e mantenendo le rispettive azioni nell’alveo della prevedibilità. Israele ha potuto così tenere sotto pressione il Partito di Dio che, a sua volta, ha circoscritto i suoi attacchi alla fascia nord dello Stato ebraico conservando il suo strategico arsenale di razzi e missili.
Tuttavia, per Israele resta il grave problema di fondo di non poter consentire ancora il reinsediamento delle migliaia di cittadini sfollati dalle cittadine e dai villaggi del nord. Una situazione che, come più volte sottolineato dalla leadership di Tel Aviv, o cambia per via diplomatica o cambia manu militari. Da qui la tentazione di giocare la carta dell’escalation e dell’invasione. Un’opzione altamente rischiosa e costosa, che però Israele da tempo sta prendendo in seria considerazione e che probabilmente non è stata ancora attuata solo per via del ritardo con il quale si stanno trascinando le operazioni a Gaza.
Attualmente le IDF dovrebbero avere pronte per un'eventuale azione in Libano 7-8 brigate, ancora insufficienti per fare sul serio la guerra ad Hezbollah. Quest’ultimo nel corso degli ultimi 20 anni si è dato un'infrastruttura militare e logistica estremamente articolata e ridondata, che gode del retroterra “sicuro” siriano e che si sviluppa abbondantemente anche a nord del fiume Litani, dalla Bekaa allo Chouf. Ma è l’esperienza del coinvolgimento nella guerra civile siriana, che ha reso oggi Hezbollah una realtà completamente diversa da quella della guerra con Israele del 2006. Oggi il Partito di Dio ha un’organizzazione paragonabile a quella di un Esercito regolare, estremamente versatile e duttile, ovvero capace di operare in più ambienti - da quello urbano a quello montuoso. Notevoli progressi sono stati compiuti, in particolare, nel comando e controllo, con la capacità di manovrare sul terreno fino al livello brigata, e nell’impiego coordinato di unità corazzate/meccanizzate e di fanteria/forze speciali. Senza dimenticare il coordinamento aria-terra nelle azioni di attacco e supporto di fuoco, una competenza quest’ultima acquisita e sviluppata grazie all’assistenza degli operatori Spetsnaz russi, al fianco dei quali i “soldati” di Hezbollah da anni combattono in Siria.
Certo, Israele ha fatto sicuramente tesoro delle lezioni apprese con la Guerra del 2006 – con diverse lacune evidenziate da una successiva commissione d’inchiesta, lacune poi attentamente analizzate dallo Stato Maggiore – ma la sua è una macchina bellica, per quanto tecnologica e avanzata, che ha pur sempre bisogno di “fare presto” per evitare l’eccessivo impegno/impiego dei riservisti che, anche come evidenziato dalle operazioni a Gaza, non è ottimale e pesa sull’economia del Paese. E questo, unitamente ad un fronte interno tutt’altro che compatto, potrebbe far desistere anche il falco dei falchi Bibi Netanyahu.
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