Nella fase di concezione di un velivolo da combattimento, uno dei problemi che il progettista deve affrontare - alla luce dei requisiti operativi da soddisfare - è quello dell’ala.
Una scelta, quella dell’ala, che coinvolge i suoi parametri geometrici - forma in pianta, superficie in rapporto al peso dell’aereo, quindi carico alare, allungamento, profili, spessori relativi lungo l’apertura, ecc. - e che è tra le più difficili essendo frutto di compromessi fra numerose esigenze, spesso anche contrastanti. Le scelte da compiere sono relativamente più facili quando l’aereo è destinato a un ruolo preciso, poiché le condizioni in cui esso si troverà a operare sono ben definite e, soprattutto, meno mutevoli rispetto a ciò che accade ad un aereo da combattimento multiruolo. Tuttavia, dato che da molti anni si assiste allo sviluppo di aerei multiruolo a discapito della realizzazione di velivoli specializzati, la scelta dell’ala a freccia variabile potrebbe rappresentare la soluzione ideale per soddisfare tali requisiti. Un’osservazione analoga si potrebbe applicare anche nel caso in cui si stia sviluppando un velivolo specializzato in un ruolo principale, in grado però di svolgere discretamente bene anche altri ruoli non prioritari.
Come detto, in alcuni casi la scelta dell’ala può essere relativamente “semplice”. Pensiamo ai velivoli commerciali: si tratta di velivoli destinati a volare in regime di crociera a date quote e velocità. Ovviamente tali velivoli sono dotati di ala progettata per funzionare al meglio in tali condizioni: esiste quindi una condizione di progetto (un “punto” di progetto) ben definita, nella quale l’ala “lavora in maniera ottimale”.
Invece, nel caso di un caccia da superiorità aerea, e ancora di più per un multiruolo, la variabilità dell’inviluppo di volo, delle condizioni di volo che dovrà coprire e delle situazioni nelle quali sarà chiamato a operare rendono estremamente complessa la scelta della formula alare da adottare.
A ciò si sovrappongono poi altri requisiti che, pur non riguardando prestazioni di volo “fondamentali”, ne influenzano comunque la configurazione. Ci riferiamo, per esempio, alle capacità di operare (decollo e atterraggio) da piste corte, capacità necessarie per esempio nel caso di danneggiamento da parte del nemico. Un problema, quest’ultimo, che la Guerra in Ucraina ha riportato in evidenza, almeno in Occidente, dopo un periodo di “oblio” legato alla fine della Guerra Fredda (in realtà il tema in alcune Aeronautiche europee è rimasto ben presente, ricordiamo per esempio l’acquisizione dell’F-35B STOVL da parte dell’AM: NdR).
A proposito di Guerra Fredda, un’altra tematica tipica degli anni ‘60, ‘70 e ‘80, è stata quella del volo a bassissima quota e ad alta velocità, capacità richiesta a tutti i velivoli da penetrazione e attacco di quel periodo, in quanto considerato il profilo di missione fondamentale per poter (sperare di) superare le difese aeree dell’epoca.
Oggi questo genere di profili di missione sono probabilmente considerati meno essenziali, anche se lo Scrivente ritiene che non siano poi effettivamente superati.
L’articolo completo è pubblicato su RID 8/24, disponibile online e in edicola!
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