RIVISTA ITALIANA DIFESA
CeSI e Marina Militare stimolano il dibattito sulla rilevanza del (quasi) dominio subacqueo 20/06/2024 | Andrea Mottola

Lo scorso 18 giugno si è svolta, presso il Circolo Sottufficiali della Marina Militare di Roma, l’interessante conferenza sulla dimensione subacquea e sul dominio sottomarino organizzata dal Centro Studi Internazionali, in collaborazione con la Marina Militare ed il MAECI.

 

L’evento e gli ospiti

La conferenza si è aperta con un doveroso e sentito ricordo del Gen. Claudio Graziano da parte del Presidente del CeSI Andrea Margelletti e dell’Amm. Enrico Credendino, Capo di Stato Maggiore della Marina Militare. Nei loro interventi introduttivi è stato evidenziato come nell’ambito subacqueo “non ci si può aspettare il multilateralismo ad ogni costo: chi prima arriva, meglio alloggia, soprattutto in chiave di approvvigionamento delle enormi risorse sottomarine” che rappresentano un elemento fondamentale dell’interesse nazionale italiano, “non esclusivamente limitato al Mediterraneo”, come ricordato da Margelletti. Lo stesso Presidente del CeSI ha sottolineato come “nella difesa delle infrastrutture critiche, l’Italia è già molto avanti” rispetto ad altri attori più “strutturati” dal punto di vista marittimo (leggi USA, GB e Francia), sia dal punto di vista delle “modalità di protezione degli asset, sia nello sviluppo della dottrina, con il proficuo coinvolgimento del settore privato per giungere ad una soluzione condivisa per salvaguardare l’interesse nazionale”. Il raggiungimento di un obiettivo così ambizioso, implica un’adeguata allocazione delle risorse, oggi ancora esigue, nonché di una puntuale regolamentazione (tramite trattati/accordi e lo sviluppo di una “underwater law") che chiarisca le attuali zone d’ombra. “Una corsa agli abissi che segua ciò che è stato fatto con la corsa allo spazio”, come evidenziato dall’Amm. Credendino, tenuto conto delle enormi affinità tra i 2 domini in termini di “competitività, congestionamento e contesa tra Paesi. Strumenti, quelli normativi e finanziari, che permettano di essere in prima linea nella suddetta corsa e di non subirla, di mantenere il vantaggio competitivo dell’intero Sistema Paese e di attirare investimenti”. Relativamente alle attività in tale dominio, l’Amm. Vito Lacerenza, Comandante del 5° Reparto Sommergibili, ha ricordato come la Marina Militare sia già impegnata “nell’Operazione Fondali Sicuri volta al monitoraggio puntuale ed alla sorveglianza estesa delle infrastrutture critiche subacquee di interesse nazionale”, operazione gestita da un Comando centrale situato a Santa Rosa (il Centro per la Sorveglianza delle Infrastrutture Critiche Subacquee, a sua volta subordinato dalla Centrale Operativa Multidominio della Marina). L’Amm. Lacerenza ha anche sottolineato come sia allo studio la creazione di un’”autorità nazionale per il controllo del traffico subacqueo, che abbia compiti affini a quelli svolti dai centri di controllo del traffico aereo”.

 

La pubblicazione

L’evento ha fatto da vetrina alla presentazione della pubblicazione “Il (quasi) dominio sottomarino: dipendenze, minacce e prospettive per proteggere, operare e primeggiare negli abissi” a cura di Emanuele Panero, responsabile del desk Difesa e Sicurezza del CeSI, e dei Capitani di Fregata Stefano Oliva - Capo Sezione Sistemi di Combattimento presso il Reparto Sommergibili dello Stato Maggiore Marina - e Marco Cassetta - ufficiale Specializzato in subacquea ed Explosive Ordnance Disposal. La pubblicazione - disponibile in forma cartacea o digitale (sul sito del CeSI) - evidenzia diversi aspetti di tale dominio e della sua crescente rilevanza, a cui si lega il concetto di Underwater Situational Awareness (UWSA): quest'ultimo si riferisce, nello specifico, alla consapevolezza di tutto ciò che avviene al di sotto della superficie del mare, a cominciare dalla conoscenza delle vulnerabilità e dei rischi a cui sono esposte le infrastrutture sottomarine. Queste ultime, oggi, possono essere oggetto di sorveglianza malevola o di attacco da parte di attori ostili, con conseguenze estremamente negative sulle attività economiche, commerciali, civili o militari. I sabotaggi ai gasdotti Nord Stream nel Mar Baltico, o ai cavi di comunicazione digitali nel Mare di Barents - condotti, rispettivamente, tramite l’utilizzo di materiale esplosivo e tramite un’azione “meccanica” - hanno palesato questa possibilità e hanno evidenziato la rilevanza di questo dominio anche per i Paesi rivieraschi dell'area mediterranea, zona sempre più contesa da numerosi attori e competitors regionali che ambiscono a controllare e sfruttare porzioni crescenti delle profondità marine e che, da anni, investono nel dominio sottomarino.

 

La posizione italiana: PNS e rafforzamento delle capacità della Marina

Fortunatamente, l’Italia non è rimasta a guardare. Alla luce della progressiva rilevanza dell’ambito sottomarino, infatti, la Legge di Bilancio ha previsto lo stanziamento annuale di 2 milioni di euro a partire dal 2023 per la realizzazione e lo sviluppo di un Centro Nazionale di Eccellenza a La Spezia, sotto la supervisione e il controllo della Marina Militare, il PNS (Polo Nazionale della dimensione Subacquea), catalizzatore del cluster sottomarino che ha come obiettivo ultimo la valorizzazione del settore militare ed industriale nazionale della subacquea, tramite progetti di ricerca e sviluppo, sperimentazione tecnologica e accesso ad un mercato con crescenti opportunità. Riguardo a quest’ultimo punto, si pensi che il solo settore dei sistemi autonomi subacquei nel 2023 aveva un mercato stimato di 3 miliardi di dollari, con proiezioni decennali che superano i 12 miliardi.

La citata presenza di infrastrutture civili fondamentali, rende determinante il ruolo della Marina Militare per la protezione delle vie di comunicazione e delle infrastrutture sottomarine. A tal proposito, la Forza Armata è impegnata in un programma di incremento capacitivo con particolare focus sulle misure di difesa contro le minacce emergenti nella dimensione subacquea e, nello specifico, su sistemi di sorveglianza avanzati per il rilevamento e il monitoraggio di attività sospette, tecnologie e strategie di difesa attiva per neutralizzare eventuali droni ostili, sorveglianza da parte di unità navali di superficie, velivoli e sottomarini per ottenere la cosiddetta Underwater Situational Awareness. Per aumentare la capacità di controllo e protezione dell’ambiente operativo sottomarino, come noto la Marina Militare sta provvedendo a migliorare le capacità esistenti sviluppando nuove piattaforme convenzionali - si pensi alle FREMM, ai cacciamine polivalenti di nuova generazione e, soprattutto, ai sottomarini U212 NFS (che avranno maggior raggio d’azione, persistenza e maggiori capacità nella qualità e quantità dei dati raccolti, anche tramite l’impiego diretto di UUV, Unmanned Underwater Vehicles) - e mezzi senza equipaggio, integrandoli con le piattaforme convenzionali. L’ultima fase di questo percorso di crescita prevede lo sviluppo di reti di sensori e attuatori, fissi e mobili, capaci di estendere e rendere persistenti le capacità di controllo della dimensione subacquea, con l’obiettivo di monitorare vaste aree, in particolare in prossimità di infrastrutture critiche. Nel lungo termine, e sul piano internazionale, l'obiettivo è quello di ottenere una Advanced Underwater Situational Awareness attraverso l'istituzione di una struttura di C2 in grado di gestire una rete di comunicazione subacquea, costituita da nodi di UxV, boe e navi che lavorano insieme anche secondo logiche di sciame e di cooperazione. Un progetto che sarà utilizzato sia per la lotta ASW che per la protezione delle infrastrutture sottomarine.

 

I numeri della dimensione subacquea

Per dare un’idea dell’importanza della dimensione subacquea, basti pensare che a livello globale il 70% del cibo e delle materie prime – tra cui minerali, gas e petrolio per un valore stimato in 400 mld di euro – si trovano sottacqua, mentre il 98% delle telecomunicazioni digitali (487 cavi sottomarini mondiali) viaggia tramite dorsali subacquee (solo nel Mediterraneo si sfiorano i 40.000 km di cavi per telecomunicazioni). Focalizzando l’attenzione sul nostro Paese, il 60% dei collegamenti internet italiani ha origine, o affiora, in sole 3 città - Mazara del Vallo, Catania e Bari - e la rilevanza di queste infrastrutture può essere stimata con oltre il 90% dei Big Data passanti al loro interno, per un controvalore, in ambito nazionale, prossimo ai 2.500 miliardi di euro annui, valore in costante crescita. Nelle acque territoriali italiane passano circa 781 km di gasdotti, ubicati a una profondità media approssimata di 850 metri. L’Italia dipende dalle importazioni per oltre il 96% del gas consumato, corrispondenti a circa 70 miliardi di metri cubi annui, a fronte di una produzione nazionale approssimata in 3 miliardi. Allo stato attuale, circa il 49% del gas che entra in Italia transita attraverso gasdotti sottomarini, ripartiti rispettivamente al 32% dal TransMed (Algeria-Mazara), che trasporta circa 22,4 mld di m³, al 13% dal TAP (Azerbaijan-Melendugno), con un volume di circa 9,1 mld di m³ di gas annui ed al 4% dal GreenStream (Libia-Gela), con circa 2,8 mld di m³. Il 60% dei punti di affioro dei cavi di telecomunicazione, circa il 50% dei gasdotti sottomarini e il 100% degli elettrodotti transnazionali (operativi o in fase di implementazione) approda esclusivamente in Puglia e Sicilia. Per quanto riguarda, infine, l’approvvigionamento petrolifero, il 90% del fabbisogno italiano è importato tramite oleodotti sommersi.


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