Dallo scorso 25 aprile l’ultima città del governatorato di Idlib (Siria nordoccidentale), Jisr al-Shughur, è passata sotto il controllo del cosiddetto ”Esercito della Conquista”. Nato formalmente il 24 marzo, il gruppo rappresenta una coalizione delle diverse realtà ribelli siriane capeggiate da Jabhat al-Nusra, il franchise qaedista in Siria, che comprende anche gruppi salafiti quali Ahrar al-Sham, Jaish al-Islam, Faylaq al-Sham, Jund al-Aqsa, nonché un piccolo numero di unità appartenenti al Free Syrian Army. La presa di Idlib, risalente agli ultimi giorni di marzo, e della regione circostante, rappresenta una svolta nel conflitto siriano, dato che si tratta della seconda capitale provinciale sottratta al controllo delle forze governative dopo Raqqa, attuale “capitale” del Califfato Islamico guidato da Al-Baghdadi che la sottrasse proprio ad al-Nusra circa un anno fa. Oltre ad essersi garantita il pieno controllo di Idlib e Jisr al-Shugur, la coalizione di ribelli ha conquistato anche il villaggio di Ariha, 5 basi dell'Esercito, tra cui quella di Mastouma, l'ultima base dell'area rimasta sotto il controllo delle forze regolari e caduta proprio in queste ore, e l’aeroporto militare di Abu Adh-Duhur. Durante tali azioni, in particolare, sono stati impiegati diversi missili anticarro 9K111 FAGOT, 9K115-2 METIS, 9M133 KORNET e BGM-71 TOW contro postazioni dell’Esercito Siriano (che hanno colpito anche un semovente antiaereo ZSU-23-4 e 3 obici semoventi 2S1 e 2 carri T-55), il che testimonia come i componenti di questa nuova coalizione siano riusciti ad impossessarsi di armi che, secondo i programmi originari, sarebbero dovute essere consegnate ai ribelli “moderati”. Tornando a Jisr al-Shughur, va evidenziato come essa occupi una posizione strategica, trovandosi sull’autostrada M4 che collega Aleppo e Idlib con la città costiera di Latakia, roccaforte del regime di Damasco, il cui porto viene utilizzato (assieme a Tartus) come hub per i rifornimenti di armi che Iran e Russia inviano all’alleato Assad. E’ verosimile pensare che i prossimi obiettivi del comando congiunto guidato da Jabhat al-Nusra saranno proprio la stessa Latakia e altre 2 roccaforti del regime: Hama e Homs. La perdita di Idlib e delle altre città citate dopo pochi giorni di combattimenti, così come i progressi fatti dai ribelli nell’area di Daraa nel sud del Paese, dove peraltro il regime ha perso anche il valico di Nasib situato al confine con la Giordania, rendono sempre più evidente la debolezza delle forze di Assad, incapaci di mantenere il controllo dei territori in loro possesso. Il protrarsi del conflitto, giunto ormai al quarto anno, e l’impegno su diversi fronti hanno contribuito a stancare le forze governative le quali, peraltro, iniziano a mostrare alcune spaccature al loro interno. Sembrerebbe, infatti, che il fondamentale supporto della comunità alawita inizi a venir meno, proprio mentre gli alleati russo e iraniano sono alle prese con le proprie “fatiche” di guerra, il primo nella campagna ucraina e il secondo impegnato contemporaneamente su ben 3 fronti: Siria, Iraq e Yemen. Solo negli ultimi 5 mesi il regime ha visto una considerevole crescita nel numero di vittime, anche di alto profilo (la più recente quella del Gen. Mansour, Comandante della 15ª Divisione delle Forze Speciali siriane, ucciso in seguito agli scontri di Jisr- al-Shughur) e diserzioni tra le forze regolari, nonché la perdita di diversi importanti personaggi dell'apparato di sicurezza, tra i quali Rustom Ghazaleh, Direttore della sicurezza morto pochi giorni fa, Rafiq Shehadeh, ex capo dell’intelligence militare, licenziato il mese scorso assieme a 2 cugini del leader siriano, Hafez Makhlouf e Munzer al-Assad, per dissidi con la famiglia Assad riguardanti il crescente ruolo dell’Iran. Come detto, il Governo di Teheran è impegnato su diversi fronti, soprattutto su quello iracheno che, al momento, sembrerebbe catturare maggiormente la sua attenzione, come confermato anche dallo spostamento di alcune milizie sciite precedentemente impiegate in Siria. Damasco, nel frattempo, ha imbastito una dura reazione in seguito alla caduta di Idlib lanciando una massiccia campagna aerea elle aree di Aleppo, Hama e della stessa Idlib e facendo ampio ricorso a “barrel bombs”. A ciò si sono aggiunte le offensive di terra nella parte orientale di Damasco, ad Homs e sulle montagne nella zona di Zabadani, nei pressi del confine col Libano, mentre negli ultimi giorni è partito un attacco congiunto di forze regolari e milizie Hezbollah nella zona di al-Qalamoun, in particolare nell’area montagnosa di Talat Moussa, che ha causato il ritiro delle forze ribelli dall’area. Ciononostante, volendo limitare l’analisi alle ultime 5/6 settimane di operazioni, si potrebbe concludere che la bilancia del conflitto stia pendendo a favore delle forze anti Assad. La ripresa delle forze ribelli e la stessa creazione dell’Esercito della Conquista è sicuramente dovuta, in gran parte, al recente riavvicinamento tra un’Arabia Saudita tornata a recitare un ruolo estremamente attivo nella regione mediorientale (Yemen) e non solo (Libia), e quei paesi che, seppur sunniti, fino a poco tempo fa rappresentavano dei veri e propri rivali di Ryahd nell’ambito dell’influenza esercitata sui ribelli siriani, vale a dire Qatar e Turchia. Ovviamente, anche nel caso siriano come in quello più recente nello Yemen, le mosse di Riyadh e del nuovo Re Salman vanno lette in chiave anti-iraniana.
Sul fronte ISIS, va segnalato il raid degli incursori delle forze speciali della Delta Force statunitense ad al-Amr, nell’area di Deir Ezzor, durante il quale è stato ucciso Abu Sayyaf e catturata sua moglie Umm. Stretto collaboratore di al-Baghdadi, il tunisino Abu Sayyaf era anche il responsabile della gestione delle operazioni finanziarie del gruppo, in particolare del commercio illecito di gas e petrolio, una delle principali fonti di finanziamento dello Stato Islamico. Oltre a rivestire un’enorme importanza tenendo conto dell’obiettivo di alto valore strategico oggetto del raid, questo episodio rappresenta la prima operazione, quantomeno la prima resa pubblica, di truppe terrestri americane attuata in territorio siriano coronata da successo, dopo il fallito tentativo di salvataggio di James Foley e di altri ostaggi americani catturati da ISIS, risalente alla scorsa estate. Nel frattempo le truppe di al-Baghdadi hanno assunto il controllo sull’antica città di Palmyra, dopo aspri scontri con le forze regolari dell’Esercito costrette a ritirarsi nella parte meridionale della città. Anche in questo caso, la risposta di Assad non si è fatta attendere e si è concretizzata con decine di incursioni aeree contro le postazioni di SI nella parte settentrionale della città. Nelle ultime ore la situazione sul terreno ha visto un consolidamento delle posizioni delle truppe di al-Baghdadi, che ora detengono il controllo su una città con elevato valore strategico, essendo collocata sull’autostrada M20 che collega Homs a Deir Ezzor. Il controllo di Palmyra permetterà di tagliare le linee di rifornimento alle restanti truppe regolari trincerate nell’area dell’aeroporto militare di Deir Ezzor, ultimo ostacolo alla conquista totale della città . La presenza di ISIL è forte anche ad Homs, dove nelle ultime settimane i miliziani hanno conquistato la base dell’Esercito siriano di al-Hail dalla quale hanno razziato diverse armi pesanti, tra cui diversi mezzi corazzati BMP-1 e pezzi di artiglieria.
Nonostante il supporto della coalizione sunnita guidata dai sauditi, i ribelli al momento controllano ancora parti periferiche della Siria, mentre le forze di al-Baghdadi, pur forti in alcune zone (Deir Ezzor e Raqqa), sono incapaci di rappresentare una reale minaccia al regime, dovendo fronteggiare 3 avversari (Governo siriano, coalizione guidata dagli USA e ribelli) su un campo di battaglia che si estende da Aleppo a Ramadi. Ciò dovrebbe escludere la prospettiva di un crollo del regime Assad nel breve termine, crollo che, tuttavia, oggi appare meno improbabile rispetto al passato.