
Il Comandante dell’US Indo-Pacific Command, Amm. Samuel Paparo, ha affermato, durante il recente International Institute for Strategic Studies’ Shangri-La Dialogue Summit di Singapore, che se la Cina invadesse Tawain si troverebbe ad affrontare un “inferno di droni”.
In pratica l’Ammiraglio ha voluto chiarire che in caso di guerra nello Stretto di Taiwan, gli Americani impiegherebbero a massa un enorme numero di droni per tracciare e colpire le forze cinesi, rallentarne la progressione, condizionarne la manovra e guadagnare così il tempo utile a mettere in campo una risposta più articolata e decisiva.
I droni verrebbero lanciati da navi, sottomarini e da droni “madre” agendo come una sorta di “prima linea di difesa” con compiti che andrebbero dalla ricognizione e il tracciamento, alla guerra elettronica passando ovviamente per la l'attacco in modalità “sgancio” o “suicida”.
A tal proposito il Pentagono, nell’agosto 2023, aveva lanciato il programma REPLICATOR per l'acquisizione, entro l’agosto 2025, di droni low cost, in migliaia e migliaia di esemplari, secondo il concetto ADA2 (All-Domain, Attritable Autonomous), ovvero droni interconnessi in chiave multidominio, a perdere e autonomi. Per il programma REPLICATOR quest’anno è stato stanziato un miliardo di dollari e un mese e mezzo fa è stata annunciata la selezione della loitering munitions SWITCHBLADE 600 (fornita anche agli Ucraini) come modello per una prima tranche di sistemi.
In realtà, sul programma REPLICATOR non si sa molto altro, e pure lo stesso Ammiraglio Paparo, nel consesso di cui sopra, ha esplicitamente fatto riferimento a tutta una serie di capacità classificate con cui creare quell’inferno, o se si preferisce, muro, di droni. Ed è proprio il muro di droni che ha permesso agli Ucraini di rendere estremamente costosa l’offensiva russa nel Donbas tra febbraio e maggio di quest’anno.
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