RIVISTA ITALIANA DIFESA
Quale futuro per i mezzi da combattimento della fanteria? 24/04/2024 | Pietro Penge

Fin dalla sua comparsa sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale il carro armato ha operato in simbiosi con la fanteria, pur con un rapido ribaltamento dei ruoli fra tali 2 componenti: se infatti i carri sono nati con un ruolo ancillare rispetto alla fanteria, per proteggerla e supportarla nel superamento delle trincee e delle posizioni fortificate nemiche, ben presto hanno conquistato un proprio ruolo autonomo sul campo di battaglia, divenendo l’arma d’elezione di pressoché tutti gli eserciti ma continuando ad avere la necessità di essere supportati dalla fanteria in maniera costante.

Non bisogna infatti lasciarsi trarre in inganno dal fatto che l’epoca d’oro del carro, quella delle prime strabilianti vittorie durante la Blitzkrieg, sia stata caratterizzata dall’impiego deciso, e per certi versi addirittura spregiudicato, delle 10 massicce Divisioni corazzate tedesche, delle enormi (per l’epoca) formazioni corazzate composte in buona sostanza di soli carri e capaci di penetrare rapidamente le linee difensive avversarie e proseguire le operazioni in profondità ad un ritmo che era impossibile, per le unità di fanteria, eguagliare. Nella realtà, le succitate unità potevano operare con quella configurazione per via della loro intrinseca poliedricità, composte com’erano da un misto di carri leggeri, medi e pesanti; si pensi che meno del 10% dei carri di una Panzerdivision erano i moderni e pesanti Panzer IV, e c’era addirittura una consistente fronda all’interno della Wehrmacht che si era fortemente opposta alla loro adozione ritenendoli troppo pesanti per un impiego proficuo. Pochi erano anche i Panzer III, destinati a diventare rapidamente i cavalli da tiro dell’Esercito Tedesco, mentre il grosso delle unità era costituito dai carri leggeri Panzer I e II. In queste unità, quindi, l’erogazione del fuoco di soppressione contro le unità di fanteria e anticarro avversarie era delegato al gran numero di carri leggeri, con le loro mitragliatrici binate da 7,92 e/o i cannoncini da 20 mm, surrogando così in buona sostanza al supporto della fanteria e lasciando ai pezzi da 37 e 75mm corto l’ingaggio degli obiettivi più protetti e/o più paganti.

Ciononostante, la necessità di essere supportati da sufficienti aliquote di fanteria si fece sentire fin da subito e comportò, già nel corso della Seconda Guerra Mondiale, ma ancor più durante i primi anni della Guerra Fredda, una rapida evoluzione di quest’ultima: dapprima autocarrata per essere in condizione di muovere alla stessa velocità dei mezzi corazzati, benché solo su strada, passò presto a forme sempre più complesse e più spinte di meccanizzazione; i semicingolati, che inizialmente sembravano costituire la più promettente soluzione per rendere mobile e almeno parzialmente protetta un'importante aliquota della fanteria, si dimostrarono presto un vicolo cieco di sviluppo, caratterizzato da vincoli intrinseci che fecero optare per una soluzione tutto cingolo, con APC che vennero ben presto armati con mitragliatrici medie e pesanti.

L'articolo completo è pubblicato su RID 5/24, disponibile online e in edicola.


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