RIVISTA ITALIANA DIFESA
I dubbi sulle modalità dell’attacco israeliano al Isfahan 23/04/2024 | Andrea Mottola

A 4 giorni dal presunto attacco israeliano contro la base di Isfahan, restano alcuni dubbi sulle modalità dello stesso.

In base alle immagini satellitari comparse nei giorni successivi al raid, si notano chiaramente segni di bruciature sul terreno in corrispondenza del luogo dove era installato il radar di tiro 30N6E2 FLAP LID del sistema missilistico antiaereo S-300PMU-2 posto a protezione della base e, soprattutto, della vicina centrale di arricchimento dell’uranio di Natanz, situata circa 80 km a nord.

Le suddette tracce, nonché la distanza, lasciano, tuttavia, qualche dubbio sul fatto che siano state lasciate da missili semi-balistici aviolanciati ROCKS o BLUE SPARROW, come varie fonti indicano.

Per quanto concerne la distanza va ricordato che frammenti che combaciano con i booster – primo stadio – del BLUE SPARROW, e/o con la struttura del ROCKS – missili monostadio che si presentano come testate “allungate” dei BLUE SPARROW – sono stati rinvenuti in Iraq a 650/700 km di distanza da Isfahan, il che vuol dire che almeno 2 missili lanciati non hanno mai raggiunto l’obiettivo.

Dal punto di vista prestazionale, il ROCKS è accreditato di una gittata non superiore ai 350 km in condizioni di lancio ottimali (alta quota ed elevata velocità per il velivolo che lo trasporta), elemento che renderebbe il suo impiego pressoché inutile, data la massima distanza di sgancio raggiungibile da un cacciabombardiere israeliano F-15D o F-16I, che non coprirebbe quella necessaria a colpire Isfahan a meno di sconfinare nello spazio aereo iraniano. Non si hanno notizie di integrazione di tali vettori sugli F-35I, teoricamente in grado di penetrare più agevolmente in territorio iraniano senza essere rilevati (penetrazione, probabilmente, già effettuata nel recente passato), ma risulta estremamente improbabile che assetti di tale valore vengano rischiati per una missione poco più che dimostrativa.

È possibile, quindi, che il ROCKS sia stato utilizzato come esca, oppure per testarne operativamente le capacità o, ancora, per colpire un obiettivo iraniano diverso dal sito radar/base aerea di Isfahan, magari maggiormente a ridosso del confine tra Iran e Iraq, o all’interno di quest’ultimo e riconducibile alle milizie sciite irachene, sebbene negli ultimi 2 casi con risultati non particolarmente positivi.

Riguardo al BLUE SPARROW il discorso e le conclusioni non cambiano. Per quanto si tratti di un missile di diverse dimensioni e prestazioni (6/700 km di gittata, teoricamente in grado di raggiungere Isfahan), e caratterizzato dalla presenza di un doppio stadio dei quali il primo contenente il booster utilizzato per accelerare l'arma e farla salire in una traiettoria balistica, risulta ovvio che se la separazione di quest’ultimo, una volta esaurito il carburante (combustibile solido), avviene ad oltre 500 km dall’obiettivo, la testata non può essere in grado di coprire una simile distanza (può avanzare per un altro centinaio di km, nella migliore delle ipotesi).

Non ci è possibile escludere totalmente l’ipotesi di impiego di 1 o ulteriori vettori simili, ma a quel punto entra in gioco la citata incongruità dei danni provocati dal potenziale esplosivo trasportato da questi missili. Considerato, infatti, che tali ordigni sono equipaggiati con testate, esplosive o a frammentazione, variabili tra 100 e 200 kg e che impattano il bersaglio a Mach 3/4, i danni avrebbero dovuto essere decisamente maggiori (crateri, bruciature e tracce di esplosione diffuse, distruzione veicolo). Se si confrontano le immagini satellitari ad alta definizione del sito radar di Isfahan con quelle della base russa di Dzankhoi (in Crimea) colpita dagli ucraini, o di quella israeliana di Nevatim – sebbene, in questo caso, si tratti unicamente di immagini approvate, a risoluzione inferiore e relative unicamente alle piste di rullaggio… – colpita dai veicoli di rientro dei missili balistici iraniani, si nota una notevole differenza nelle tracce esplosive lasciate sul terreno dall'impiego di missili. Certo, potrebbero essere stati impiegati missili con esplosivo ridotto, ma il loro impatto avrebbe, ad esempio, causato la totale distruzione del veicolo su cui è alloggiato il radar FLAP LID, rimasto invece in gran parte intatto, seppur probabilmente non operativo e movimentabile.

Alla luce di quanto esposto, resta maggiormente realistica e credibile la già citata azione effettuata con micro/mini UAV e/o quadricotteri/loitering equipaggiati con 3/5 kg di esplosivo e operati da personale Mossad o da combattenti antigovernativi presenti sul territorio iraniano. Tale ipotesi troverebbe conferma e solidità tanto dal punto di vista delle modalità dell’attacco, con le conseguenti ridotte tracce di esplosivo e di impatto ai danni del radar distrutto/danneggiato, tanto dal punto di vista politico/diplomatico, considerando che una tale azione è certamente più negabile rispetto ad un’operazione maggiormente complessa che coinvolge caccia, probabili assetti EW, penetrazione in spazi aerei non alleati e impiego di ordigni a lunga gittata.

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