RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’Europa e la guerra: l’ora delle scelte 02/04/2024 | Pietro Batacchi

L’Europa sta lentamente, ma inesorabilmente, uscendo dalla sua dimensione di potenza esclusivamente civile.

Costretta dagli eventi, che siano la Guerra in Ucraina, piuttosto che la generale instabilità del Mediterraneo o i venti trumpiani, l’Unione Europa sta cercando di darsi una dimensione strategica e militare più strutturata e articolata, capace di porla come attore di riferimento negli scenari internazionali a fianco di potenze alla continua ricerca di spazi geopolitici dove proiettare influenza ed estrarre risorse per trasformarle in quel valore necessario ad alimentare economie sempre più sviluppate e strutturate.

In questo nuovo grande gioco i singoli Paesi europei sono troppo piccoli per reggere ad una iper-competizione che coinvolge più livelli: da quello delle citate risorse, a quello delle grandi verticali tecnologiche, passando per quello della sfera cognitiva. Non c’è dunque alternativa ad una maggiore associazione e integrazione, e al consolidamento di una dimensione strategica che passi prima di tutto dalla definizione di un pacchetto minimo di interessi comuni e dal set di strumenti anche militari più idoneo per garantirne la difesa. La prossima Commissione Europea, che uscirà fuori dal voto di giugno, sarà decisiva per questo riadattamento dell’Europa.

Un riadattamento che deve partire dalla revisione dei Trattati e dalla creazione di un Commissario per la Difesa, così come dalla ricerca di nuovi strumenti con i quali finanziare le spese per la Difesa, a cominciare dagli eurobond. Dunque, una guida per la politica di Difesa e una leva finanziaria con la quale potenziare la base industriale del Vecchio Continente, i cui gap sono stati inesorabilmente messi a nudo dalla prova del sostengo a Kiev. Oggi l’EDF (European Defence Fund) vale 8 miliardi, ai quali sono stati aggiunti, nell’ambito della revisione del Multiannual Financial Framework 2021-2027, 1,5 miliardi per la ricerca e lo sviluppo nel campo delle tecnologie strategiche. Poi c’è un altro miliardo e mezzo dell’EDIP (European Defence Industrial Program) nel triennio 2025-2027. Non bastano.

Ricordiamo che l’Ucraina si “mangia” l’European Peace Facility (EPF), 11,1 miliardi nel 2022-2024, che i magazzini si svuotano e che originariamente l’EDF valeva 13 miliardi di euro. Bisogna da questo punto di vista che Bruxelles finanzi in maniera sempre più massiccia il procurement dei mezzi e dei sistemi, e non solo ricerca e sviluppo, dimostratori e prototipi, in modo tale da favorire nuove aggregazioni industriali. Tuttavia, l’Europa non ha solo la necessità di supportare e incentivare grandi programmi di cooperazione, ma anche di rafforzare la sua base industriale, riportando “a casa” produzioni che sono andate perdute negli ultimi 30 anni e ricreando una supply chain solida e quanto più indipendente possibile dalla fornitura esterna, leggi asiatica, di materiali e componentistica elettronica.

La deterrenza è figlia della sua credibilità, ma non si può essere credibili senza una supply chain sovrana e “libera” da condizionamenti e chiusure geopolitiche. Siamo di fronte ad un crocevia della storia e ad un mondo dove la guerra, purtroppo, è tornata ad essere la drammatica normalità.

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