RIVISTA ITALIANA DIFESA
Ucraina, continua la campagna russa contro il settore energetico 29/03/2024 | Pietro Batacchi

Nella notte i Russi hanno lanciato un nuovo massiccio attacco con droni e missili contro l'infrastruttura energetica ucraina. Secondo alcuni canali ucraini all’azione hanno preso parte almeno 11 bombardieri Tu-95, mentre il Comando della Difesa Aerea polacca ha fatto alzare in volo i propri caccia per intercettare eventuali missili “sconfinanti”.

Lo Stato Maggiore di Kiev ha riferito di un totale impiegato di 39 missili da crociera e balistici (Kh-101/Kh-555, i Kh-555 generalmente impiegati come esche, Kh-59 e ISKANDER-K), di cui 26 abbattuti, e 60 droni GERAN 2, di cui 58 abbattuti.

Secondo canali filorussi l’area maggiormente interessata sarebbe l’Oblast di Dnipropetrovsk, dove sarebbero state colpite la centrale idroelettrica di Serednodniprovska (Kamianske) e quella termoelettrica di Prydniprovska. Segnalati attacchi anche alle sottostazioni elettriche di Pavlograd (Dnipro), Kremenchuk (Poltava) e Mirgorod (Poltava). Qualche fonte parla anche di strike contro la sottostazione di Polyany (Cherkasy) e contro la centrale termoelettrica di Burshtyn (Ivano-Frankivsk), così come contro l’impianto di stoccaggio di gas di Stryi, al confine con la Polonia, già pesantemente colpito negli scorsi giorni. In generale, ad eccezione dell'impianto di Stryi, si tratta di obiettivi già colpiti più volte durante la campagna dell'inverno 2022. Da parte ucraina, la compagnia Ukrenergo ha riportato danni a centrali termoelettriche e idroelettriche nel centro e nell’ovest del Paese, e la Dtek ha segnalato danni alle apparecchiature di 3 centrali termoelettriche.

Mosca prosegue così la campagna su larga scala contro l'infrastruttura energetica dell’Ucraina e le grandi centrali idro e termoelettriche, già colpite nel raid del 21-22 marzo, con l’obbiettivo di influenzare la percezione dell’opinione pubblica, per favorirne lo scollamento dalla leadership politica nel pieno del dibattito sull’approvazione della nuova legge sulla mobilitazione, che ne inasprisce i criteri, e logorare progressivamente l’apparato industriale del Paese impegnato nel sostenere lo sforzo bellico, con gli aiuti americani ancora “fermi” al Congresso.

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