Lo scorso 7 maggio si è svolta, presso il Centro Alti Studi della Difesa, una conferenza sulla Libia organizzata dal Comitato Atlantico Italiano. Tra i partecipanti alla tavola rotonda diverse autorità istituzionali e di Governi provenienti da paesi NATO e da altri Paesi del Mediterraneo e dell'area Mediorientale, tra cui l’attuale portavoce del Parlamento maltese Michael Frendo, l'ex Ministro degli Esteri giordano, Abdul Illah Khatib, Mohammed Dahlan, già Consigliere per la Sicurezza Nazionale dell'ANP, l'On. Abdelaziz Kotti dell'Assemblea Parlamentare tunisina, l’ex Ministro degli Esteri egiziano Mohamed El-Orabi, Noman Benotman ex del Gruppo Combattente Islamico Libico (LIFG) ed attuale Presidente della Quilliam Foundation e l’attuale ambasciatore libico presso la Santa Sede Mustafa Rugibani. In rappresentanza dell’Italia il Sen. Benedetto Della Vedova e l’On. Fabrizio Cicchitto. Argomenti della conferenza la stabilizzazione della Libia dal punto di vista regionale e le possibili strategie italiane. Punti comuni della maggior parte degli interventi sono stati quelli nei quali si è sottolineato come la Libia sia stata abbandonata a se stessa dagli stessi paesi coinvolti nella campagna militare che portò al rovesciamento del regime Gheddafi, e la necessità di creare un governo di unità nazionale come primo passo per la stabilizzazione del paese. Frendo ha sottolineato come questo possa rappresentare “un’occasione unica di collaborazione tra Europa e Paesi arabi”. Parlando brevemente rispetto ad un eventuale coinvolgimento italiano, l’Amm. Rinaldo Veri, Presidente del CASD, ha parlato di un possibile ruolo guida dell’Italia nell’ambito di una missione di peacekeeping sotto egida ONU, anche se “un suo decollo pare piuttosto difficoltoso e sarebbero pochi gli Stati occidentali disponibili ad inviare proprie truppe in una spedizione dai contorni confusi e dati i rischi elevatissimi”. Certamente, la mancanza di una struttura regionale collettiva contribuisce a rendere la situazione ancor meno gestibile, non consentendo di affrontare altri problemi simili nella regione MENA. La stessa Lega Araba, secondo Khatibi, “può far poco”, tant’è che in Libia si è limitata unicamente ad approvare una risoluzione per l’imposizione di una “no fly zone”. Secondo l’ex Ministro giordano, sarebbe opportuno che i 6 paesi confinanti con la Libia inizino ad assumere un ruolo di primo piano nella stabilizzazione del paese, “senza parteggiare per una particolare fazione tramite ingerenze e forniture di armi, ma sostenendo l'unità indissolubile del Paese” chiudendo, quindi, qualsiasi porta ad una divisione federale della Libia che, secondo Khatib, “finirebbe solo con aggravare la situazione.” Estremamente interessante l’intervento di Dahlan, che ha evidenziato prima di tutto come “l'Europa abbia, insieme agli Stati Uniti, evidenti responsabilità per il caos libico, dovuto all’intervento del 2011 e dalla successiva fuga che ha creato un vuoto di potere riempito da entità terroristiche che oggi causano problemi ai libici, ma anche ad alcuni paesi confinanti, come Egitto Algeria e Mali”. Un'operazione, quella del 2011, senza alcuna pianificazione successiva all’intervento militare e “motivata da problemi che alcuni paesi avevano con Gheddafi”. Altro punto trattato, il problema delle milizie e del supporto finanziario, militare e “anche legale” che alcuni paesi continuano a fornirgli. “Il controllo delle milizie è fondamentale anche per frenare gli sbarchi di immigrati clandestini, all'interno dei quali si nascondono probabili terroristi e gruppi armati che utilizzano l’Italia come porta d’ingresso per l’Europa. L’Unione Europea deve trattare con l’unico governo eletto (quello di Tobruk), ma questo non basta. Bisogna rafforzare l'Esercito libico del Gen. Haftar, forse l’unico in grado di unificare il Paese, e procedere all’integrazione delle varie milizie all’interno delle Forze Armate”, ponendo fine al loro status attuale di gruppi autonomi. “Ciò non vuol dire che l’Europa debba intervenire militarmente, ma diplomazia da sola non basta senza un po' di forza”. E in questo, i vari paesi confinanti con la Libia, in particolare Algeria ed Egitto, magari con la “supervisione” di Francia e Italia, i paesi europei che subiscono maggiormente gli effetti della crisi libica, possono giocare un ruolo importante. L’On. Kotti ha seguito la stessa linea, ponendo l’accento sulla “necessità di procedere al disarmo delle varie milizie che, con l’aiuto dell’Europa, andranno poi incluse in un successivo apparato di sicurezza, in modo che anch’esse possano partecipare alla ricostruzione della nuova Libia”. In quest’ambito un ruolo chiave dovrebbe essere quello svolto dai paesi confinanti. Anche Benotman ha insistito sul ruolo fondamentale legato al settore della sicurezza e della difesa in Libia e sulla difficoltà di fornire aiuti militari, data “la mancanza di un piano preciso da parte dei paesi occidentali e la totale assenza di apparati di sicurezza e di interlocutori tra le agenzie di intelligence libiche. Esistono diverse aree della Libia completamente controllate da milizie islamiche o da organizzazioni criminali, soprattutto nel Fezzan”, dove nei giorni scorsi è stata segnalata la presenza di 6/700 unità legate al gruppo qaedista maliano Ansar al-Din. Parlando della presenza di ISIS in Libia, Benotman ha sottolineato che “molti servizi di intelligence occidentali ignorano la struttura libica del Califfato, controllato da emiri che dalla città di Derna gestiscono le comunicazioni sia con Raqqa che con il nuovo alleato nigeriano Boko Haram”. Il futuro del Paese, secondo Benotman, è quello basato su un federalismo giudicato “inevitabile, data la geografia libica e dal fatto che sarà molto difficile che in futuro le varie regioni del paese accettino un governo centrale”. Nella seconda parte della conferenza, moderata dal Presidente del Comitato Atlantico Italiano Prof. Fabrizio Luciolli, si è parlato del ruolo che l’Italia potrebbe giocare per la stabilizzazione della Libia. Lo stesso Luciolli ha parlato della “totale mancanza di strategie al riguardo, per la scelta politica di continuare ad attendere un pieno mandato sovranazionale (ONU o UE), quando sarebbe necessario ricoprire un ruolo di primo piano ed una strategia proattiva insieme ai partner regionali forti ed organizzati, quali Egitto ed Emirati Arabi, e smettendola di affrontare il problema libico unicamente in base al prisma dell’immigrazione”. Mentre sia il Sen. Della Vedova che l’On. Cicchitto hanno spinto sull’unicità della soluzione diplomatica e sul sostegno alla missione di Leon, definendo irrealistica un’operazione militare.