RIVISTA ITALIANA DIFESA
Un’economia circolare per la Difesa italiana 07/03/2024 | Pietro Batacchi

La Guerra in Ucraina ci sta dando molte lezioni: una di queste riguarda senza dubbio la sostenibilità dei mezzi e dei materiali nel contesto di un conflitto ad alta intensità e lunga durata.

Tutti i giorni vediamo immagini di mezzi vecchi che operano sul campo di battaglia in una molteplicità di ruoli: è il caso, per esempio, dei carri russi T-55 e T-62, tirati fuori dagli enormi depositi di epoca sovietica e rimessi in condizioni di combattere dal complesso militare-industriale di Mosca. Si tratta di una scelta del tutto razionale poiché guerre come questa, che macinano risorse a ritmi impressionanti, non possono essere combattute solo con “proiettili di argento”. Quantità e qualità, insomma. Ma tale assunto vale ormai sempre più pure per il complesso militare e industriale occidentale, che deve supportare l’Ucraina e allo stesso tempo garantire una postura deterrente credibile a fronte di uno scenario irrigidito da una tensione competitiva permanente e costellato da focolai di crisi di diversa ampiezza e entità.

Per questo oggi i Paesi occidentali non possono più permettersi strumenti militari basati esclusivamente sui piccoli numeri e sulla qualità, ma devono puntare a rimodularne struttura e organizzazione facendo posto anche ai grandi numeri e alla quantità. Ciò significa, da un lato, settare la produzione industriale su sistemi a basso costo, accanto a quelli ad alto contenuto tecnologico, e, dall'altro, garantire il mantenimento in efficienza dei mezzi più anziani e/o in dismissione. Non ci possiamo più permettere come in passato di far marcire o abbandonare mezzi e materiali al loro destino, ma è essenziale strutturare la logistica per assicurare un’adeguata conservazione degli equipaggiamenti, mantenendoli in efficienza e pronti per essere rapidamente rimessi in servizio in caso di contingenze. Massa e ridondanza, infatti, sono fondamentali su campi di battaglia sempre più trasparenti e contestati.

Naturalmente per un Paese come l’Italia questi concetti hanno profonde implicazioni, tenendo conto di un bilancio della Difesa caratterizzato da spese di esercizio tradizionalmente basse; quest’anno addirittura sotto i 2 miliardi di euro. Ecco perché un modo per correggere, quanto meno in parte, questo squilibrio è puntare sull’economia circolare, ovvero sulla rigenerazione garantita di pezzi e componenti. In questo modo si potrebbe ottenere un duplice obbiettivo: migliorare la sostenibilità del parco mezzi delle Forze Armate e garantire risparmi significativi. Una strategia che implica evidentemente il potenziamento della supply chain nazionale, con un survey adeguato di quanto è disponibile in casa, la qualifica di nuovi fornitori e il reshoring in Italia di alcune competenze e capacità, e la creazione di un nuovo rapporto tra prime contractor, fornitori e Forze Armate.

Ulteriori approfondimenti su RID 6/24.

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