Si è svolto oggi a Roma, presso la Camera dei Deputati, il convegno organizzato dallo IAI sulle “implicazioni strategiche della guerra in Ucraina per l'Italia", durante il quale è stato presentato uno studio condotto dai ricercatori dell’Istituto sul tema e, in particolare, sulle implicazioni dirette e indirette del conflitto per la politica di Difesa italiana – anche in ambito NATO e UE - le sue Forze Armate e l’industria del settore a 2 anni dall’invasione russa dell’Ucraina.
L’evento ha visto la partecipazione di un prestigioso parterre di ospiti, tra cui gli ex Capi di Stato Maggiore di Marina e Aeronautica, Amm. Valter Girardelli e Gen. Leonardo Tricarico, nonché dell’ex Ministro della Difesa, Sen. Roberta Pinotti.
I lavori sono stati aperti dall’intervento del Vice Presidente della Camera, On. Giorgio Mulè, che ha evidenziato come “di fronte all’assoluta inadeguatezza dell’assetto istituzionale della politica di sicurezza e difesa comune, dimostratasi in tutta la sua lentezza e farraginosità nel rispondere a situazioni di emergenza, sia necessario superare drasticamente la regola dell’unanimità e avere la reale volontà politica di costruire una difesa Europea” di modo che sia realmente in grado di rispondere, sia da un punto di vista politico, che capacitivo/operativo, che industriale, a conflitti di tipo convenzionale ad alta intensità con tempi di reazione immediati come richiesto da tale tipologia di conflitti.
Nei saluti introduttivi, il Presidente dell’Istituto Affari Internazionali, Amb. Ferdinando Nelli Feroci, ha ricordato che dopo “2 anni di conflitto di posizione e logoramento, la Russia controlla poco più del 20% del territorio ucraino, questo grazie alla strenua resistenza delle forze locali”, sebbene negli ultimi mesi “la situazione per l’Ucraina sia diventata decisamente più critica”, anche alla luce del tasso di “ricambio” e disponibilità di uomini e mezzi, enormemente inferiore rispetto alla Russia.
A seguire, Alessandro Marrone e Karolina Muti, responsabili del programma Difesa e Sicurezza dello IAI hanno esposto i principali risultati dello studio, uno dei quali è che il livello di spesa italiana in Difesa, in controtendenza con quelli in crescita della maggior parte degli alleati, rappresenta una criticità, tenuto anche conto che la soglia del 2% del PIL dedicato alla spesa militare costituirà un “biglietto da visita” necessario per la credibilità internazionale del Paese. Altro elemento, maggiormente attinente agli aspetti operativi della guerra in Ucraina, riguarda il mantenimento dell’”importanza del potere aereo e di come il raggiungimento della superiorità aerea, almeno temporaneamente e in alcune aree, resti un compito cruciale”.
I risultati dello studio hanno offerto diversi spunti di riflessione per i successivi interventi dei relatori. Il Capo di Stato Maggiore della Difesa, Amm. Giuseppe Cavo Dragone, ha parlato delle principali lezioni identificate dal conflitto in Ucraina, una delle quali riguarda la necessità di disporre di uno “strumento militare moderno in grado di operare simultaneamente in tutti i 7 domini operativi (terrestre, aereo, marittimo, spazio, cyber, subacqueo e cognitivo)”, laddove a livello industriale risulta primaria “la crescita della base produttiva che consenta di sviluppare sistemi e piattaforme tecnologicamente avanzati che rispondano adeguatamente alle esigenze della Difesa”.
Nel suo intervento la Sen. Stefania Craxi, Presidente della Commissione Affari Esteri e Difesa del Senato, ha incentrato l’attenzione sul ruolo troppo spesso limitato dell’Europa in ambito sicurezza e Difesa, dimostrato anche dalla crisi ucraina, perlomeno nei mesi iniziali: “serve un'Europa libera di agire”, con un’adeguata autonomia strategica che le consenta di operare anche autonomamente in operazioni militari e di sicurezza, ma che non implichi “un distacco o allontanamento dalla NATO (come auspicato dalla Francia), elemento inaccettabile per l'Italia e che renderebbe l’Europa più isolata e debole”.
Sempre restando nell’ambito europeo, il Presidente della Commissione Esteri della Camera, On. Giulio Tremonti, ha sottolineato come la vociferata emissione di bond per la difesa europea rappresenterebbe una scelta intelligente, ma anche la necessità di un “redisign geopolitico dell’Europa, che si sposti da una visione Atlantico-Urali, ad una Mar Baltico-Mar Nero, nonché un diverso design costituzionale verso una vera unione in tempi brevi, che non si basi sul semplice allargamento”.
Tornando più nello specifico della guerra in Ucraina, anche il Presidente del COPASIR ed ex Ministro della Difesa, On. Lorenzo Guerini, ha evidenziato come “il conflitto includa elementi tradizionali, arricchiti dall’ingresso delle nuove dimensioni cyber e spaziale”. L’Italia, tuttavia, pur dovendo mantenere il proprio ruolo “nel sistema di alleanze che guarda alla sicurezza del fianco orientale dell’Europa, non deve dimenticare che il fianco sud della NATO (Mediterraneo e Africa) rappresenta lo scenario fondamentale per gli interessi nazionali, nonché di sicurezza europea, considerando che sono aree in cui” la Russia e altri attori internazionali (statuali e non), “giocano altre partite che minacciano la stabilità dell’Alleanza e dell’UE”.
Per il comparto industriale, l’Amb. Stefano Pontecorvo, Presidente di Leonardo, ha ricordato come “la guerra in Ucraina stia insegnando l’importanza della flessibilità nella programmazione e nella produzione dei sistemi di difesa, elemento difficilissimo da soddisfare considerando i tempi necessari e il sottodimensionamento dei Paesi – europei, ma anche USA - in termini di investimenti. Dovrà essere accettato il fatto che la sicurezza europea è diventata una priorità per l’UE - come già lo è l'elemento climatico” – e qualche passo lo si sta facendo con il possibile EuroBond da 100 miliardi per la sicurezza già citato e con “la proposta estensione del campo d’azione della Banca Europei per Investimenti (BEI) anche al settore sicurezza e difesa (già 8 miliardi di euro messi a disposizione per investimenti in cyber e spazio), che rappresenterebbe un passo concreto e pragmatico per un cambio di passo”.
Nell’intervento conclusivo, il Sottosegretario alla Difesa, On. Matteo Perego Di Cremnago ha sottolineato come “le attuali sfide in campo sollevino la necessità di cambiare le istituzioni UE, non parlando di esercito comune, ma di architettura di Difesa e sicurezza europea che collabori con l’industria, il settore privato e i Paesi like-minded”. Inoltre, “è importante far comprendere all’opinione pubblica che la sicurezza e la Difesa sono il fondamento delle società contemporanee (si pensi alle comunicazioni, ai sistemi satellitari di navigazione o di osservazione della terra), soprattutto quando si chiede di aumentare investimenti in un settore che non può soddisfare le esigenze della vita di tutti i cittadini, e non solo delle FA, con l’1,58% del PIL”.
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