RIVISTA ITALIANA DIFESA
Gli USA attaccano Pasdaran e milizie alleate in Iraq e Siria 03/02/2024 | Andrea Mottola

Nella tarda serata di ieri, l’Aeronautica americana ha effettuato un attacco a larga scala contro obiettivi direttamente gestiti dalle forze Quds iraniane o comunque legati alle milizie sciite filo-iraniane (Kataib Hezbollah o altri appartenenti all’Asse di Resistenza Islamica irachena) situati in Siria orientale ed Iraq occidentale. Nel raid, durato circa 30 minuti ed effettuato da un mix di bombardieri strategici e cacciabombardieri, sono stati impiegati più di 125 ordigni per eliminare oltre 85 obiettivi situati in 7 siti diversi: Al-Mayadin, Ayyash, Al-Bukamal, Al-Tabani e Jabal Harabesh, (nei pressi dell’aeroporto di Deir Ezzor), in Siria e Akashat (Anbar iracheno) ed Al Qaim (confine Iraq/Siria) in Iraq. Nello specifico, sono stati eliminati centri operativi/comando e controllo, siti per la raccolta di intelligence, depositi di armamenti di varie tipologie (veicoli blindati, UAV e soprattutto razzi e missili, elemento che parrebbe confermato dalle esplosioni secondarie visibili in alcuni video dell’attacco), nonché infrastrutture logistiche o legate alla supply chain di armi e munizioni. Oltre all’eliminazione di diversi miliziani, fonti non ufficiali parlano anche di 18/20 Pasdaran uccisi, più una trentina di feriti

Al raid hanno sicuramente partecipato 2 bombardieri strategici B-1B – altrettanti erano in volo come “riserva” - appartenenti al 7th Bomb Wing di stanza presso la base aerea di Dyess. Gli aerei sono decollati direttamente dalla suddetta base, e riforniti in volo sul Nord Atlantico e sul Canale di Sicilia, prima di raggiungere il Mediterraneo orientale e lo spazio aereo israeliano/giordano da cui hanno lanciato i propri ordigni. Pur non essendoci conferme ufficiali è possibile che i B-1B abbiano impiegato in mix di missili cruise AGM-158B JASSM-ER e di bombe JDAM per colpire i propri obiettivi

Oltre ai B-1B, tra 4 e 6 cacciabombardieri F-15E STRIKE EAGLE del 48th Fighter Wing temporaneamente rischierati presso la base giordana di Muwaffaq Al-Salti, hanno preso parte all’attacco, effettuando la prima ondata di bombardamenti tramite bombe guidate JDAM, mentre risultano false le voci che parlano della partecipazione degli assaltatori A-10C+ WARTHOG del 354th Fighter Squadron provenienti dalla base emiratina di Al-Dhafra e degli F-16 giordani.

Dal punto di vista geopolitico, il raid va visto come una risposta americano – peraltro piuttosto scontata, soprattutto in periodo di elezioni presidenziali – all’attacco contro l’avamposto giordano “Torre 22” che ha causato la morte di 3 soldati e più di 40 feriti tra i militari statunitensi. Non è escluso, come peraltro lascia intendere il comunicato stampa della Casa Bianca pubblicato dopo l’attacco, che gli USA effettuino ulteriori raid nei prossimi giorni/settimane, seppur difficilmente di tale portata e con questi numeri di armi e velivoli coinvolti. In generale, escludendo il solito copione iraniano fatto di roboanti dichiarazioni di propaganda e minacce, magari accompagnate da qualche spostamento di sistemi missilistici vicino ai propri confini con l’Iraq, è improbabile un’escalation dello scontro a livello di guerra regionale.

Peraltro, secondo fonti israeliane, la presenza di ufficiali di alto rango dei Guardiani della Rivoluzione iraniana in Siria e Libano (discorso che, probabilmente, non dovrebbe riguardare Iraq e Yemen) diminuirà sensibilmente nei prossimi mesi, evidentemente a causa dei riusciti attacchi israeliani (nel corso del suddetto raid statunitense, Israele ha colpito un paio di obiettivi Hezbollah nel Libano meridionale) e dell’attacco statunitense. Questa sorta di “disimpegno” locale da parte dei Pasdaran, verosimilmente, implicherà un maggior affidamento e, relativa libertà d’azione, in favore delle milizie sciite operanti in tali Paesi, nonché in Iraq. A tal proposito, è probabile una continuazione delle operazioni da parte delle milizie sciite siriane ed irachene contro le basi statunitensi presenti in tali Paesi, sempre più mal sopportate da Teheran, ma anche da Damasco, Baghdad e Ankara. Chiaramente, bisognerà valutare i tempi di ripresa rispetto alla degradazione delle loro capacità in seguito al pesante attacco USA.


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