RIVISTA ITALIANA DIFESA
Afghanistan: continua la guerra 14/05/2015 | Michele Taufer

Nella serata del 13 maggio un attentatore suicida ha provocato la morte di 14 persone, tra cui un italiano, facendosi esplodere all'interno del Park Hotel, un residence frequentato da stranieri e situato nel quartiere Shar-e-Naw a Kabul a poche centinaia di metri dai vari compound delle Nazioni Unite. L'attentato nella capitale, rivendicato dai talebani in una mail che il loro portavoce Zabihullah Mujahid ha inviato ai media, fa il paio con un altro attacco contro un edificio governativo a Lashkar Gah, capoluogo della provincia di Helmand, che ha causato la morte di 12 persone. Dinamiche simili all'attacco avvenuto lo scorso 18 aprile, quando un altro attentatore suicida aveva provocato la morte di 35 persone facendosi esplodere a bordo della propria motocicletta nella città di Jalalabad in Afghanistan. L’obiettivo dell’attacco erano i soldati ed i civili che sostavano nei pressi di una banca. Quest'ultimo attentato ha segnato una svolta nell’insurrezione afghana in quanto è stato rivendicato da elementi affiliati ad ISIL: primo episodio di questa magnitudo per l’Afghanistan. Il rischio è quello che vi possa essere un’escalation negli atti di violenza con un aumento di atrocità tra i gruppi talebani e quelli facenti capo ad ISIL: un rischio altissimo data la frammentazione etno-tribale afghana. Resterà da vedere a quali ripercussioni porterà il ritiro delle truppe occidentali, la cui dipartita potrebbe paradossalmente minare l’impianto narrativo talebano, favorendo un conseguente ingrossamento dei ranghi di ISIL da parte di ex talebani ritrovatisi senza più un nemico da combattere. Nell’affrontare questa “nuova” sfida alla sicurezza, le Afghan National Security Forces (ANSF) rimangono afflitte da una serie di problematiche di estrema rilevanza. La più emblematica è quella del Close Air Support (CAS): un aspetto essenziale nel contrasto ad un’insorgenza. L’Afghan Air Force (AAF) aveva pianificato a tal proposito di poter disporre di una flotta di 140 aeromobili: solo una minima frazione di essi è però operativa data la scarsa manutenzione e la mancanza di pezzi di ricambio. L’incalzante necessità di poter disporre di velivoli adatti per il CAS ha spinto l’AAF ad armare alcuni dei propri Mi-17V con mitragliere da 23 mm e razzi non guidati da 57 mm. Un ulteriore miglioramento della situazione lo si avrà con la progressiva introduzione di 20 MD 530F CAYUSE WARRIOR: versione armata dell’MD 530F d’addestramento, già in servizio con l’AAF in 5 unità. Il vero salto di qualità avverrà, però, con l’introduzione dei 20 SUPER TUCANO acquistati nell'ambito del programma Light Air Support (LAS). Un programma che ha però già subito forti ritardi con il primo velivolo che giungerà in terra afghana nel dicembre del 2015, mentre la maggior parte dei SUPER TUCANO verrrà consegnata tra il 2017 ed il 2018. L’AAF allo stato attuale e nel breve futuro non sarà quindi in grado di fornire un vero e proprio CAS per le proprie truppe. Ecco dunque il perché la NATO aveva annunciato lo scorso autunno di voler continuare ad offrire supporto aereo ravvicinato agli afghani almeno fino alla fine del 2016. Un altro frangente nel quale le ANSF manifestano un’elevata criticità è quello relativo al livello d’attrito delle proprie truppe: si registra infatti un alto numero di perdite e di defezioni che conducono ad una sostanziale diminuzione degli organici: da gennaio a novembre 2014 l'ANA (Afghan National Army) subito una diminuzione degli organici dell’11% toccando il livello di 169.000 unità a fronte delle 195.000 previste. Con la fine di ISAF e la diminuzione della presenza occidentale in terra afghana, NATO e Stati Uniti hanno dato il via all’Operazione RESOLUTE SUPPORT, orientandosi e limitando gli sforzi ai settori della Military Assistance (MA) e della Foreign Internal Defense (FID), in quest’ultimo ambito cercando di evitare il più possibile una postura combat. Non solo, parallelamente a RESOLUTE SUPPORT gli Stati Uniti hanno però deciso di mantenere l’iniziativa nelle missioni di Counter Terrorism (CT) lanciandiol'Operazione FREEDOM SENTINEL: in altri termini la continuazione di ENDURING FREEDOM. Scopo della missione, colpire Al Qaeda e le sue affiliazioni in Afghanistan al fine di “degradare le loro capacità di attaccare gli Stati Uniti ed i suoi alleati”. A tal proposito in data 8 dicembre 2014 le Forze Armate americane hanno rivisitato la loro postura in vista della “nuova” missione afghana. Le autorizzazioni emanate da Obama costituiscono il fondamento giuridico di FREEDOM SENTINEL, permettendo così di svolgere al meglio le vitali operazioni di CT. In generale il contingente statunitense in Afghanistan risulta essere formato da circa 10.000 unità, non è ancora chiaro però in che percentuale suddivisi tra RESOLUTE SUPPORT e FREEDOM SENTINEL : uomini e donne che opereranno in Afghanistan per tutto il 2015, come affermato dallo stesso Presidente degli Stati Uniti lo scorso marzo in concomitanza con la visita ufficiale da parte del proprio omologo afghano a Washington. Tutte queste incognite peseranno notevolmente sul futuro dell’Afghanistan: guerriglia talebana ed ISIL costituiranno, infatti, durante la prossima “bella stagione”, una formidabile minaccia alla sicurezza del Paese. Resterà da vedere quale sarà l’atteggiamento di NATO e Stati Uniti in tema di disimpegno, al fine di evitare che sull’Afghanistan si abbatta lo spettro della débâcle irachena.


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