
Non entriamo ovviamente nella querelle tra Il Foglio e il Ministro della Difesa Guido Crosetto circa la presunta limitata disponibilità di missili da parte della Marina Militare, ma è il segreto di pulcinella il fatto che le dotazioni siano inferiori alle necessità.
E questo non riguarda solo la Marina Militare e le FA italiane, ma più in generale un po' tutte le Forze Armate dei Paesi europei. Il trentennio post Guerra Fredda ha portato a un drastico ridimensionamento della base industriale europea che, in considerazione di scenari a bassa intensità e asimmetrici, è stata rimodulata per produrre “a domanda” senza nessuna preoccupazione per scorte e magazzino, mentre alcune capacità di base legate alla produzione di polveri, propellenti, ecc. si sono drammaticamente contratte o sono addirittura perse. L’Ucraina ha messo l’Europa di fronte alla realtà: pressione sui ridotti stock, difficoltà a fare ramp-up della produzione e l’obbiettivo di Bruxelles di fornire a Kiev 1 milione di proiettili di artiglieria entro marzo 2024 ad oggi non raggiungibile.
Nel contesto europeo, la situazione italiana è ancor più drammatica. Spese di Esercizio tradizionalmente basse, alcuni programmi sotto-finanziati, o finanziati a singhiozzo, poca profondità logistica nei contratti e così via. Quest’anno i fondi per le spese di Esercizio sono addirittura scesi abbondantemente sotto i 2 miliardi di euro (si veda su RID 2/24 l’articolo dedicato al Bilancio della Difesa): praticamente è come se la Guerra in Ucraina non avesse insegnato nulla. Anzi, in giro serpeggia l’idea che, finita l’Ucraina, si possa ritornare serenamente al “business as usual”, ovvero stabilizzazione, operazioni di pace, STRADE/FERROVIE SICURE e varie. Una vera e propria follia strategica poiché in tempi di iper-competizione la probabilità di crisi e guerra aumenta vertiginosamente. Lo scenario non promette nulla di buono neanche per il futuro e abbiamo visto anche adesso di quali capacità dispongano pure attori irregolari come gli Houthi, Hezbollah e compagnia, mentre tutti, Stati grandi e piccoli, si riarmano.
Ecco perché bisogna cambiare. Per prima cosa, bisogna andare su un regime di produzione settato sulla condizione di iper-competizione e non sulla condizione classica di pace: per cui non si deve produrre solo a domanda, ma pensando anche alle scorte. Secondo, bisogna andare su un più bilanciato mix tra produzioni iper-sofisticate e produzioni meno impegnative dal punto di vista tecnologico ma più sostenibili nei numeri e nella massa. Terzo, bisogna aumentare le spese di Esercizio. E qui ci rivolgiamo al Ministro Crosetto: come è stato creato e reso strutturale il “fondo relativo all'attuazione dei programmi di investimento pluriennale per le esigenze di difesa nazionale”, si crei un fondo analogo anche per l’Esercizio e si trovino i soldi necessari. Per esempio, si inizi con l’abolire quell’inutile anacronismo dell'Ausiliaria, e si potrebbero già risparmiare oltre 300 milioni di euro l’anno da ristornare, appunto, sull’Esercizio. Quarto, si rivedano contrattualistica e procurement. Si punti sempre più su contratti lunghi – qualcosa del genere è stato fatto con il recente contratto ASTER con MDBA – e si dia alle aziende una prospettiva d’investimento certa nel medio-lungo periodo. Quinto, ci si inizi ad interrogare pure nel settore Difesa sulla circolarità e sulla possibilità di ri/certificare certa ricambistica e componentistica.
Insomma, bisogna capire che la guerra non è più un’ipotesi remota, ma una drammatica realtà del mondo contemporaneo.
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