RIVISTA ITALIANA DIFESA
Ucraina: Adviidka, Bakhmut e la resilienza della Russia 14/11/2023 | Pietro Batacchi

La Guerra in Ucraina – complice anche l’arrivo della stagione autunno-invernale – sembra essersi assestata su linee di sostanziale equilibrio.

La controffensiva ucraina, lanciata ai primi di giugno, è andata via, via spegnendosi: la resistenza è stata molto forte, molto tradizionale, ben organizzata ed incardinata sul “trinomio” campi minati, artiglieria, elicotteri da combattimento. L’attrito è stato elevato e gli Ucraini non hanno raggiunto gli obbiettivi prefissati: nel settore di Zaporizhzhia, Tokmak è rimasta lontana e le forze di Kiev non sono state capaci di allargare il cuneo tra i villaggi di Verbove e Robotyne livellando il fronte.

Decisamente migliori i risultati ottenuti dalla “campagna di Crimea” con la strategia delle "contro-bolle": la Flotta del Mar Nero ha subito danni rilevanti (a partire da agosto: 1 ROPUCHA e un sottomarino KILO distrutti, 2 navi da sbarco - classe ONDATRA e SERNA - danneggiate, 2 pattugliatori Project 22160 danneggiati, 2 corvette - classe BORA e KARAKURT- danneggiate, 1 ROPUCHA danneggiata) ed è stata “buttata fuori” da Sebastopoli per ridispiegarsi in gran parte a Novorossiysk. Questo, di fatto, limita l’attività navale e il sea control russo nel Mar Nero e la logistica per rifornire il gruppo di forze sud schierato nel corridoio tra il Donbas e la stessa Crimea.

Sempre nel sud, regione di Kherson, gli Ucraini sono riusciti a creare e ad alimentare una testa di ponte sulla sponda destra del Dnepr, nel villaggio di Krinki, che i Russi non riescono a neutralizzare. Al momento, questa di testa di ponte non impensierisce il dispositivo russo nel sud, ma è chiaro che le forze di Mosca non possono permettersi che questa possa allagarsi ancora.

La cosa che però preoccupa di più Kiev e gli alleati in questo momento è il fattore umano: l’Ucraina in questo momento, si veda in proposito l’articolo del 15 settembre apparso su questo stesso sito, ha un oggettivo problema a reclutare nuovo personale nei numeri richiesti dalle esigenze della guerra, a fronte di un bacino che è limitato dalla dimensione demografica del Paese, drasticamente ridotta da guerra e emigrazione (nelle cui pieghe ci sarebbero non meno di 80.000 renitenti alla leva).

Ed eccoci ai Russi. Hanno tenuto botta, e non era scontato dopo le debacle di Kherson e di Kharkiv l’anno scorso. La mobilitazione parziale ha avuto successo ed è stato possibile riequilibrare la situazione e il rapporto numerico fino a quel momento nettamente favorevole agli Ucraini. Insomma, maggiore massa e densità sul terreno: un principio classico dell’arte militare che era mancato del tutto, per esempio, all’epoca della controffensiva ucraina di Kharkiv. E da un mese e mezzo le forze di Mosca hanno ripreso in alcuni settori pure l'iniziativa: a Bakhmut hanno sostanzialmente annullato i guadagni ucraini dell’estate, in particolare a nord, dove comunque la loro posizione è sempre rimasta forte, mentre ad Avdiivka, nel settore di Donetsk, continuano a cercare di stringere il cerchio attorno alla “fortezza” dove da sempre partono gli attacchi contro la città di Donetsk, la “capitale” del Donbas occupato.

Ecco, proprio dall'offensiva russa di Donetsk-Avdiivka arriva un’altra, l’ennesima, lezione importante della Guerra in Ucraina. Si tratta di un'offensiva manovrata contro una delle aree più fortificate e “dure” del pianeta, che si sta rivelando molto costosa per i Russi in termini di uomini e mezzi (quasi 200 tra blindati, corazzati, camion e veicoli ruotati tattici distrutti o danneggiati). Nonostante questo, le forze di Mosca mantengono tuttora l'iniziativa: a nord hanno oltrepassato la ferrovia nell’area di Stepove e sono entrati nello stesso villaggio, mentre a sud spingono, per la verità senza grande successo, verso Syverne. Ora, al di là dei suoi risultati, per il momento ben lungi dal portare alla chiusura della sacca, l'iniziativa di Avdivka dimostra che i Russi sono in grado di alimentare il proprio sforzo con uomini e mezzi, nonostante quasi 2 anni di guerra: il reclutamento e l’afflusso di volontari “tiene”, e questo permette a Mosca di avere sempre truppe e riserve “fresche”.

Allo stesso tempo, il bistratto complesso militare-industriale produce, e al fronte arrivano continuamente nuovi mezzi per rimpiazzare quelli perduti. Le sanzioni, diciamolo, non hanno avuto effetto sull’industria militare: ciò che si otteneva dall’Occidente è stato rimpiazzato con componenti nazionali o con componenti che vengono triangolate attraverso i tanti amici e partner che Mosca ha - dagli EAU (tra l’altro al Dubai Air Show attualmente in corso da segnalare massiccia presenza dell’industria russa), alla Turchia, passando per la Cina – mentre la relativa semplicità e rusticità di certi mezzi garantisce la sostenibilità del ciclo (lezione fondamentale per la nostra industria che non può guardare solo all’alta tecnologia, ma anche alla sostenibilità nel tempo). E così, oltretutto, l’industria militare dà pure un contributo fondamentale all’economia della Russia, che crescerà del 2-2,2% quest’anno (stime FMI), a dispetto delle citate sanzioni e della riduzione delle entrate da idrocarburi.

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