RIVISTA ITALIANA DIFESA
A Gaza gli Israeliani stringono la morsa, ma il conflitto si sta allargando 13/11/2023 | Pietro Batacchi

L’invasione di Gaza ha superato ormai le 2 settimane. La prima fase si è conclusa con il “taglio” in 2 della Striscia e la separazione del blocco nord comprendente Gaza City, Beit Hanoon, Jabalyia, Beit Lahia dal blocco centro-meridionale con i 2 grandi centri di Rafah e Khan Younis.

La seconda fase è attualmente in corso e vede lo sforzo principale concentrato su Gaza City. Gli Israeliani sono avanzati lungo la costa da sud e da nord. Da nord sono arrivati fino al campo di Al Shati, area densamente urbanizzata, dove si sono stabiliti nella parte settentrionale dopo una dura battaglia con i miliziani palestinesi per espugnare l’avamposto noto come Al Badr: un vero e proprio fortino attrezzato con postazioni interrate di diverso tipo, alcune per il fuoco di mitragliatrici ed altre per il lancio di razzi. In alcuni video si sono visti i lanciatori “annegati” nella terra con le bocche delle celle in superficie, mentre in qualche caso il lanciatore era celato in container. Il fortino comprendeva anche officine per la produzione di armi ed era servito da una fitta rete di tunnel. La battaglia, durata quasi un giorno, ha visto protagoniste le unità del Genio e della 401ª Brigata Corazzata. Tuttavia le forze israeliane non hanno proceduto ulteriormente nella profondità del campo, ma lo hanno aggirato dirigendosi più a est verso il quartiere di Al Nasr, dove hanno bloccato l’ospedale Al Rantisi, e a sud-est attraverso il quartiere di Rimal Nord in direzione dell'ospedale Al Shifa, nei cui sotterranei gli Israeliani ritengono sia basato il Quartier Generale di Hamas. Da sud, invece, sono avanzati attraverso il quartiere di Sheikh Ejalin fino al piccolo porto di Gaza City, e da lì hanno piegato verso est per convergere sempre su Al Shifa.

Una manovra a tenaglia che al momento sta lasciando "fuori" tutta la città vecchia e la parte orientale di Gaza, a cominciare da quel quartiere di Shushaya, tradizionale roccaforte di Hamas, dove nel 2014, durante l'Operazione MARGINE DI PROTEZIONE, la Brigata GOLANI subì la caduta di 18 soldati. L’azione delle IDF è stata relativamente rapida ed ha ottenuto per ora il risultato di far calare notevolmente l’intensità del lancio di razzi verso il territorio israeliano. L’appoggio dell’Aviazione e dell’artiglieria è sistematico, e beneficia delle forze sul terreno che coordinano gli attacchi e forniscono preziosa intelligence. Tuttavia, la resistenza è molto dura, anche perché Hamas e Jihad Islamica Palestinese al momento stanno combattendo per la loro esistenza come organizzazione politico-militare: i caduti nell’Esercito Israeliano sono già una cinquantina e i feriti oltre 300.

Nel resto della Striscia la situazione non è cambiata granché rispetto all'avvio dell'invasione. Le IDF sono entrate nella parte settentrionale di Beit Hanoun, ma il tentativo di accerchiamento di questa importante roccaforte di Hamas non sembra aver avuto esito, mentre continuano a mantenere la pressione soprattutto con gli attacchi aerei e l’artiglieria su Beit Lahia e Jabalyia. Nel sud della Striscia, per il momento si usa solo artiglieria e Aviazione. Detto questo, è l’allargamento del conflitto che sta preoccupando molto gli Israeliani.

Ieri è stata una giornata molto complicata sul fronte nord, con diversi attacchi di Hezbollah: tiri con missili controcarro e mortai, attacchi con droni e qualche lancio di razzo; più di 20 i feriti tra i soldati e civili israeliani, alcuni dei quali gravi. Anche stamattina si registrano attacchi con armi anticarro e razzi, con le sirene di allarme che risuonano in tutta l'Alta Galilea. Il Partito di Dio sembra voler aumentare gradualmente il livello di attrito contro il dispositivo israeliano lungo il confine, ma continua a preservare il suo strategico arsenale di razzi e missili balistici tattici. La risposta israeliana è molto dura con bombardamenti di artiglieria e attacchi aerei, uno dei quali 2 giorni fa ha colpito per la prima volta molto in profondità, ad una quarantina di chilometri dal confine.

Il terzo fronte è quello con la Cisgiordania, dove la violenza e gli scontri tra miliziani palestinesi e Polizia ed Esercito israeliano non accennano a diminuire: stanotte è stata battaglia dura a Gerico e a Nablus con morti e feriti tra le fila palestinesi.

Tutto questo mentre non accennano a diminuire gli attacchi con droni e razzi contro le basi americane nell’est della Siria e nell’area nord-occidentale dell’Iraq da parte delle milizie sciite filo-Teheran. Per rappresaglia ieri sera l’USAF ha condotto un raid contro l’hub di Al Bukamal (o Abu Kamal), utilizzato da anni dalle milizie sciite e da Hezbollah come fondamentale snodo logistico per trasferimenti e movimenti tra Iraq e Siria. Nel raid sarebbe stato colpito anche un deposito di armi e munizionamento. Bombardati anche obiettivi ad Al Maydin, una settantina di chilometri più a nord di Al Bukamal.

L’Iran non si impegna direttamente ma muove su tutto lo scacchiere il suo network di milizie: una strategia di attrito sotto soglia che mette in crisi gli Americani e la credibilità del loro deterrente.

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