RIVISTA ITALIANA DIFESA
La rivoluzione del Libro Bianco 06/05/2015 | Pietro Batacchi

Quello presentato oggi dal Ministro della Difesa Roberta Pinotti al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella è un Libro Bianco senza precedenti. Del resto il momento è quello che è, con un’Europa esposta nuovamente alla minaccia della risorgente Russia ed il Mediterraneo ormai completamente in fiamme. Ebbene, il documento affronta di petto questi temi e delinea il quadro ed il volto della politica di difesa italiana dei prossimi anni. Ma andiamo con calma. Il Libro Bianco 2015 innanzitutto prende le mosse da una grave carenza storica di elaborazioni e documentazioni in tema di Difesa nel nostro Paese, unita alla mancanza di una strategia di sicurezza nazionale, la high strategy anglosassone per intenderci, entro la quale poter definire correttamente il livello di ambizioni e gli strumenti più idonei per conseguirli. Non a caso il processo che ha portato alla redazione del documento ha visto il coinvolgimento, non solo di realtà accademiche, ma anche di istituzioni che si occupano di tecnologia, come il CNR per esempio, di organizzazioni non governative, aziende della difesa e non ecc. L’altra caratteristica di fondo è il forte indirizzo politico. Lo si era già visto con le Linee Guida della scorsa estate, ma questo emerge ancor di più adesso con il testo finale. La politica fa delle scelte e se ne assume la responsabilità e l’Amministrazione Difesa le attua, mentre in precedenza l’approccio era opposto, ovvero la politica ratificava delle scelte compiute dall’amministrazione. Può piacere o meno, ma questo è un elemento senz’altro di chiarezza che può contribuire anche a far crescere la cultura della difesa della nostra classe dirigente. Inoltre, un approccio del genere non significa che l’amministrazione Difesa non abbia dato un suo supporto alla stesura del testo, considerando che vi hanno preso parte anche esponenti delle Forze Armate in servizio e non, ma in questo caso è stata la politica a fare da motore e cuore dell’iniziativa. E lo testimonia anche il fatto che all’elaborazione del Libro Bianco ha preso parte anche il Ministero degli Affari Esteri, nella prima fase, e la stessa Presidenza del Consiglio dei Ministri con il personale dello staff del Presidente. In questo quadro, va letto anche il rafforzamento della figura del Ministro che avrà più poteri per informarsi e approfondire le tematiche relative alla Difesa in modo tale da consentire allo stesso Ministro di poter compiere delle scelte che, ancora una volta, saranno politiche, e che l’amministrazione poi andrà ad attuare.

Dal Libro Bianco, poi, discenderanno tutta una serie di provvedimenti normativi di iniziativa governativa – leggi, regolamenti o semplici provvedimenti amministrativi – per darne concreta attuazione e che contribuiranno a delineare il nuovo volto delle Forze Armate italiane.

Per quanto riguarda i contenuti, si comincia con un’analisi dello scenario geostrategico che ha visto negli ultimi 30 anni una diminuzione, dovuta a molti fattori su cui non ci dilunghiamo ma che sono ben presenti nel discorso pubblico, del peso dell’Italia. Il documento prende atto di questa realtà e restringe, di conseguenza, l’area geografica nella quale insistono i nostri interessi. Si delineano, pertanto, 2 priorità. La prima riguarda lo scenario euro-atlantico dove negli ultimi tempi, per effetto delle vicende ben note, è venuta meno tutta un’architettura di sicurezza basata su trattati di disarmo e riduzione degli armamenti e su misure di confidence building che permettevano di gestire alcune questioni con un certo livello di sicurezza. Oggi tali questioni diventano frizioni e tensioni. Per cui si ribadisce la rilevanza del contributo italiano alla difesa collettiva in ambito euro-atlantico.

La seconda priorità non poteva essere che il Mediterraneo dove l’Italia è esposta oggi più che mai in prima persona a minacce di ogni tipo. Questo fa sì che il Mediterraneo diventi l’area di intervento prioritario delle nostre FA e l’area nella quale il nostro Paese dovrà essere in grado di intervenire a tutti i livelli dello spettro operativo (Regional Full Spectrum, RFS), assumendo anche all’occorrenza la leadership di coalizioni internazionali. Fuori da questo contesto, l’Italia darà solo contributi di nicchia. Un rivoluzione rispetto agli ultimi 30 anni di politica estera e di sicurezza italiana, ma una rivoluzione necessaria che RID auspicava da anni, e che nei prossimi mesi richiederà allo Stato Maggiore una profonda revisione della pianificazione militare.

Venendo, invece, alle altre parti del documento, il Libro Bianco conferma l’orizzonte tracciato con la Riforma Di Paola, quindi un livello organico di 150.000 uomini, ma onde evitare il deflagrare della bomba invecchiamento che si sta abbattendo sulle FA, chiede un significativo incremento dei Volontari in Forma Prefissata in modo tale che in numero ragionevole di anni sia possibile riallineare la struttura dello strumento militare italiano a quella degli altri Paesi alleati. Allo stesso tempo per la prima volta si parla della creazione di una Riserva vera – una via di mezzo tra la Riserva Specializzata di oggi e la Guardia Nazionale americana  che, per ovvi motivi di risorse, non ci possiamo permettere – dove eventualmente far transitare anche il personale in uscita dalla componente attiva. Una Riserva, insomma, non più composta solo da psicologi o ingegneri e che in caso di emergenza possa far crescere gli organici della componente attiva.

Un altro punto qualificante riguarda il rafforzamento della cultura e della natura interforze dello strumento. Di cultura, appunto, si tratta perché da ora in avanti a livello dirigenziale si andrà avanti solo se si avranno esperienze interforze, oltre che internazionali, e si verrà valutati, da un certo grado in poi, solo da commissioni composte da personale misto. Per questo si toccherà anche il regolamento del 1999, che non dava piena attuazione alle legge del 1997 sui Vertici, andando a rafforzare davvero la figura del Capo di Stato Maggiore della Difesa che dovrà avere il pieno comando di tutte le operazioni, esercitandolo attraverso il COI, che sarà ancor più irrobustito, e avvalendosi anche di quelli che potremmo definire comandi di componente.

Infine, una nota anche sugli investimenti che, da sempre, costituiscono una nota dolente. Il Libro Bianco - anche per porre fine ai tira e molla parlamentari come quello, giusto per fare un esempio, sui PPA, il cui contratto non è ancora stato firmato a più di un anno dalla Legge di Stabilità, quella del 2014, che dava il via al programma di rifinanziamento straordinario della flotta, “Legge Navale”, e dare così maggiori certezze pure alla stessa industria - chiede venga data vita ad una legge pluriennale sugli investimenti. Una legge come la loi de programmation militaire francese, per la quale, però, si punta ad una copertura di 6 anni e non 5, che consenta di pianificare nel tempo gli investimenti per l’ammodernamento dello strumento militare e sulla quale sarà chiamata a pronunciarsi l’aula parlamentare e non già solo la singola commissione. Il procurement sarà poi unificato a livello interforze, e questo avrà delle profonde conseguenze sul Segretariato Generale della Difesa (Segredifesa), e nella legge sugli investimenti rientrerà anche la logistica pesante o di lungo termine. Per tutti gli approfondimenti del caso si rimanda poi allo speciale su RID 6/2015. 


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