RIVISTA ITALIANA DIFESA
Gaza, le opzioni israeliane per l’attacco di terra 16/10/2023 | Pietro Batacchi

Sembra ormai alle porte l'azione di terra dell’Esercito Israeliano a Gaza. A ieri, dal blocco nord della Striscia – il quadrilatero Gaza City, Beit Lahia, Beit Anoun e Jabalyia – erano fuoriusciti verso il sud 600.000 civili, secondo quanto dichiarato dai Comandi israeliani, il che significa che in quest’area restano ancora più o meno 500.000 civili.

Qui, secondo lo Shin Bet, il Servizio segreto interno, si concentra la gran parte dell'infrastruttura militare di Hamas. È chiaro che per gli Israeliani più questo blocco si spopola meglio è, e più semplici sono le operazioni, in un contesto, ricordiamolo, estremamente complicato. Nel 2008/2009, con l'Operazione PIOMBO FUSO, e nel 2014, con l’Operazione MARGINE DI PROTEZIONE, gli Israeliani sono entrati nella Striscia, ma non profondamente e comunque per breve durata: meglio evitare il più possibile di addentrarsi nel labirinto di Gaza dove ogni abitazione, ogni cumulo di macerie, ogni cunicolo diventa una potenziale trappola: cecchini, nidi di mitragliatrice, team di fuoco con RPG e sistemi controcarro, ecc. Nel 2014, durante l’Operazione MARGINE DI PROTEZIONE, gli Israeliani si spinsero fino a Gaza City, dove si combatté una durissima battaglia nel quartiere di Shuja'iyya tra Ezzedin Al Qassam, braccio armato di Hamas, e la Brigata di fanteria GOLANI, che riportò la perdita di ben 13 soldati ed il ferimento di altre decine, tra cui lo stesso Comandante.

Questa volta, però, tutto è diverso. La “sorpresa” di Hamas del 7 ottobre ha cambiato i termini del conflitto e Israele punta a sradicare per gli anni a venire la minaccia, in modo tale che essa non si ripresenti. Da qui la necessità di entrare, in maniera più profonda e duratura, cercando di salvaguardare il più possibile la vita dei propri ostaggi, ma colpendo duro.

Le protagoniste dell’azione saranno le Brigate di fanteria: ad oggi la componente attiva dell’Esercito Israeliano conta su 5 Brigate di fanteria – GOLANI, GIVATI, KFIR, NAHAL e 35ª Brigata paracadutisti – più la 89ª Brigata Commando, ovvero la Brigata in cui sono state raggruppate le unità di forze speciali dell’Esercito: MAGLAN (ricognizione speciale), DUDEVAN (contro-terrorismo, anche sotto copertura con personale parlante arabo) e EGOZ (contro-guerriglia).

La Brigata Commando, una via di mezzo tra i Rangers e i Berretti Verdi americani, riteniamo sarà la punta di lancia dell’azione, andando ad operare in particolare nei quartieri roccaforte di Hamas, a cominciare da Zeitun, mentre presumibilmente il compito di andare a prendere sottoterra i leader di Hamas spetterà all’elite delle forze speciali: il Sayeret MATKAL, Esercito (equivalente della Delta Force americana), ma dipendente dall’AMAN, l’intelligence militare, e la 13ª Flottiglia, Marina (equivalente dei Navy Seals). La fanteria e le forze speciali saranno supportate dalle unità del genio, il cui apporto sarà fondamentale per rimuovere e demolire ostacoli, aprire brecce e così via: oggi l’Esercito Israeliano annovera 3 battaglioni del genio più l’unità speciale YAHALOM. I carri armati opereranno in appoggio alla fanteria, per fornire supporto di fuoco e protezione, mentre l’artiglieria, sfruttando l’integrazione con i mini-droni, che garantiscono controllo, guida, correzione e valutazione del danno inflitto, lavorerà con precisione sui bersagli acquisiti e segnalati dalle truppe a terra. I riservisti forniranno supporto in generale e verranno impiegati per proteggere aree “ripulite” e sicure (beh, la performance dei riservisti nella guerra con Hezbollah del 2006 non fu per così dire ottimale..).

Gli Israeliani dovranno procedere con molta cautela, poiché Hamas ha un'infrascatura sotterranea, cablata con la fibra ottica e realizzata nel corso degli anni, fatta di tunnel, bunker, centri di comando e controllo, depositi, ecc. Lo scenario urbano è il peggiore che un Esercito regolare possa incontrare e Hamas ha migliorato molto le sue capacità nel corso degli anni, sia per ciò che concerne la tattica anticarro, mutuandola da Hezbollah, sia per ciò che concerne l’uso dei droni per l’osservazione e la scoperta delle forze avversarie (counter-recon). Per cui si dovrà procedere blocco a blocco: raccolta di intelligence da parte delle unità di combat intelligence, cinturamento con la fanteria, ricognizione e neutralizzazione obbiettivi a distanza con artiglieria ed eventualmente attacchi mirati con aerei ed elicotteri e azioni dirette per neutralizzare tutte le fonti di minaccia di ciascuno blocco. Infine, la pulitura e la messa in sicurezza. È chiaro: muoversi così richiede tempo, ma, come più volte dichiarato dalla leadership dello Stato Ebraico, i termini dell’equazione Israele-Hamas dovranno essere cambiati per sempre. A fine operazione, probabilmente la Striscia verrà “amputata” di un corridoio/cuscinetto di sicurezza.

Detto questo, il dispositivo israeliano, completato da 3 brigate corazzate – 7ª Brigata SAAR, 401ª IKVOT e 188ª BARAK – più la Riserva di 300.000 effettivi – è calibrato sulla base dell’esigenza di mantenere il necessario deterrente sul fronte nord fornendo all’occorrenza una capacità di intervenire nel caso dovesse precipitare anche la crisi con Hezbollah, tanto nel Libano del sud quanto dal Golan verso Quneitra, in Siria, dove operano milizie filo-iraniane e gli stessi Hezbollah, appoggiati dall’Esercito Siriano: lo scenario in assoluto peggiore; non è un caso che Biden abbia deciso di rischierare in Mediterraneo Orientale 2 gruppi portaerei...

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