RIVISTA ITALIANA DIFESA
L’11 settembre di Israele 08/10/2023 | Pietro Batacchi

L’attacco di Hamas a Israele costituisce senza dubbio l’11 settembre dello Stato Ebraico, date le proporzioni ed il danno (umano e simbolico) subito: 600 morti (accertati finora), 2.000 feriti, un migliaio di rapiti e dispersi, tanto militari quanto civili inermi. Si è trattato di un’azione pianificata con cura da mesi, forse più di un anno, nella ricorrenza del cinquantesimo anniversario dello Yom Kippur quando anche allora gli Eserciti Egiziano e Siriano ottennero l'effetto sorpresa. Anche questa volta è accaduto: Hamas ha ottenuto in pieno la sorpresa. Un colossale fallimento dell’intelligence israeliana, in particolare dello Shin Bet, il servizio di sicurezza interno: delle volte il mito dell’invincibilità ti porta a sottovalutare le capacità del nemico. Ma cerchiamo di capire come è andata. Innanzitutto la pianificazione: accurata e studiata nel dettaglio, probabilmente assistita da consiglieri di Hezbollah o direttamente dell’unità Al Quods, l’unità per le operazioni all’estero dei Pasdaran, e lo studio attento degli ultimi conflitti, in primis Ucraina, con le lezioni apprese. Poi la citata sorpresa, con la scelta del giorno: sabato di Shabbat, quando le maglie sono più lente, l’attenzione è meno alta e molto personale è a casa a festeggiare con le proprie famiglie e le postazioni sono sotto organico. Infine, il tipo di operazione: simultanea e condotta nelle 3 dimensioni – cielo, mare e terra – e probabilmente in quella cibernetica. Sulla base dei pochi dati disponibili e dall’analisi del flusso video disponibile possiamo fare le seguenti considerazioni. L'attacco è iniziato con una mega salva di razzi contro le città israeliane, fino a Tel Aviv. Si parla di almeno 3.000 razzi, lanciati in pochissimo tempo in modo da saturare il sistema IRON DOME e spostare l’attenzione su un’azione di tipo classico, conosciuta, ancorchè molto concentrata. In effetti in alcuni casi l’IRON DOME è andato in sovraccarico e diverse città israeliane sono state colpite. Negli ultimi anni, i tecnici di Hamas hanno fatto molti progressi e adesso l’organizzazione dispone di un’ottima capacità di produzione in house, anche di razzi a lungo raggio, con migliaia di “pezzi”. Quindi non solo i “vecchi” QASSAM, ma razzi pesanti più o meno copie e/o derivati di quelli iraniani. Simultaneamente sono partiti gli attacchi con droni ai posti di osservazione e le installazioni militari israeliane lungo la barriera di sicurezza con Gaza. Piccoli droni commerciali che hanno lanciato granate e cariche RPG, ma anche droni kamikaze mai visti prima. Alcuni video testimoniano il lancio da catapulte di piccoli droni cilindrici con ala dritta e deriva verticale a V, noti come ZOUARI, e pure un attacco ad un carro MERKAVA con una granata sganciata da un drone. Il carro è andato in fiamme: non è progettato per fronteggiare la minaccia della terza dimensione. Neanche il tempo di capire cosa stava accadendo ed ecco le incursioni dei commandos di Hamas: via terra, facendo saltare in più punti la barriera di protezione, a bordo di moto o tecniche, via deltaplano e via mare con motoscafi d’assalto. In questo modo, i Palestinesi sono entrati in città, Sderot e addirittura Ashkelon, dove l’attacco è avvenuto via mare, insediamenti e Kibbuz (Reemi e Okafim), e in diverse installazioni militari lungo il confine, compreso il Comando della Divsione Gaza a Reeim. Nell’azione sono stati uccisi decine di civili e militari israeliani, compresi alcuni alti ufficiali: tantissimi i rapiti, trasferiti immediatamente all’interno dell’enclave palestinese. Diversi anche i mezzi israeliani andati persi o in mano agli uomini di Hamas: video mostrano cingolati trasporto truppe M113 e ACHZARIT, un paio di IFV NAMER, e qualche carro MERKAVA (7-8 esemplari), molti anche gli HUMVEE. L'aspetto più impressionante è che i miliziani di Hamas per ore hanno spadroneggiato senza nessuna reazione da parte israeliana. Una falla clamorosa nella catena di comando, controllo e monitoraggio forse dovuta anche a qualche azione hacker e, soprattutto, alla sostanziale incapacitazione della Divisione GAZA, il primo scudo di difesa intorno alla Striscia: dunque, non solo un fallimento dell’intelligence. In pratica chi doveva fornire ai comandi superiore il quadro tattico non esisteva sostanzialmente più. Ad ora, secondo quanto comunicato dalle IDF sono ancora 8 i siti in territorio israeliano in mano ad Hamas, dopo che Sderot è stata ripresa stanotte così come i kibbutz di Reemi (anche se su quest'ultimo le notizie sono confuse) e Okafim. Ad Ashkelon si combatte ancora nella parte orientale della città: segno che l'infiltrazione è più ampia del previsto e continua ad essere alimentata. La rappresaglia israeliana, con durissimi attacchi aerei contro obbiettivi in tutta Gaza, è iniziata solo a metà mattina e proseguita tutto il giorno ed anche stanotte. Nel frattempo il sistema di mobilitazione israeliano è entrato in funzione e colonne di mezzi e carri armati si stanno dirigendo verso Gaza per un’azione terrestre che appare inevitabile e necessaria per annullare le capacità di Hamas per gli anni a venire, come dichiarato dalla leadership israeliana. A questo punto bisognerà capire cosa farà anche Hezbollah, che ha annunciato un suo intervento in caso di attacco terrestre israeliano a Gaza. Già stamattina ci sono stati scambi di artiglieria tra il Partito di Dio e l’Esercito Israeliano nell’area delle fattorie di Shebaa. L’apertura di un secondo fronte non è da escludere, anche se sul Partito di Dio grava il peso dell’impegno in Siria che ha consumato uomini e risorse, ma non è neppure da escludere un'azione preventiva delle IDF, considrrando anche che poco fa il Gabinetto israeliano ha dichiarato lo stato di guerra: non accadeva dal 1973. Un’ultima considerazione. Da anni Israele ha lanciato una guerra più o meno segreta contro l’Iran: colpendone obbiettivi in Siria e in Iraq, conducendo azioni coperte sullo stesso suolo iraniano e non solo. Siamo, dunque, al redde rationem?

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