Come qualcuno ricorderà, mesi orsono vi sono state, a più riprese, intermittenti querelle fra analisti, commentatori, e persino politici europei (Ursula von der Leyen) e Capi di stato maggiore americani (Mark Milley) circa il dubbio se gli Ucraini avessero perso 100.000 soldati in termini di morti, o, di contro, di morti e feriti. Nessuno ha mai dipanato la matassa (né da cosa derivasse questo 100.000), perché il dato reale costituisce una delle informazioni più secretate dal Governo ucraino sin dall’inizio dell’invasione. Chissà, dunque, se la cifra era vera allora (novembre 2022 per la von der Leyen e marzo 2023 per Milley); potrebbe però esserlo adesso, dal momento che l’attuale controffensiva ucraina ha in più occasioni evidenziato l’alta probabilità che perdite di grossa consistenza siano avvenute in molti degli scontri e delle battaglie che l’hanno contraddistinta. In sua concomitanza, durante l’estate, si è registrata una progressiva diminuzione delle domande di arruolamento volontario nelle Forze Armate ucraine (nonostante un’aggressiva campagna mediatica promozionale il cui master message era “superare le paure”). Si è altresì assistito a un aumento di tentativi e trucchi più o meno leciti volti ad evitare quelle fasi di mobilitazione selettiva che il Governo ha scelto come approccio preferenziale onde non incidere troppo sulla propria aliquota di popolazione maschile. Adesso, molti analisti e commentatori si aspettano una graduale cessazione della controffensiva ucraina, all’incedere dei mesi autunnali prima, e invernali poi. Ammesso e non concesso che le cose andranno effettivamente cosi, va rilevato come, in ogni caso, il Governo di Kiev non sembri prevedere alcuna diminuzione dell’intensità dei combattimenti. Se non altro, si ha chiaro sentore come stia già da adesso mettendo in conto la disponibilità, entro la prossima primavera/estate, di ulteriori aiuti militari occidentali ripiananti l’attrito patito nel corso dell’attuale controffensiva, indipendentemente da qualsivoglia risultato delle elezioni americane, e anche di quelle ucraine (se mai si terranno). In tal senso, si parla in maniera sempre più insistente di piani volti alla costituzione di ben 10 nuove brigate entro la fine del 2023. In che modo, considerati i menzionati segnali negativi di disaffezione di quest’estate? Beh… cominciamo con gli eventi del 17 agosto, forse all’inizio considerati soltanto una mera operazione cosmetico-politica. Quel giorno il Presidente Zelensky ha firmato un decreto volto a rimpiazzare i responsabili di tutti i centri di reclutamento in Ucraina con ufficiali veterani provienenti direttamente dal fronte. La principale motivazione addotta per tale mossa è stata la necessità di combattere pratiche corruttorie che si sarebbero consolidate in tali centri al fine di facilitare l’accesso a forme di esenzione dal servizio militare da parte di cittadini convocati per entrare nel bacino dei mobilitati. Al 23 dello stesso mese, poi, risale una richiesta formulata dal Ministero della Difesa al Presidente Zelensky (che ne ha dato personalmente la notizia durante una sessione al Forum sulla Crimea) circa l’autorizzazione di possibili, ulteriori, ondate di mobilitazione. Due giorni dopo, si è avuto il l’annuncio di un emendamento alla legge generale sui decreti di mobilitazione, risalente al 2008, che ha specificato come non siano più esentati dal servizio militare cittadini maschi affetti da talune forme di tubercolosi, epatite e altre malattie croniche (sia infettive, come i sieropositivi, che non infettive, come coloro sofferenti da disfunzioni tiroidee), e persino da alcune tipologie di disturbi mentali o neurologici. Parimenti, studenti di età superiore ai 30 anni (una specie di fuori corso) o giovani con due o più diplomi di laurea (in passato esentati perche’ considerati l’elite del Paese) non dispongono più di detto beneficio. Questo perché si è notato come, se prima dell’invasione la popolazione studentesca era costituita da circa 40.000 studenti dall’età media di 25 anni, tale numero, a seguito del 24 febbraio 2022, fosse aumentato, nel giro di pochi mesi, a 106.000, nella stragrande maggioranza maschi, in età normalmente da lavoro, e in realtà già laureati in qualche disciplina. Risale ai primissimi giorni di settembre, inoltre, l’annuncio di contatti fra gli uffici dell’Interpol ucraini e polacchi allo scopo di individuare un totale stimato di circa 80.000 cittadini ucraini in eta’ da mobilitazione, che sarebbero, sin dall’inizio della guerra, in un modo o nell’altro riusciti a passare il confine illegalmente. La questione è più complicata di quanto possa a prima vista sembrare: magari si tratta di persone che si trovano in Polonia del tutto legalmente, sussistendo la loro illegalità soltanto nel contesto dello stato ucraino, avendo questo in forza quella legge marziale che vieta ai propri cittadini maschi di recarsi all’estero, a meno delle solite esenzioni. Si arriva così al 7 settembre, quando, nel discorso inaugurale a seguito della sua fresca nomina, il neo-Ministro della Difesa Umerov ha posto, fra i più urgenti punti del suo programma, la piena digitalizzazione dei registri di reclutamento, specialmente nelle potenzialità di convocazione elettronica agli esami medici presso gli appositi centri di arruolamento. Per la legge ucraina, difatti, si può essere soggetti ad accuse di renitenza soltanto qualora si riceva materialmente la cartolina precetto, ed è intuibile quanti trucchi vi siano per evitare che questo accada: dalla separazione volontaria fra domicilio e residenza, al rifiuto di ritirare raccomandate con ricevuta di ritorno, alla rimozione fisica di cassette postali, ecc. Il piano di Umerov potrebbe avere indubbio successo, considerato come in Ucraina la carta d’identità in forma di app per smartphone sia ampiamente diffusa fra le nuove generazioni. Occorre però un passaggio in Parlamento per cambiare le normative di ricezione della convocazione di mobilitazione in termini differenti da quelli attuali. Un decreto presidenziale entrato in vigore il 12 settembre, poi, ha approvato una raccomandazione del Consiglio di Sicurezza Nazionale volta a riesaminare tutte le decisioni attuate, sin dell’inizio dell’invasione, dalle commissioni mediche militari circa il rilascio di inidoneità al servizio militare. Si tratta con ogni probabilità del secondo round di quell’offensiva scatenata nei confronti dei precedenti responsabili di tali centri, di cui si è parlato prima. Infine, non si può dimenticare la discussione, propria di questi giorni, presso il Parlamento ucraino, relativa alla costituzione, da attuarsi a partire dal 1° ottobre, di registri di cittadini di sesso femminile in possesso di diplomi infermieristici o di lauree in medicina. A rigore, ciò non comporterebbe la mobilitazione vera e propria di donne impegnate in professioni attinenti al mondo della sanità, ma solo il divieto per loro di lasciare il Paese. Una discussione simile ebbe già luogo nel settembre del 2022, ma il Ministero della Difesa decise di rinviare di un anno la decisione definitiva. E un anno è passato, e anche una eroica, tenace, ma costosa controffensiva.