Il 10 marzo Iran e Arabia Saudita hanno raggiunto un accordo di riavvicinamento diplomatico. Ciò prevede la riapertura della ambasciate e la riattivazione di 2 documenti preesistenti in materia di cooperazione commerciale e di sicurezza che erano stati dismessi a partire dal 2016, anno in cui è scoppiata la crisi tra i 2 Paesi. Entrambi gli Stati hanno inoltre enfatizzato l’importanza per il rispetto della sovranità nazionale e del principio di non ingerenza sugli affari domestici dell’altro. Il disgelo è stato possibile grazie alla mediazione negli ultimi anni di attori regionali quali l’Iraq e l’Oman e anche grazie all’iniziativa diplomatica della Cina, mediatrice dell’accordo. Proprio in Cina, a Pechino, si sono incontrati il 6 aprile i Ministri degli Esteri dei 2 Paesi, il Principe saudita Faisal bin Farhan e l’iraniano Hossein Amir-Abdollahian, nel primo incontro formale tra i rispettivi capi della diplomazia in 7 anni (in foto).
Come detto, il rapporto tra i 2 Paesi si è incrinato definitivamente nel 2016, in seguito ad un attacco di diversi manifestanti iraniani contro l’ambasciata saudita a Teheran. La protesta, condotta in modo violento, fu organizzata per esprimere dissenso contro l’esecuzione di un leader religioso sciita e di 46 fedeli legati a lui, accusati di terrorismo e perciò giustiziati da Riad.
Le trattative che hanno portato al riavvicinamento dei 2 Paesi sono in realtà durate diverse anni, ma soltanto nell’ultimo mese è stato possibile ottenere dei risultati concreti. Vi sono diverse ragioni che spiegano tale disgelo e una di queste è data dalla volontà di Teheran di uscire dall’isolamento che sta vivendo a livello internazionale. Le proteste interne e la loro repressione da parte del regime, il supporto militare alla Russia, avversaria dell’Occidente in Ucraina e le storiche tensioni con gli Stati Uniti, hanno portato l’Iran a trovarsi in una situazione diplomatica non semplice da gestire.
Grazie a questo riavvicinamento diplomatico, l’Iran mira inoltre ad ottenere un miglioramento delle relazioni con Stati alleati dell’Arabia Saudita, come il Bahrein (sostanzialmente Stato satellite di Riad), la Giordania e pure gli Emirati Arabi Uniti. L’accordo potrebbe inoltre favorire un maggior uso dello strumento diplomatico per la gestione di situazioni salienti che riguardano l’Iraq, la Siria, il Libano (sembra infatti possibile un incontro tra esponenti di Hezbollah, storicamente finanziato da Teheran, e rappresentanti di Riad) e soprattutto lo Yemen. Con particolare riferimento alla guerra yemenita, l’accordo tra Iran e Arabia Saudita potrebbe portare ad una distensione del conflitto nel Paese. Entrambi gli Stati vogliono infatti alleggerire l’impegno nella guerra e ridurre il supporto che offrono alle 2 fazioni principali, ovvero gli Houthi, gruppo militante sciita finanziato da Teheran, e Mansour Hadi, ex Presidente ora in esilio e sostenuto da Riad.
In definitiva tale accordo, dato il ruolo che l’Iran e l’Arabia Saudita ricoprono nella regione, potrebbe pertanto favorire un alleggerimento generalizzato delle tensioni in Medio Oriente.
Come già menzionato, è da sottolineare la rilevanza che la Cina ha avuto nella trattativa diplomatica. In questa occasione, infatti, Pechino ha adottato, in qualità di mediatore, un profilo maggiore rispetto a quanto non sia solito fare in ambito internazionale.
La mossa del Presidente cinese Xi-Jinping va in effetti contestualizzata alla luce di una strategia più ampia: questa trattativa infatti fa seguito ad alcuni accordi economici raggiunti da Pechino nella regione negli ultimi anni. Nel marzo 2021 Cina e Iran hanno infatti stipulato un patto di cooperazione della durata di 25 anni. Questo accordo rientra nella “Belt and Road Initiative”, la Via della Seta creata da Pechino, che consiste essenzialmente nello sviluppo di rapporti commerciali ed economici a livello globale, e grazie alla quale la Cina sta accrescendo la propria influenza in tutto il mondo (almeno 140 Paesi hanno infatti firmato un Memorandum of Understanding con Pechino). In questo caso l’Iran godrà di investimenti cinesi del valore di 400 miliardi di dollari che saranno distribuiti tra il settore petrolchimico ed energetico e quello delle infrastrutture e dei trasporti. Allo stesso tempo Pechino ha stretto diversi accordi economici anche con Riad per un ammontare di investimenti pari a 43 miliardi di dollari in settori strategici come quello energetico e delle infrastrutture. La Cina inoltre è grande importatrice di petrolio da entrambi i Paesi; per esempio, circa il 18% del fabbisogno annuo di petrolio cinese proviene dall’Arabia Saudita con la quale quindi Pechino, grazie a questi accordi, consolida il rapporto.
In conclusione, la stabilità che questo riavvicinamento dovrebbe garantire al Medio Oriente permetterebbe quindi all’Iran e all’Arabia Saudita di destinare le risorse normalmente dedicate alle guerre di procura e alla difesa nazionale ad altri settori strategici. Entrambi i Paesi hanno inoltre rafforzato il proprio legame con la Cina e l’Iran potrà ora fare affidamento su un partner rilevante a livello internazionale in riferimento alle tensioni con gli USA. Infine c’è Pechino che appare come la grande vincitrice a livello mediatico e politico di questo accordo. La Cina negli ultimi anni è stata infatti abile nel mantenere una posizione equidistante tra i 2 poli in Medio Oriente e ora sembra aver iniziato a raccogliere quanto seminato.
L’aver promosso un patto tra 2 potenze regionali di questo calibro potrebbe portare risultati importanti per la Presidenza cinese che sta diventando avversaria sempre più temibile per gli Stati Uniti anche in Medio Oriente.
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