RIVISTA ITALIANA DIFESA
L'attacco di Tunisi: le dinamiche 19/03/2015 | Pietro Batacchi e Andrea Mottola

A 24 ore dall’attentato a Tunisi in cui hanno perso la vita 23 persone, inclusi 4 italiani, ancora non si sa molto sul commando di terroristi che ha preso in ostaggio diversi turisti stranieri in visita al Museo Bardo, e che in precedenza avrebbe tentato di attaccare il vicino Parlamento, impegnato in una discussione su una legge antiterrorismo. Secondo le autorità tunisine, i 2 terroristi, Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi, non avevano precedenti, né particolari affiliazioni a gruppi jihadisti, sebbene Laabidi fosse noto alla polizia locale. Oltre ai 2 attentatori, uccisi in seguito all’intervento delle forze speciali tunisine, è ragionevole credere alla presenza di una qualche forma di rete di supporto, costituita da 3/4 operativi ed in quest'ottica si spiegano anche gli arersti condotti finora dalle autorità tunisine. L’attacco contro i turisti occidentali, avvenuto in pieno giorno e nel cuore della capitale tunisina ricorda, peraltro, azioni analoghe condotte in passato da fazioni jihadiste in Egitto, Giordania e Indonesia e miranti a danneggiare le economie di Paesi fortemente dipendenti dal turismo. Al momento, comunque, l'attacco non è stato rivendicato da nessun gruppo.

Tuttavia, il raid del Bardo evidenzia come, nonostante le notizie positive sulla lenta transizione verso la democrazia, la Tunisia continui ad essere particolarmente vulnerabile al jihadismo. Dal 2014 le operazioni antiterrorismo nel Paese sono decisamente aumentate, portando all’arresto di 1.500 militanti solo l’anno scorso. Nei mesi passati, le forze sicurezza tunisine sarebbero riuscite ad impedire che altre centinaia di aspiranti jihadisti partissero per il teatro siriano-iracheno, dove è già forte la presenza di combattenti tunisini. Il problema, però, è costituito dai cosiddetti “rientrati”.

L'attacco terroristico di Tunisi, dunque, potrebbe essere l'ennesima spettacolare azione da attribuire ad ISIS o a qualche altro gruppo radicale di stanza nel paese. Del resto, la Tunisia è uno dei principali esportatori di jihadisti in rapporto alla propria popolazione, 4-5.000 solo in Iraq e Siria (2.500/2.900 tra le fila di Jabhat al-Nusra, costola siriana di Al Qaeda, e 1.000/1.500 in ISIS), senza dimenticare Afghanistan e Libia, e costituisce un Paese ad oggi tutt'altro che stabile, nonostante la recente formazione del governo di unità nazionale aperto anche a Ennahda, partito conservatore e variante locale della Fratellanza Musulmana. Nel Paese, sono attivi gruppi salafiti quali la Lega per la Protezione della Rivoluzione, sciolto dalle autorità tunisine, mentre vaste parti di territorio sono fuori dal controllo governativo, in particolare il sud e le montagne presso il confine occidentale, e sono impiegate da elementi dei gruppi jihadisti come retroterra e aree di transito da e per Libia ed Algeria.

In Tunisia, è innanzitutto attiva Ansar al-Sharia, gruppo qaedista fondato nell'aprile 2011da Abu Ayadh al-Tunisi, già fondatore del Gruppo Combattente Tunisino, altra realtà radicale salafita, e liberato dalla carceri tunisine dopo la caduta di Ben Alì nel 2011, così come molti altri appartenenti al gruppo che, oggi, potrebbe contare su oltre 1.000 miliziani. Ansar al-Sharia, legata all’omonimo gruppo libico, è dietro la catena di attentati politici che ha insanguinato il paese nel 2013 e 2014 e all'attacco all'ambasciata americana nel Paese del settembre 2012. La roccaforte del gruppo è il massiccio del Djebel Chaambi, nel governatorato di Kasserine al confine con l'Algeria, dove a metà febbraio in un attacco terroristico sono state uccise 4 guardie di frontiera tunisine e teatro, anche in passato, di attacchi come quello costato la vita al deputato Mohamed Ali Nasri, del partito di governo Nidaa Tounes, o quello che ha avuto per obbiettivo la casa dell’ex Ministro dell’Interno Lotfi Ben Jeddou. Ansar al-Sharia, ma anche altre realtà jihadiste, utilizzano quest'area come santuario e corridoio per il traffico di armi ed il passaggio di miliziani dalla Libia all’Algeria, fino al nord del Mali. Dietro questi attacchi ci potrebbe essere in realtà anche un'altra sigla, ovvero quella della Uqba ibn Nafi Brigade, un'emanazione di Al Qaeda nel Maghreb Islamico (AQMI) che, dopo le operazioni francesi in Mali, a partire dal 2013 ha allargato le proprie attività più a nord in direzione del sud della Tunisia e della Libia.

Da ciò si evince come le tendenze terroristiche in Tunisia siano decisamente precedenti alla nascita del cosiddetto Stato Islamico. Come detto in precedenza, tuttavia, da diversi mesi in Tunisia si stanno infiltrando anche elementi di ISIS provenienti dalla Libia o di ritorno dalla Siria. Sarebbero almeno già 3/400 gli adepti del Califfato in Tunisia che stanno intensificando le attività propagandistiche, soprattutto tra le insoddisfatte giovani generazioni, e tentando di replicare esattamente la strategia già attuata con successo in Libia per favorire scissioni in Ansar al-Sharia Tunisia e nella Uqba ibn Nafi Brigade. Anzi, secondo alcune fonti la Uqba ibn Nafi Brigade avrebbe già giurato la propria fedeltà ad Al Baghdadi. Quel che è estremamente probabile è che nel Paese esistano alcune cellule isolate che hanno promesso fedeltà al “Califfato”. Mancava allora solo un attacco spettacolare al cuore della capitale del Paese per dare ancora più forza a questa strategia.


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