RIVISTA ITALIANA DIFESA
Le Forze Armate ucraine 15/04/2014 | Giuliano Da Frè

Preparandosi a un eventuale confronto armato con l’Ucraina, gli strateghi russi si trovano davanti uno scenario diverso da quello georgiano del 2008, quando dovettero affrontare un piccolo e compatto apparato militare, che aveva però fatto il passo più lungo della gamba, trovandosi a combattere non con le milizie separatiste locali, ma contro il gigante russo, in fase di riorganizzazione militare. I “numeri” in Ucraina sono diversi, ma mai come in questo caso sottolineano la presenza in campo di un gigante coi piedi argilla. Le Forze Armate Ucraine devono infatti affrontare la più grave crisi della loro storia ventennale con 3 handicap di non poco conto: primo, una decennale crisi politico-economica che ne ha minato i programmi di ammodernamento; secondo, l’apparato militare sta attraversando una delicata fase di transizione, legata al passaggio alla professionalizzazione sancito nell’ottobre scorso con la sospensione della coscrizione; terzo fattore, il più insidioso, la presenza di personale russofono o filorusso, talvolta in posti chiave (come dimostra il caso dell’ammiraglio Denys Berezovsky, passato dalla parte dei secessionisti della Crimea poche ore dopo essere stato nominato comandante della Marina Ucraina), e che rispecchia grosso modo la percentuale etnica della popolazione, con un 18% circa di residenti legato alla “madre Russia”. Inoltre, Kiev controlla solo in parte un importante complesso militar-industriale, con punte di eccellenza nella produzione di blindati e nel campo dei radar, della sensoristica e dei missili, soprattutto anticarro, e degli aerei da trasporto. Materiale ampiamente esportato, nuovo o ammodernato (si pensi al BTR-94 o agli aerei Antonov), ma la cui produzione è in buona parte legata alla fornitura di componenti russe, anche se il rapporto va in ambo i sensi.

In questo contesto, l’annuncio del richiamo di 1 milione di riservisti sembra fare il paio con gli 8 milioni di baionette di triste, italica, memoria: innanzitutto, il rischio è quello di armare almeno 200.000 miliziani russofoni; in secondo luogo, vediamo se ci sono abbastanza baionette per tutti.

Alla vigilia della crisi le forze regolari contavano circa 130.000 effettivi (nel 1992, dopo l’indipendenza, erano quasi 800.000, con 14.000 mezzi corazzati, 1.500 velivoli, e il terzo arsenale nucleare del mondo, poi smantellato) cui si possono aggiungere altri 100.000 paramilitari tra forze di sicurezza, difesa civile e guardie di frontiera: reparti che sono stati intaccati dalle proteste delle scorse settimane, con lo scioglimento di alcune unità speciali.

L’Esercito conta 78.000 effettivi, inquadrati in 2 brigate corazzate e 8 meccanizzate, più la 79ª Brigata paracadutisti – unità d’élite su base professionale dal 2008, e dislocata proprio nel sudest del paese - e 2 brigate aeromobili e 2 reggimenti elicotteristici, supportare da 4 brigate d’artiglieria, una delle quali missilistica. Reparti che fanno capo a 3 regioni militari ognuna capace di esprime un comando di corpo d’armata: Nord/8° Corpo, Sud/6° Corpo, Ovest/13° Corpo.

Nonostante gli sforzi dell’industria locale, il grosso degli equipaggiamenti è ancora incentrato su materiale di derivazione sovietica: carri T-64, già portati negli anni ’90 allo standard B, e dal 2009 oggetto di un nuovo upgrade (T-64BM BULAT, meno di 80 consegnati su circa 2.300), cui si aggiungono circa 180 T-55AGM e 270 T-80UD, un migliaio di T-72 e un pugno di più recenti T-84, la cui produzione ha visto privilegiato l’export. La gran parte dei T-64 e dei T-72 sono stoccati nei depositi di riserva, in non valutabili condizioni operative, così come dubbio è lo status operativo dei T-55. Circa 2.400 gli IFV cingolati tipo BMP-1/2, in parte ammodernati con nuove torrette SHVKAL, cui si aggiungo 1.500 APC ruotati BTR-70/80 e i più recenti e validi BTR-94 (non molti, però). Come nella tradizione di scuola russa, grande spazio ha l’artiglieria, con quasi 2.000 sistemi d’arma (in parte in deposito) tra lanciarazzi semoventi GRAD, URAGAN e SMERCH (calibro da122 a300 mm), semoventi da 122 e152 mm, e obici a traino e mortai pesanti; tutto materiale databile tra anni ’60 e ’80. Enormi i quantitativi di armi leggere e di squadra, con ingenti stock di missili anticarro, i più pericolosi per eventuali invasori, se si arrivasse al “corpo a corpo”, comprendendo ottimi sistemi recenti come KORNET e METIS-M, realizzati localmente. Tra i pochi mezzi di origine occidentale, vanno segnalati gli HUMVEE in dotazione al battaglione ucraino-polacco (sorta di test per un’eventuale adesione ucraina alla NATO, e tra i reparti che Kiev impiega in numerose missioni ONU).

Decisamente più problematica al situazione delle forze aeree: se i circa 70 elicotteri, da trasporto Mi-8/17 HIP e da attacco Mi-24 HIND dell’Esercito sono in discrete condizioni, l’Aeronautica se la passa peggio. Sulla carta può contare su un’ingente flotta di aerei da combattimento, la cui punta di lancia è formata da 30/40 Su-27 (in fase di ammodernamento, e non tutti operativi, nonostante spetti loro monitorare lo spazio aereo contro le intrusioni russe) e un’ottantina di Mig-29. Di questi non dovrebbero essere operativi più di una quarantina di velivoli, mentre una manciata dia erei è stata portata allo standard MU1. 10/15 MiG-29 sono di stanza con la 204ª Tactical Air Brigade a Belbek, in Crimea, base occupata dai Russi il 1° marzo. Dei circa 120 bombardieri/ricognitori Su-24M/MR, solo 25 risultano ancora operativi, supportati da una buona scorta di esemplari da cannibalizzare, mentre decisamente più efficienti (e utili, come dimostrato in Georgia) sono gli aerei da attacco al suolo Su-25. Anche in questo caso si tratta di non più di 30 esemplari, con qualche velivolo  M1. Per il resto la flotta aerea comprende una trentina di aerei da trasporto medio An-24/26 (alcuni in configurazione Medevac VITA) e 3 vecchi Il-76 in via di sostituzione da altrettanti An-70 inconsegna dal 2011.

L’Aeronautica, che nel 2005 era stata oggetto di un programma di ammodernamento e riaddestramento, poi rallentato dalla crisi economica e politica, è strutturata su 4 comandi territoriali (Ovest, Centro, Sud e Crimea), che amalgama alle 7 brigate aerotattiche e 2 reggimenti d’assalto “combat” e 3 brigate da trasporto, 16 reggimenti di difesa antiaerea, comprendenti temibili sistemi missilistici a lungo raggio S-300V1 e a corto/medio raggio TOR e BUK. A questi sistemi bisogna, poi, aggiungere semoventi SHILKA e moderni MANPADS SA-18; una minaccia credibile per eventuali aerei attaccanti (anche se i Russi questi sistemi li conoscono molto bene, come è ovvio), grazie anche a una estesa rete radar.

Perse le migliori infrastrutture navali con l’occupazione russa della Crimea, la flotta ucraina rappresenta infine un assetto del tutto trascurabile, come dimostrano le immagini del suo trasferimento in porti più sicuri, in primis Odessa. Le unità principali sono una fregata leggera tipo KRIVAK III in servizio dal 1993 (impegnata nelle operazioni di EUNAVFOR contro i pirati, in questi giorni sarebbe stata al centro di un tentativo di defezionare a favore dei secessionisti, in un rincorrersi di voci contrastanti), 4 corvette, compresa una GRISHA V completata nel 2006, una mezza dozzina di dragamine, 2 navi anfibie, e un certo numero di guardacoste e navi ausiliarie non tutte operative, più una ventina di elicotteri. L’unico sommergibile in servizio è invece un vecchio (1970) FOXTROT, già in disarmo tra 1997 e 2005, e impiegato per attività addestrativa, mentre un programma per 4 nuove corvette lanciato nel 2009 non è mai iniziato.


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